
Dal Concilio alla globalizzazione postmoderna
Sviluppando le indicazioni già contenute nell’enciclica Ecclesiam suam (1964) di san Paolo VI circa il dialogo della salvezza e l’insegnamento della costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa che l’aveva di poco preceduta, la dichiarazione Nostra aetate, dopo una travagliata gestazione, pone il dialogo al centro delle relazioni della Chiesa cattolica con le altre religioni. L’attuale fenomeno della globalizzazione sta focalizzando l’attenzione piuttosto sul pluralismo religioso e sulla sfida del fondamentalismo, e non solo di quello di marca islamica. E questo in un contesto culturale sempre più segnato da un pervicace relativismo che corrompe ogni certezza in un magma liquido perfettamente funzionale agli sviluppi di una società consumista, dove l’«usa e getta» viene facilmente trasferito dal prodotto al consumatore e alle sue relazioni sociali, nonché a Dio stesso.
Anche in questo nuovo contesto la fede cristiana non potrà mai rinunciare ad affermare insieme, pena il venir meno a sé stessa, che Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4) e che «non vi è […] altro nome dato agli uomini, nel quale sia stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12) se non quello di Gesù, morto e risorto precisamente
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