
«Iraqi Freedom»
Quest’anno ricorre il 20° anniversario dell’inizio della guerra e dell’occupazione dell’Iraq da parte di una nutrita coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito. L’obiettivo allora dichiarato era rovesciare Saddam Hussein, al potere dal 1979, accusato di nascondere armi di distruzione di massa e di proteggere e finanziare gruppi terroristici, in particolare al-Qaeda[1]. L’operazione, denominata Iraqi Freedom, rientrava nella cosiddetta «guerra globale al terrorismo» ingaggiata dagli Usa e che già nel 2001 aveva portato alla rapida invasione dell’Afghanistan e successivamente, nel marzo del 2003, a quella dell’Iraq. Due guerre parallele, animate dallo spirito di vendetta (per la violazione del territorio statunitense da parte di al-Qaeda e per le migliaia di cittadini uccisi) e nello stesso tempo dal desiderio di portare la democrazia di stampo occidentale in Medio Oriente. Esse, nonostante la straordinaria rapidità delle operazioni (che misero in campo una potenza di fuoco mai vista prima), in realtà durarono molti anni – la prima 20 e la seconda 9 – e risultarono disastrose sia per il bilancio degli Usa sia per il numero di vittime, tra militari e civili. È stato detto che in entrambe le situazioni, mentre i militari e il Pentagono «fecero in
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