SU ATANASIO
|
Gli anni che vanno dal I Concilio di Nicea (325) al I Concilio di Costantinopoli (381) sono tra i più turbolenti della Chiesa antica. L’imperatore Costantino, convocando tutti i vescovi cattolici a Nicea per quello che fu il primo concilio ecumenico, si augurava di riportare la pace nella Chiesa agitata dall’eresia ariana. Ma il suo comportamento instabile – riabilitò infatti Ario e favorì vescovi ariani – diede nuovo alimento alle polemiche. Soprattutto egli non aveva fatto i conti con una personalità forte come quella di Atanasio di Alessandria. Volendo colpire lui, come avvenne al Sinodo di Tiro del 335, si voleva in realtà colpire la fede di Nicea.
Con Costanzo, divenuto unico imperatore nel 351, la causa ariana sembrava vincitrice. In Oriente, tutti i vescovi erano di fatto ariani o almeno anti-niceni. In Occidente, non si sapeva quasi nulla di quel concilio. Per attuare la sua politica Costanzo aveva bisogno di rimuovere l’ostacolo Atanasio, ma per far questo doveva convincere il vescovo di Roma e gli altri vescovi occidentali a condannarlo. Riunì perciò un concilio a Milano nel 355.
In quegli anni il campo episcopale era diviso: c’erano i vescovi di corte – capeggiati da Ursacio e Valente –, per i quali la politica religiosa dell’imperatore era la norma suprema da seguire; c’era poi la maggioranza silenziosa, facilmente manipolabile; infine c’era il gruppetto dei vescovi che non erano pronti al compromesso, anche a costo dell’esilio e della vita, e il cui punto di riferimento era Atanasio. Questi vescovi erano: Ilario di Poitiers, Dionigi di Milano, Eusebio di Vercelli e Lucifero di Cagliari. Essi furono allontanati dalle loro sedi. Il papa Liberio, anch’egli sostenitore di Atanasio, fu condotto prigioniero a Milano e poi esiliato. Solo con la morte improvvisa di Costanzo e l’avvento del neo-pagano Giuliano (361) le condanne furono revocate.
Quanto a Lucifero, sulla sua vita non si sa molto, se non che fu fatto vescovo di Cagliari. Durante l’esilio in Oriente, egli scrisse cinque libelli contro l’imperatore Costanzo e in difesa di Atanasio. Quello qui tradotto è il De Atanasio (DA), e questa è la prima traduzione italiana.
Il linguaggio felpato non era una caratteristica dei Padri, e tanto meno lo è di Lucifero, il quale accusa apertamente l’imperatore di essere eretico, anzi l’anticristo, ammonendolo che, se non si converte, rischia la dannazione eterna.
In quest’opera non mancano elementi dottrinali, ma sono appena abbozzati. L’imperatore Costanzo vuole fare il teologo, e adotta apertamente la dottrina ariana, ritenendola più antica e più fedele alla tradizione di quella cattolica. Curiosamente, è il Concilio di Nicea ad essere accusato di innovazione (cfr DA I, 40-41). Il vescovo di Cagliari è sempre molto corretto nel riportare la fede di Nicea, che è identica alla fede della Chiesa cattolica.
Il punto di partenza del De Atanasio sono però soprattutto le pressioni fatte dall’imperatore sui vescovi per ottenere la condanna di Atanasio, senza che gli venga permesso di difendersi dalle accuse. Ma alla radice di tale comportamento Lucifero individua il perverso tentativo di voler sottomettere la Chiesa di Dio allo Stato.
L’esposizione è piuttosto prolissa e ripetitiva, corredata di numerose e lunghe citazioni bibliche, che formeranno la delizia del cultori della Vetus Latina. Lucifero fu un tipico vescovo «intransigente», che finì per portare divisione anche nella Chiesa di Antiochia (dove si era recato), ordinando vescovo di quella città Paolino, stretto fautore del credo niceno, sebbene lì ci fosse già un vescovo cattolico.
LUCIFERO DI CAGLIARI
Su Atanasio
a cura di ROCCO SCHEMBRA
Roma, Città Nuova, 2017, 256, € 25,00.