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Una tradizione consolidata ritiene che l’origine del termine «metafisica» sia dovuta a un mero accidente, vale a dire al fatto che Andronico di Rodi, decimo scolarca della scuola fondata da Aristotele (il «Peripato» o «Liceo»), nell’ordinare – nel I secolo a.C. – le opere del maestro, collocò i libri aristotelici dedicati alla «filosofia prima» dopo quelli di fisica; di qui sarebbe derivata la denominazione greca di meta ta physica, quindi il nostro «metafisica».
Sebbene Giovanni Reale abbia contestato questa ricostruzione storico-etimologica, sta di fatto che dalla fine del I secolo a.C. le speculazioni filosofiche che si spingono oltre le scienze fisiche sono state per lo più denominate «metafisiche». Per altro, le discussioni su che cosa sia metafisica e che cosa non sia, su che cosa vada classificato tra le idee che si avventurano oltre le conoscenze naturalistiche e ciò che invece resta nell’ambito delle scienze della natura, sono iniziate ancor prima della nascita della parola «metafisica» e risultano ovviamente tuttora in corso.
Chi rifiuta l’indagine metafisica stessa, di solito continua a sostenere la tesi che si tratti di ragionamenti o di elucubrazioni che pretendono di oltrepassare i limiti della conoscenza razionale (cfr Immanuel Kant) e perciò del tutto inconcludenti, mentre altri le hanno contestato il fatto di inseguire un’inesistente dimensione meta-empirica, quindi di abbandonare l’unico terreno sicuro del sapere che è quello della scienza (cfr i positivisti e i neopositivisti).
In realtà, se intendiamo la speculazione metafisica come la ricerca di un fondamento primo e ultimo, come una teoria dell’assoluto, possiamo rintracciare sia delle metafisiche dell’immanenza che tendono ad assolutizzare il mondo dell’empirico (cfr il materialismo, il naturalismo filosofico, oppure lo stesso positivismo), sia delle metafisiche della trascendenza che partono dal dato empirico per andare al di là di esso (cfr la citata «filosofia prima» di Aristotele).
Ma i possibili significati o le nozioni concernenti la disciplina più ardita e per questo più controversa della filosofia, che possono essere anche differenti da quello testé proposto, risultano comprensibili soltanto attraverso una contestualizzazione storica, come tenta ora di fare questo testo curato da Enrico Berti, con il contributo di specialisti quasi tutti italiani.
Dopo la monumentale ricostruzione storica in tre volumi scritta interamente dal saveriano Battista Mondin e pubblicata nel 1998, nel panorama editoriale italiano questo manuale di sintesi approfondisce alcuni dei principali momenti dell’evoluzione storica del pensiero metafisico. Come chiarisce lo stesso autore nella sua introduzione, in questo libro si è volutamente rinunciato a seguire l’impostazione di Eugenio Garin di considerare metafisica tutto ciò che è stato chiamato con questo nome, per concentrarsi invece sulle principali metafisiche della trascendenza e sul pensiero di coloro che le hanno criticate, come ad esempio Kant o Heidegger.
Abbiamo così ora a disposizione una sorta di storia a fasi della metafisica della trascendenza, nella quale i principali protagonisti sono piuttosto noti: Platone, Aristotele, Plotino, Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Suárez, Descartes, Kant, Hegel, Rosmini e Heidegger. Non vanno tuttavia trascurati i capitoli sulle metafisiche arabo-islamiche, senza le quali il pensiero tommasiano sarebbe meno intelligibile; sul neotomismo novecentesco; e sul complesso rapporto della filosofia analitica con la speculazione metafisica.
Al termine di questo importante excursus storico, non si potrà non dare ragione alle due conclusioni del curatore del volume: l’indagine metafisica ha dietro di sé una grande storia, e le sue «più famose negazioni sono state ridimensionate», per cui «la metafisica appare oggi ancor viva e vigorosa».
Storia della metafisica
a cura di ENRICO BERTI
Roma, Carocci, 2019, 388, € 31,00.