|
Questo libro è un vademecum prezioso sul tema della resilienza, la capacità di «rimettersi in piedi anche dopo esperienze che ti gettano a terra» (p. 6). Supportato dagli studi scientifici e dalla letteratura in materia, curata dall’etologo e psichiatra francese Boris Cyrulnik, l’autore offre uno sguardo nuovo, che cerca semi di vita e di gioia quando tutto sembra perduto e riaccende la speranza in un futuro positivo, anche dopo la caduta nel dolore e nella fragilità. «È bello vivere perché vivere è cominciare sempre, ad ogni istante», scriveva Cesare Pavese nel suo diario Il mestiere di vivere; e così occorre imparare a dare significati nuovi persino agli eventi più traumatici, che ci ricordano come la vita sia «integrità e rottura insieme».
Tante sono le «storie di resilienza», che si declinano a livello non solo individuale, ma anche familiare e comunitario, proprio dentro un contesto relazionale di prossimità, di cura e di aiuto: i bambini invisibili miracolosamente sopravvissuti al dramma della Shoah sono usciti dal tunnel in virtù di una presenza buona che non li ha abbandonati.
Anche l’esperienza prolungata della malattia e della disabilità – condizioni che tendono a spezzare l’equilibrio interno della famiglia – è una sfida da affrontare con una psicologia positiva e proattiva alla vita proprio quando il dolore ci tocca da vicino. Allora la sofferenza diventa quasi un forte messaggio di fiduciosa speranza: ogni crisi, ogni ferita va letta come un’opportunità da cogliere per crescere e vincere le proprie vulnerabilità, dal momento che «il potere della vita è così grande che, come un enorme torrente, riprende l’avvio dopo un avvenimento sconvolgente sotto nuove forme» (Cyrulnik).
Nel lento processo di avvio alla guarigione dopo un trauma che si manifesta lungo il ciclo della vita, la resilienza rappresenta una particolare modalità di elaborazione del trauma stesso, dando luce a una palingenesi dell’io, a una rinnovata identità personale.
Il cammino di resilienza inizia con un «cambio di sguardo» rispetto alle situazioni e ai problemi che si vivono, valorizzando i punti di forza e valutando le possibilità che rimangono per ricostruire itinerari inediti nella nostra vita, vista come «un’opera d’arte da portare a compimento». Occorre essere consapevoli che nessuno si salva da solo: è dentro la reciprocità di un processo terapeutico che può nascere una relazione empatica e spirituale con chi soffre e non dispone delle energie necessarie per prendersi cura di sé.
«Dentro a questo particolare tipo di relazione di aiuto la resilienza – come crescita, guarigione e forza – è frutto di una stretta collaborazione tra l’impegno umano e la grazia ricevuta come discepoli di Cristo» (p. 94). Il desiderio di aiutare l’altro che nasce dalla sofferenza vissuta in prima persona è la manifestazione più nobile di attenzione, compassione e tenerezza nei confronti del prossimo, che ci sprona a essere immagine del «guaritore ferito», sull’esempio del Messia.
Come ricorda Henri Nouwen, questo modello di cura ci richiama ad essere «colui che deve curare le ferite proprie, ma che deve essere preparato, nello stesso tempo, a guarire le ferite altrui» (p. 100). Anche nella fragilità la linfa vitale dell’uomo non si spegne, e c’è sempre un «compassionevole compagno di viaggio», per cui vale la pena riprendere in mano il timone della nave della vita, tra luci e ombre, per non lasciarla affondare.
LUCIANO SANDRIN
Resilienza. La forza di camminare controvento
Assisi (Pg), Cittadella, 2018, 178, € 13,90.