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ABSTRACT – «Parliamoci chiaro: chi veramente, nel fondo della sua anima, è disposto ad accettare senza combattere l’idea che tutto finisca in polvere, che l’esistenza speciale, unica, eccezionale che ha condotto, tutti i pensieri, i sentimenti, le emozioni, le passioni che ha vissuto, possano dissolversi nel nulla, senza che ne resti più alcuna traccia nell’universo? È un’idea che fa a cazzotti con la nostra umanità». Così leggiamo in Prove tecniche di resurrezione, di Antonio Polito (Marsilio, 2018). «La domanda – continua Polito – allora è: si può volere fortissimamente una cosa in cui non si crede?».
Il bisogno naturale di resurrezione sazia l’anima, perché la riempie di un’inquietudine sana. La pace vera dell’anima non ha nulla a che fare con la quiete. E certamente Dio non è un possesso quieto e appagante. L’inquietudine buona non porta a cercare di avere di più, a mangiare il mondo per possederlo. Invece, al contrario, porta alla semplificazione, a «mollare il superfluo, selezionare l’essenziale», a «fare pulizia senza fare piazza pulita». È difficile essere semplici. Ma questa è la strada.
C’è un vuoto di autentica tradizione, che è anche un vuoto di inquietudine sana. E solo quest’ultima porta al cambiamento personale, sociale, politico, storico. Questo è il punto: occorre contribuire alla costruzione, nei nostri figli, di un discernimento morale, che proprio l’inquietudine del pensiero della risurrezione fonda e accompagna.
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THE ISSUE| CULTURE
“TECHNICAL PROOFS OF RESURRECTION”. Restlessness and change
In this brief note it is stated that the natural need for resurrection – read in the light of a recent volume by Antonio Polito – satisfies the soul, because it fills it with a healthy restlessness. The true peace of the soul has nothing to do with peace. And certainly God is not a quiet and fulfilling possession. This concern leads to simplification and to a predisposition to change.