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«Insomma, con papa Francesco non si può giocare al riparo delle proprie ideologie, ma bisogna andare al cuore dei problemi con il metodo della prossimità responsabile». Così si conclude il saggio di Michele Aramini, sacerdote e docente di teologia presso l’Università Cattolica di Milano.
L’autore commenta gli interventi più recenti del Pontefice sull’«etica di fine vita», ne esplicita i nessi con i precedenti pronunciamenti del Magistero, inquadra storicamente ciascuna delle tematiche (eutanasia, sedazione, dignità del morente, proporzionalità delle cure), riporta alla fine il testo della Legge 219 del 2017 in materia di «Disposizioni anticipate di trattamento».
Le analisi di Aramini muovono da una precisa opzione etica, e nel contempo danno lealmente conto dei punti in cui il dibattito rimane aperto. Sono condivisibili le sue critiche in merito a interpretazioni giuridiche favorevoli a un presunto e generico «diritto a morire». Ed è opportuno che egli abbia riconosciuto la necessità di una consulenza etica rivolta al paziente, ai fiduciari, allo staff clinico.
Dell’insegnamento proposto dall’attuale Pontefice vengono delineati specifici tratti teologici: la particolare sensibilità morale per situazioni esistenziali segnate da delicati conflitti fra valori; l’attitudine all’ascolto e al dialogo nei confronti di tradizioni morali diverse (una pluralità non percepita come ostacolo, ma come complementarità e come occasione di approfondimento comune in vista di una proposta normativa democratica); l’importanza attribuita alla maturazione della coscienza nella deliberazione personale (contro gli estremi opposti del precettismo dogmatico e del relativismo arbitrario); l’inquadramento dei temi bioetici in una più vasta agenda etico-sociale e ambientale impegnata nella difesa dei diritti dei soggetti più deboli e indifesi (le «vite di scarto», come le chiama Francesco); il richiamo al dovere – e non solo alla generica liceità – di evitare l’accanimento terapeutico, rinunciando responsabilmente a trattamenti sproporzionati. Il valore unico e permanente della vita umana viene riaffermato chiaramente, senza cedere «alla tentazione di assolutizzare la vita fisica» (p. 128).
Non si tratta, come si vede, di una semplice enfasi posta dal Papa sulla pratica pastorale, ma di una prospettiva personalistica attenta alle concrete situazioni casistiche, al discernimento prudente e assieme creativo, alla qualità della comunicazione instaurata fra tutti i soggetti portatori di diritti e doveri reciproci. «Una questione di stile, che però diventa questione di sostanza» (p. 10), nel senso che l’eredità del Concilio Vaticano II alimenta un’attitudine di prossimità che è teologicamente rilevante. Il pluralismo che caratterizza le società secolarizzate non è insuperabile, appunto perché il Vangelo dischiude il senso della legge morale, incarnandosi nei contesti storici, interpretando gli affetti accesi da una speranza di liberazione, alleandosi con il desiderio di giustizia documentato da innovative istanze culturali e pratiche vitali.
Troviamo espresse queste preoccupazioni nel discorso che papa Francesco ha rivolto ai membri della Congregazione per la Dottrina della Fede il 26 gennaio 2018. Il punto essenziale non è quello di raffinare concettualmente precetti noti a priori, ma di aiutare l’uomo contemporaneo a riconoscere la propria vera identità e il senso ultimo delle attese che lo attraggono. In questa ottica, la missione della Congregazione «assume un volto eminentemente pastorale» (p. 72), perché prende per mano l’uomo quando questi abbia smarrito il senso della propria dignità e la fiducia nella paternità amorevole di Dio.
MICHELE ARAMINI
Papa Francesco e le scelte di fine vita
Milano, Paoline, 2019, 144, € 12,00.