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Il lungo periodo trascorso dal 2 giugno del 1946 – la cosiddetta «alba della Repubblica» – consente ormai agli storici di guardare alle vicende che hanno caratterizzato questo settantennio con il necessario distacco e l’indispensabile equilibrio. Nel frattempo gli studiosi hanno avuto la possibilità di attingere a una documentazione sempre più ricca ed esaustiva: una vastissima mole di materiali, sulla quale – soprattutto durante gli ultimi decenni – hanno potuto riflettere e sono poi arrivati a elaborare interpretazioni spesso originali e suggestive. È quanto ha fatto anche Alessandro Acciavatti, un giovane storico delle istituzioni, che se ne è appunto avvalso, fornendoci – oltre a una cospicua quantità di testimonianze, interviste e memorie – un contributo rigoroso e approfondito.
Il quadro delineato dal suo studio, che ha analizzato il tema delle relazioni istituzionali e personali intercorse tra i sette Primati d’Italia e i dodici Primi Magistrati della Repubblica, è quello di una lunga sequela di rapporti improntati sovente a sentimenti di viva cordialità e, in qualche caso, di vera e propria amicizia. L’autore documenta e mette in rilievo come, nel corso dei decenni, i frequenti contatti tra il Quirinale e il Vaticano siano andati ben oltre le formalità imposte dagli obblighi istituzionali e dall’etichetta diplomatica e abbiano invece avuto luogo in un contesto connotato sia da una sostanziale identità di vedute sia da un clima di grande cordialità.
E se un simile stato di cose sarebbe potuto risultare forse prevedibile nel caso dei Presidenti che provenivano dai ranghi della Democrazia cristiana o erano variamente legati al mondo cattolico, ciò sembra accaduto anche nel caso di personalità che – come Pertini o Napolitano – avevano avuto una formazione culturale ben diversa, nonché svolto una militanza politica sotto tutt’altre insegne. Come osserva Paolo Mieli nella prefazione al volume a proposito del rapporto tra il presidente Napolitano e papa Ratzinger, il saggio di Acciavatti offre, sulla base di una documentazione in parte inedita, la descrizione di un rapporto personale contraddistinto da sorprendente familiarità e affetto.
Certo, occorre sottolineare come l’autore non si sia affatto limitato a prendere in considerazione tale ambito, ma abbia cercato con altrettanta attenzione di esaminare dettagliatamente le relazioni tra le due cariche, inserendole nella cornice della grande storia. Una disamina dalla quale emerge con chiarezza un aspetto di capitale importanza: le personalità che si sono trovate al vertice delle istituzioni situate sulle due sponde del Tevere hanno contribuito in maniera decisiva a far sì che il fiume in questione non si restringesse né si allargasse. Una metafora, questa, utilizzata anche da papa Francesco, il quale ha auspicato da parte sua che quel corso d’acqua sia sempre «grande e navigabile», affinché le barche dello Stato italiano e quelle vaticane vi abbiano «ampi margini di manovra e di libertà» e riescano ad allestirvi nel contempo «una fitta e costante rete di comunicazioni» (p. 515).
In conclusione, pur con qualche superlativo e dettaglio di troppo, lo studio di Acciavatti si rivela prezioso in quanto ci consente di comprendere meglio alcune vicende dell’Italia contemporanea. Una ricostruzione che ha anche un altro merito: contribuisce cioè a mantenere viva la cultura storica in un’epoca nella quale si tende purtroppo a non attribuirle il giusto rilievo, e gli stessi uomini politici – che dovrebbero alimentarsene – sembrano al contrario intenzionati a farne a meno. La scarsa conoscenza del passato ci rende intanto sempre più deboli e incapaci di affrontare gli avvenimenti che si susseguono, giacché siamo privi della preparazione che nasce in primo luogo da una riflessione sulla nostra storia recente.
ALESSANDRO ACCIAVATTI
Oltretevere. Il rapporto tra i Pontefici e i Presidenti della Repubblica Italiana dal 1946 a oggi
Milano, Piemme, 2018, 576, € 24,00.