|
Questo libro si basa fondamentalmente sulle esperienze professionali in incarichi giudiziari degli autori – Giuseppe Pignatone, già procuratore della Repubblica a Palermo, Reggio Calabria e Roma, e dall’ottobre scorso Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano; e Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma, dopo aver fatto parte della Direzione distrettuale antimafia di Palermo e Reggio Calabria –, che hanno riguardato «Cosa nostra» in Sicilia, «‘ndrangheta» in Calabria, e «piccole mafie» a Roma e nel Lazio, e non associazioni di tipo camorristico.
Alla luce di significativi cambiamenti sia nei rapporti di forza delle organizzazioni criminali con il mondo esterno e tra loro, sia nelle conoscenze acquisite soprattutto dalle indagini e processi giudiziari negli ultimi 15 anni, i due magistrati propongono un’analisi di alcuni modelli criminali di tipo mafioso esistenti in Italia, delle loro caratteristiche strutturali, dei sistemi di governance, delle loro relazioni con il mondo «altro» a partire dalle imprese e dalla politica, delle modalità di investimento dei guadagni illeciti, del ricorso a metodi corruttivi e collusivi, e di alcuni strumenti di contrasto delle organizzazioni criminali.
Le mafie, è stato osservato, non sono mai esistite isolate dal contesto: le cose che le accomunano sono altrettanto importanti di quelle che le differenziano, e solo conoscendole meglio le si potranno meglio combattere.
Per quanto riguarda la presenza delle mafie, in particolare di quella calabrese, nel Centro e Nord d’Italia, ma anche in altri Paesi europei, nell’Introduzione gli autori segnalano un dato che costituisce una vera novità: «Si tratta del modello di espansione delle strutture della ‘ndrangheta, quello della “colonizzazione”, che sotto questo specifico profilo, la differenzia da ogni altra organizzazione di tipo mafioso. Infatti la ‘ndrangheta, quando si espande fuori dall’originario territorio, […] vi esporta la propria struttura organizzativa e con essa il “metodo mafioso” ed esporta anche quel sistema relazionale attraverso cui è in grado, persino fuori del territorio calabrese, di raggiungere pezzi di imprenditoria, libere professioni, politica, pubblica amministrazione» (p. XII).
Nella prima parte, dedicata a «Cosa nostra e ‘ndrangheta. Indagare e comprendere», si analizzano congiuntamente i tratti della dimensione organizzativa dei due sistemi criminali, specialmente sotto il profilo degli organi di comando di vertice: Commissione per «Cosa nostra», e Provincia o Crimine per «‘ndrangheta». Nell’ambito della dimensione organizzativa, secondo gli autori, giocano un ruolo importante i «legami di sangue» e l’uso distorto del sentimento religioso: «Le mafie hanno fatto ampio uso del concetto di famiglia, del suo contenuto identitario e valoriale, sovrapponendo le sue regole a quelle della propria organizzazione, realizzando una mistificazione di grandissima efficacia. Si tratta di un fenomeno antico, il nuovo adepto doveva giurare fedeltà alla famiglia, proprio come accade ancor oggi […]. Alla famiglia di sangue si appartiene già, in quella mafiosa si entra, ma proprio la formula del giuramento ha la funzione di assimilare il legame tra il soggetto ed il gruppo criminale in cui sta per fare ingresso al legame tra l’individuo e la sua famiglia di sangue» (pp. 47 s). La necessità di far riferimento alla famiglia serve a individuare il nucleo originario, di base della struttura mafiosa.
Al di là dell’uso distorto e di facciata della religiosità da parte di mafiosi, in merito all’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del fenomeno mafioso, negli ultimi due-tre decenni progressivamente si è presa coscienza – con gli interventi di Giovanni Paolo II in Sicilia, dei vescovi siciliani e della Cei – dell’incompatibilità tra l’essere mafioso e l’essere cristiano, e si è definita la mafia come un «cancro» della vita sociale.
Una seconda parte, aggiornata alle ultime decisioni dei giudici romani, è dedicata alla presenza della mafia a Roma e nel Lazio: agli affari delle mafie tradizionali a Roma; alle «piccole mafie» di Roma (dal caso di Ostia ai Casamonica); a «mafia capitale», cioè alla teoria del «mondo di mezzo»; e alla variegata presenza di gruppi criminali tradizionali o meno nel basso Lazio.
Nella terza parte, si prende spunto dalle vicende romane per affrontare un aspetto oggi centrale nelle pratiche mafiose: l’utilizzo sistematico di metodi corruttivi e collusivi, senza mai dimenticare che mafia e corruzione sono due cose diverse.
Infine, vengono esaminati in maniera dettagliata i progressi della normativa dell’aggressione ai patrimoni mafiosi, con la confisca e sequestro dei beni illecitamente accumulati, che incide profondamente nei proventi degli affari delle mafie.
È un volume importante di due magistrati che, sulla base della loro esperienza professionale, offrono un contributo a una conoscenza aggiornata – come recita il sottotitolo – delle «mafie di ieri e di oggi».
GIUSEPPE PIGNATONE – MICHELE PRESTIPINO
Modelli criminali. Mafie di ieri e di oggi
Roma – Bari, Laterza, 2019, 240, € 20,00.