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Il libro presenta le molteplici forme di integralismo che si sono succedute all’interno della Chiesa e che tanto male hanno arrecato al messaggio evangelico, lacerando in maniera permanente il tessuto ecclesiale: «Storicamente – e malgrado possa apparire il contrario – la maggior parte degli scismi ecclesiastici sono dovuti a integralisti, non a progressisti, per quanto indubbiamente l’intolleranza possa presentarsi con la medesima intensità in entrambi gli schieramenti» (p. 21).
Dati alla mano, l’autore, professore emerito di Storia della Chiesa alla Pontificia Università Comillas di Madrid, mostra il succedersi di battaglie condotte in nome dell’ortodossia, dell’integrità della fede e della salvezza delle anime, sulle quali poi il corso successivo delle cose ha costretto a fare marcia indietro, minando la credibilità della Chiesa. Così è stato a proposito della libertà di coscienza, della libertà di stampa, della laicità dello Stato, dell’approccio scientifico alla Bibbia, della rivendicazione di una formazione filosofica meno fossilizzata su un’unica proposta (la seconda neoscolastica), del ruolo delle scienze umane, del contributo dei laici nella Chiesa.
Il fondamentalismo compare con l’età moderna: è legato alla pretesa, propria della nuova scienza, di individuare la soluzione finale del problema, raggiungendo una certezza assoluta. Tale ideale, rivendicato da Cartesio, è stato però più proclamato che attuato, e ha finito per diventare una maniera di mettere a tacere possibili oppositori. È penetrato anche nella Chiesa; l’autore lo definisce «un’aspirazione alla purezza originaria e alla precisa demarcazione dei limiti istituzionali, accompagnata da un atteggiamento di sospetto – quando non di rifiuto – verso il mondo e la cultura esterni, considerati sempre pericolosi e peccaminosi […], in funzione di un’oggettività ossessiva che rivendica la verità rivelata e infallibile» (p. 27).
Al fondamentalismo si associa strettamente l’integralismo, nelle sue tre principali modalità: politico-ecclesiastico, sociale e dottrinale-religioso (quest’ultimo presente soprattutto dopo il Concilio Vaticano II). Esso è sostanzialmente la ricerca di «una forma di sicurezza» (p. 63).
Inoltre, la rivendicazione sempre più forte, in sede filosofica e politica, della dignità dell’uomo e della libertà di coscienza a partire dal secolo XVI ha portato lo scontro tra fondamentalismo e mondo moderno a un punto di non ritorno, suggerendo un’immagine di Chiesa contraria alla libertà e alla ricerca della verità. Anche coloro che in ambito ecclesiale hanno cercato un dialogo «apparivano sempre pericolosi e al limite dell’eresia – quando non vi erano già caduti» (p. 39).
L’avvento del modernismo, più temuto che conosciuto, ha alimentato un clima di sospetto che ha paralizzato la ricerca per tutta la prima metà del secolo XX. Teologi come Congar, Chenu, De Lubac, Daniélou e Rahner vennero sospesi dall’insegnamento senza alcuna motivazione ufficiale, «anche se spesso i responsabili di tali decisioni non potevano vantare una vera autorità scientifica o ecclesiastica» (p. 44). E anche in questi casi la storia successiva ha totalmente rovesciato la situazione, facendo di questi teologi emarginati i protagonisti del Concilio Vaticano II e della teologia contemporanea. La battaglia tuttavia è continuata sotto altra forma nel periodo post-conciliare, come dimostra, ad esempio, la vicenda di mons. Lefebvre.
Nel libro si sottolinea che le problematiche, dietro un’etichetta teologica (in realtà poco approfondita), rivelano soprattutto motivazioni economiche e di potere, insieme a una grande fragilità psicologica, timorosa del dialogo e del confronto: «Nei momenti di difficoltà si tende a essere rigidi e a individuare dei nemici. Si divide la società tra i buoni e gli altri, tra i “cattolici e basta” e gli altri» (p. 47).
Questo clima di diffuso sospetto e intolleranza, presente nei tradizionalisti come nei progressisti a oltranza, rivela soprattutto una grande sfiducia nell’uomo e nella sua capacità di conoscere la verità (cfr p. 95). L’auspicio dell’autore è che si possa raccogliere l’insegnamento della storia e che non si continuino a ripetere pedissequamente i medesimi errori, assecondando la voce della paura: «Se la paura si installa all’interno della Chiesa, la sua essenza si sgretola. Per di più, dove si installa la paura, cresce la prepotenza» (p. 116).
JUAN MARÍA LABOA
L’intolleranza nella Chiesa
Milano, Jaca Book, 2020, 128, € 15,00.