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Gli U2, gruppo musicale di origine irlandese, hanno attraversato la storia dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri: Bono (Paul David Hewson) alla voce, The Edge (David Howell Evans) alla chitarra, Larry Mullen Jr. alla batteria, Adam Clayton al basso hanno reinterpretato, armonizzando le rispettive individualità, il genere rock, portandolo da un’idea ormai monolitica, espressa nella celebre frase «droga, sesso e rock’n roll» a una musica che esprime le inquietudini personali, i drammi delle guerre, la complessità della comunicazione, gli itinerari della propria fede personale.
Il rock, con gli U2, ha riformulato l’idea originaria di trasgressione, non più cercando di attuare un’idea di libertà da tutto e da tutti, bensì immergendosi nell’impegno sociale e politico: cantare, emancipandosi dal coro generale, per dare voce, mediante il sentimento di un amore più profondo, alla giustizia nei luoghi in cui i popoli sono schiacciati dalla povertà, asserviti a causa di un’economia inumana e privi dei diritti fondamentali.
Quando l’amore arriva in città
Un brano che può chiarire molti aspetti della poetica degli U2 è «When love come to town», tratto dall’album Rattle and Hum (1988), un lavoro che fa da spartiacque nella produzione del gruppo irlandese tra uno stile più legato alla tradizione rock e folk e una ricerca sonora di avanguardia attraverso la trilogia di Achtung Baby (1991), Zooropa (1993) e Pop (1997).
La canzone «When love come to town» è stata scritta per B. B. King, massimo esponente del blues, musica che ricorda gli schiavi africani nei campi di cotone: è dunque un omaggio a un genere musicale che deriva dal gospel, il canto liturgico degli afroamericani, che sentivano la fuga dall’Egitto del popolo d’Israele e l’esilio babilonese come due istanze simili alla propria condizione di schiavitù, di separazione in America.
La prima strofa parla infatti di una situazione di sconforto, di abbandono, di desolazione prima di un evento salvifico: Ero un marinaio, ero perso nel mare / Ero sotto le onde / Prima che l’amore mi salvasse[1]. L’esperienza dello smarrimento esistenziale, dello sradicamento, del sentirsi annegare – l’immagine che viene utilizzata è «sotto le onde», dove non è più possibile respirare – è vissuta da Bono già in giovane età, per la perdita della madre colpita da un’emorragia cerebrale mentre stava partecipando ai funerali del padre: un avvenimento doloroso che ha segnato l’intera vita del cantante.
Tuttavia questa esperienza non diviene soltanto contingente, personale, ma si trasformerà in esperienza antropologica, propria dell’essere umano, che durante la propria vita dovrà attraversare, come un marinaio, le onde e le tempeste. «Prima che l’amore mi salvasse» è l’espressione che chiude e sottolinea ogni strofa, ma possiamo anche dire che è l’essenza di tutta la produzione discografica degli U2: ogni canzone del gruppo irlandese è una declinazione di questa frase, che, attraverso l’uso del modo congiuntivo, esprime una dinamica in movimento, non definitiva, ma continuamente da riformulare, da desiderare e da raggiungere.
Un’altra strofa – Facevo l’amore sotto un tramonto rosso / Facevo promesse che presto dimenticavo / Lei era pallida come il pizzo del suo abito nuziale / Ma l’ho lasciata stare / Prima che l’amore arrivasse in città[2] – esprime tutta l’incoerenza della condizione umana: l’immagine toccante dell’abito nuziale, simbolo di un patto d’amore eterno, si contrappone alle promesse dimenticate repentinamente, così come il tramonto rosso – luogo romantico per eccellenza – si spegne nel pallore della ragazza. Queste metafore rappresentano le tinte dell’esistenza, offuscate da un male che si insinua nelle azioni compiute, che tenta di prevalere su quel sentimento d’amore che è capace di redimere, di farsi prossimo, di comprendere la responsabilità delle proprie scelte. E il cantante afferma: «Vedo il bene nelle persone, ma vedo anche il male. Lo vedo in me stesso. […] Il fatto che io trovi spesso un modo per uscire dalle tenebre non significa che non sappia che esistono»[3].
Un altro tema fondamentale della poetica di Bono è la fede, espressa nel linguaggio e nelle innumerevoli immagini bibliche: Io ero là quando hanno crocifisso il mio Signore / Io tenevo il fodero / Quando il soldato ha estratto la spada / Io lanciai il dado quando trafissero il suo fianco / Ma ho visto l’amore vincere la grande separazione[4]. Dio entra con dirompenza nei testi delle canzoni, in modo esplicito e allo stesso tempo come «essere in relazione», verso il quale gridare, confrontarsi, pregare. È Dio nella sua trascendenza, e quindi nella sua inconoscibilità e, al tempo stesso, nella sua incarnazione, Cristo, davanti al quale la vita di ciascuno deve essere compresa nella sua limitatezza.
Nel testo Bono scrive in prima persona – l’io lirico –, per mostrare come ciò che canta sgorghi dalla propria esperienza vitale. L’enfasi è posta proprio sull’essere presente e protagonista nel momento in cui Gesù viene crocifisso, quando vengono lanciati i dadi per tirare a sorte la sua veste – «Essi divisero le sue vesti tirandole a sorte» (Lc 23,34) –, riconoscendo il proprio coinvolgimento in una storia in cui il peccato, la contraddizione sono parte dell’esistenza stessa. Ma proprio come nel Vangelo, la vita non si ferma inchiodata sulla croce: Quando l’amore arriva in città / Voglio saltare su quel treno / Quando l’amore arriva in città / Voglio prendere quella fiamma / Forse ho sbagliato a deluderti sempre / Ma ho fatto ciò che ho fatto / Prima che l’amore arrivasse in città[5].
L’immagine del treno che passa porta con sé tutta la tradizione dei bluesman e dei folksinger – Muddy Waters, Woody Guthrie, Bob Dylan, Paul Simon –, che hanno cantato il treno come simbolo dell’esodo dalla propria vita verso un luogo migliore: il treno che passa diviene metafora del kairos, il tempo opportuno; su esso occorre salire per non morire. E così l’amore arriva, ma è necessario riconoscerlo per poter essere salvati e per salvare.
Dall’Irlanda del Nord alle guerre nel mondo
Se i primi due album – Boy (1980) e October (1981) – hanno una prevalenza di testi intimistici e dalla forte componente spirituale, con War (1983) gli U2 affrontano il tema della guerra, che diventerà presente in tutta la successiva discografia. Con «Sunday Bloody Sunday», che dà l’avvio a tutto l’album, la focalizzazione è interna, ossia appartiene alla realtà più stretta vissuta; ricorda infatti la drammatica sparatoria avvenuta il 30 gennaio 1972 a Derry, in Irlanda del Nord, da parte dell’esercito inglese, che uccise 13 manifestanti, tra cui alcuni giovani. Come Bono anticipò durante un concerto: «Si chiama Sunday Bloody Sunday, parla di noi, dell‘Irlanda. Ma se non piacerà a voi, non la suoneremo mai più». Non è una canzone identitaria e nazionalista, ma una riflessione sul male che entra nella società civile e che sfocia nella drammaticità di una violenza fratricida.
Non posso credere alle notizie di oggi[6]: inizia così il canto che evidenzia l’incredulità alla notizia di tanto dolore. Non sono in questione le giustificazioni – chi ha torto e chi ha ragione –, ma l’evento accaduto, inconcepibile e ingiustificabile per l’essere umano: se la battaglia è appena iniziata, già si contano le perdite – troppe – di vite umane. La domanda gridata, su chi sia il vincitore – E la battaglia è appena cominciata / Ci sono molte perdite, ma dimmi chi ha vinto?[7] –, sembra cadere nel vuoto, in quel silenzio provocato dall’odio. Nessuno vince in battaglia; tutti sono perdenti, perché i consanguinei diventano separati, a causa delle ferite, non solo fisiche, ma anche sociali – La trincea è scavata nei nostri cuori / E madri, figli, fratelli, sorelle / Lacerati[8] –, mentre la domanda: «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gen 4,8) continua a essere formulata nel tempo.
L’interrogativo fondamentale e drammatico su quella maledetta domenica di sangue dà l’avvio al brano: Per quanto tempo dovremo cantare questa canzone? Esso verrà ripreso anche in «40», traccia conclusiva dell’album War, che è la rilettura musicale dei primi quattro versetti del Salmo 40, un componimento di speranza, come si legge nell’incipit: «Ho sperato, ho sperato nel Signore» (Sal 40,1). Il brano «40» suggella la visione di Bono della vita: Ha posto i miei piedi su una roccia / Ha reso fermi i miei passi / Molti vedranno / Molti vedranno e avranno timore / E canterò, canterò un canto nuovo[9]. Il «canto nuovo» è in contrapposizione ai canti di guerra, nella novità di una melodia di tolleranza e di pace. Nella strofa conclusiva di «Sunday Bloody Sunday» viene ripresa la vittoria di Gesù sulla morte e sul male, come speranza per un futuro che sia caratterizzato dal rispetto dell’altro: Per vendicare la vittoria che Gesù riportò[10].
Le guerre, oltre alla violenza, portano con sé il distacco, lo sradicamento rispetto alla propria terra, come viene cantato nel brano «Refugee»: Guerra, guerra lei è la rifugiata / Sua mamma dice che un giorno andrà a vivere in America / Al mattino lei aspetta / Aspetta che la sua nave salpi, e vada via[11]. Sono gli occhi di una ragazzina che, fuggendo dalla guerra, sogna di andare verso la Terra promessa, quell’America vista e sognata, che, come canterà nell’album Rattle and Hum, ha un duplice volto: di bene e di male. Nel brano è ancora presente l’immagine del mare – come in «When love comes to town» –, che può essere luogo di speranza, l’ultimo ostacolo che separa dalla nuova terra, ma può essere anche abisso in cui annegare.
«Pride (In the name of Love)», appartenente all’album The Unforgettable Fire (1987), il cui titolo riprende una mostra di disegni e immagini create dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki tenutasi al Chicago Peace Museum, è la conseguente attuazione della speranza evocata nelle precedenti canzoni. Il 4 aprile del 1968 Martin Luther King venne ucciso da un colpo di fucile, mentre stava al Lorraine Motel di Memphis. Il male fa terra bruciata attorno a sé ed elimina chi desidera una società che abbia alla base i diritti fondamentali degli uomini. Con un’enfasi tragica, ossia dell’uomo solitario che porta su di sé la responsabilità del proprio e altrui destino, la canzone comincia così: Un uomo viene in nome dell’amore / Un uomo viene e se ne va / Un uomo viene per giustificare / Un uomo per rivoluzionare / Nel nome dell’amore[12]. Martin Luther King non viene mai nominato, se non per la data dell’omicidio nell’ultima strofa, ma viene riconosciuto dall’ascoltatore attraverso i termini che caratterizzano il pastore protestante – la giustizia e la lotta – espressi attraverso un amore che prende posizione nella società, al fine di raggiungere la liberazione dall’oppressione.
Nella parte conclusiva della seconda strofa si trova un parallelismo con la figura di Gesù: Un uomo tradito con un bacio[13]. Martin Luther King continua il cammino intrapreso da Cristo nel portare già sulla terra il regno di Dio, attraverso la solidarietà con i poveri e gli oppressi, testimoniando l’immagine di un Dio che vive nella tensione tra misericordia e giustizia. Proprio per questa vicinanza, il brano si conclude così: Finalmente libero, ti hanno preso la tua vita / Non potevano prendere il tuo orgoglio / Nel nome dell’amore / Un altro ancora nel nome dell’amore[14]. L’espressione «un altro» rimanda probabilmente alla serie di uomini e donne che hanno sacrificato la propria vita per degli ideali che potessero migliorare la società civile.
In onore e in memoria di Martin Luther King gli U2 scriveranno anche il brano «MLK» (1984), che ha il ritmo di una semplice ninna nanna. È il riposo di chi ha versato il proprio sangue per gli altri, l’eterno riposo, il ritorno al Padre: Dormi, dormi stanotte / E che possano realizzarsi i tuoi sogni / Se la nube di tuono porta pioggia / Allora lascia che piova, piova su di lui[15].
Droga
Esattamente agli antipodi dei testi del rock, che avevano all’interno un’idea di libertà come fuga dalla realtà ottenuta attraverso le droghe – come ad esempio «Brown Sugar» dei Rolling Stones, «Cocaine» di Eric Clapton, «Heroine» dei Velvet Underground, solo per citare i titoli più famosi –, gli U2, sin dai primi album, interrompono questo connubio tra anticonformismo, arte, libertà e droga.
«Bad» (1984) è il racconto di un ragazzo che nel giorno del suo compleanno muore per overdose. Il testo, volutamente onirico e non definito – lo stesso Bono afferma che è incompleto –, rispecchia la vita del tossicodipendente, sempre in bilico tra sogno, incubo e sprazzi di realtà: Se ti giri e te ne vai / Se ti dividi di nuovo in due, se potessi, sì lo vorrei / Lasciarlo andare / Attendersi, confondere[16]. Così il finale, in un climax ascendente, non lascia dubbio sulla condizione esistenziale di chi entra nel girone della morte a causa della droga: Questa disperazione, confusione / Separazione, condanna / Rivelazione, in tentazione / Isolamento, desolazione[17].
Come più volte Bono ha dichiarato, nella Dublino degli anni Settanta la droga era molto diffusa per i suoi costi bassi, e molti ragazzi sono caduti tra le sue braccia. L’artista ne descrive l’alienazione, che separa da tutto e da tutti, per finire, spesso, con l’abbraccio della morte. Lo stesso tema sarà affrontato nella canzone «Wire» (1984), anch’essa dell’album The Unforgettable Fire, con un testo dalle espressioni molto forti: Freddi questi occhi / Io non posso crederlo / Freddo, questo cuore è lento / Il cuore è pietra[18].
Nella loro produzione musicale gli U2 porteranno avanti il tema della dipendenza dalle droghe, ben consapevoli che è un pericolo alla portata di tutti e presente in tutto il mondo. Anche il brano «Running Stand Hill» (1987) racconta la storia di una ragazza tossicodipendente che Bono aveva conosciuto nelle Sette torri – Vedo le sette torri[19] – di Ballymun, nella zona Nord di Dublino, un quartiere in cui si erano venute a creare molte situazioni di disagio e di povertà e un alto tasso di suicidi.
Così pure il brano «Discothèque» (1997), singolo di lancio per l’album Pop, che inaugura un nuovo stile nella discografia del gruppo irlandese, tocca il tema della droga, come metafora anche della sfrenatezza e degli eccessi che sembrano caratterizzare non solo i frequentatori delle discoteche, ma lo stesso modo di vita frenetico delle persone: Sai che stai masticando bubblegum / Conosci cos’è ma continui a volerne ancora / Perché non ne hai mai abbastanza di quella lovie dovie stuff[20]/ Andiamo in discoteca[21]. L’accenno è alla facilità con cui si può trovare la lovie dovie, una droga sintetica, una tipologia dell’ecstasy. Le sonorità potenti, rimbombanti, dalla forte componente elettronica, ricca di delay ed effetti tipici del genere techno, avvolgono la musica degli U2, che trasforma un girone dantesco in un messaggio di forte umanità. Non è una lode ai tempi moderni, ma una critica a un modo di vivere che sta diventando esasperato e svuotato di ogni senso.
Il video, ambientato in una discoteca, gioca sulla luce accecante, sulla psichedelia, sulle danze equivoche, sui riflessi degli specchi, sui travestimenti. Si tratta della frantumazione dell’identità della persona, di chi essa è veramente: le luci accecanti impediscono di vedere la realtà, il travestimento ostacola la verità della persona, la musica incalzante impedisce di ascoltare il mondo esterno, rinchiudendo se stessi e il mondo all’interno di una assordante e piccola discoteca.
La fede
Nel rock degli U2 l’aspetto della fede è sempre stato un elemento importante e in divenire: Bono, Edge e Larry Mullen Jr. frequentarono per alcuni tempi, in età giovanile, una comunità cristiana locale. Ma la loro esperienza di fede si spinge oltre l’appartenenza alla comunità, che verrà lasciata proprio per seguire con più assiduità e consapevolezza la vocazione musicale. Il ritornello del «Gloria» – brano con cui si apre l’album October – è una rilettura in chiave rock dell’inno tradizionale latino Gloria / In te Domine / Gloria / Exultate/ Gloria Gloria.
La strofa, introdotta da un riff potente della chitarra elettrica, fa riferimento alle difficoltà di credere: Provo a cantare questa canzone / Io, io provo a stare in piedi / Ma non posso trovare la mia via / Io, io provo a parlare, ma solo in te sono completo[22]. L’insistenza sul verbo «provare» evidenzia la difficoltà di poter trovare la strada giusta della propria vita in una relazione con un Dio compreso nella sua pienezza e nella sua trascendenza. Questo senso di fragilità e di dubbio che domina la propria fede, sentendo su di sé il limite umano, viene abbandonato nel ritornello, cantato con ampio respiro e accompagnato solo da vibranti armonici alla chitarra, che lasciano spazio alla voce profonda di Bono.
Lo stesso retro della copertina dell’album The Joshua Tree (1987) è un richiamo preciso alle vicende bibliche, così come la copertina di All That You Can’t Leave Behind (2000), in cui nello schermo in secondo piano compare la sigla J33-3, che è un riferimento al capitolo 33, versetto 3 del libro di Geremia.
In The Joshua Tree viene rappresentata l’immagine del gruppo musicale al completo in un paesaggio desertico della zona interna della California, a sinistra di un enorme cactus, detto popolarmente «Joshua Tree». La tradizione vuole che un gruppo di mormoni, vedendo questi cactus somiglianti a uomini dalle braccia alzate, li paragonassero a Giosuè nel momento di entrare nella Terra promessa.
Anche nel brano introduttivo «Where The Streets Have No Name» si può riconoscere un influsso biblico: Voglio correre / Voglio nascondermi / Voglio demolire i muri / Che mi trattengono / Voglio spingermi fuori / E toccare la fiamma / Dove le strade non hanno nome / Voglio sentire / Il sole sul mio volto / Vedere quella nube di polvere scomparire / Senza una traccia / Voglio trovare riparo dalla pioggia velenosa / Dove le strade non hanno nome[23].
«Le strade che non hanno nome» sono quelle che non appartengono alla città: già nei primi racconti biblici si nota come Abele sia simbolo di chi, come ogni pastore, non risiede nella città, ma è in movimento, mentre Caino è agricoltore, espressione di chi rimane stanziale e diventerà successivamente il primo costruttore di città (cfr Gen 4,17). Queste diventano un luogo da difendere, sempre in tensione con la legge, simbolo del contrasto tra le classi sociali e dunque dello squilibrio tra gli abitanti.
Nella canzone, in prima persona – come spesso accade nella scrittura di Bono –, si racconta un esodo, una fuga verso strade che non hanno nome, ossia che non sono sotto il controllo delle mura e delle logiche della città. Si descrivono una corsa, un desiderio di abbattere i muri, che è forse un’eco dell’episodio della presa di Gerico raccontato nel libro di Giosuè (cfr Gs 6).
Il linguaggio, inoltre, si fa sempre più forte, con il desiderio di toccare la fiamma, che ricorda Mosè dinanzi al roveto ardente (cfr Es 3,1-6) e il Signore che guidava il popolo nell’esodo dall’Egitto «dalla colonna di fuoco e di nube» (Es 14,24). Similmente il desiderio di «trovare riparo» all’ombra del Signore è ricorrente nel libro dei Salmi, di cui proprio il cantante irlandese ha curato un’introduzione[24].
Il brano «Love Rescue me» dell’album Rattle and Hum, scritto insieme a Bob Dylan – le prime immagini del video descrivono un aratro e un gregge di pecore, che fanno pensare ancora a Caino e Abele –, presenta ancora una volta forti assonanze con il linguaggio dei Salmi: si parla di un predicatore osannato, ma animato da dubbi e da un forte desiderio di essere lui stesso salvato. Il canto inizia con alcune espressioni tipiche dei Salmi: Amore salvami / Vieni avanti e parlami / Sollevami e non lasciarmi cadere[25], in una ricerca di salvezza che può arrivare solo da un amore infinito. Si notano delle assonanze con il Salmo 41 per il desiderio di ricevere la misericordia di Dio: «Io ho detto: “Pietà di me, Signore, guariscimi; contro di te ho peccato”» (Sal 41,5), per l’idea di essere protetto attraverso l’immagine dell’essere sollevato: «Ma tu, Signore, abbi pietà, rialzami» (Sal 41,11). Se nel Salmo 41 Davide, che parla in prima persona, si sente accerchiato dai nemici – «I miei nemici mi augurano il male» (Sal 41,6) –, nella canzone il predicatore non ha nemici, ma è lui stesso che sente di essere nemico a se stesso: Nessun uomo mi è nemico, le mie proprie mani mi imprigionano[26]. Attraverso la figura del predicatore Bono esprime la frustrazione e il rischio di essere ascoltato come profeta dai tanti fans, ma, al tempo stesso, di sentire ancora più radicato il limite delle contraddizioni e delle proprie incoerenze umane.
La canzone prosegue citando letteralmente una parte del Salmo 23. Le parole del canto – Sì, anche se camminassi / Nella valle delle ombre / Sì, non temerò alcun male[27] – riprendono quelle del Salmo: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male» (Sal 23,4). Tuttavia la parte seguente – Ho maledetto il tuo bastone e il tuo vincastro / Essi non mi confortano più[28] – appare come la negazione dei versetti del Salmo davidico: «Il tuo bastone e il tuo vincastro / mi danno sicurezza» (Sal 23,4).
Bono non si sente ancora salvato: la sua esistenza sta ancora attraversando il deserto; possiamo dire che non è ancora arrivato alla Terra promessa, ma sta sperimentando l’angoscia, come pure il piacere – siamo all’apice del successo, con migliaia di fans che vanno ai concerti degli U2 – di chi è osannato. Il peso delle parole di una rockstar non è indifferente, e probabilmente questa preoccupazione si ripercuote sulla propria coscienza in continua ricerca della speranza nell’amore divino: «Love rescue me».
Questa è un’invocazione e una preghiera a cui aggrapparsi; ed è un anticipo del testo già citato all’inizio, «When love comes to town», che esprime quell’amore che stravolge nel momento in cui passa, come un treno in corsa. È quell’amore a cui il cantante è chiamato a credere, nonostante il suo sentirsi intriso del sangue di Caino, come egli scrive nel brano «In God’s country»: Sto con i figli di Caino / Bruciati dal fuoco dell’amore[29]. Questi versi sembrano evocare il passo di san Paolo: «Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco» (1 Cor 3,15). L’amore di Cristo mette alla prova chi si sente perduto e salva anche colui che comprende che la condizione di peccatore è insuperabile.
Nella canzone, questo aspetto rimane presente e radicato, come mostrano i versi: Speranza, carità, la sua vanità / Il più grande regalo è l’oro[30], che sono una chiara e ironica allusione al pensiero paolino: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!» (1 Cor 13,13).
Bono riconosce di essere ancora nel deserto, e che la sola grazia dell’amore può redimerlo. Proprio alla Grazia – nome femminile, ma riferito anche alla grazia di Dio – gli U2 dedicheranno una canzone, «Grace» (2000), la cui strofa iniziale rivela il senso di quanto si è detto: Grazia, si prende la colpa / Copre la vergogna / Rimuove la macchia[31].
Gli affetti
La fede è vissuta in una dinamica di incompletezza, di pieni e di vuoti esistenziali che si susseguono, brandendo le tracce di Dio trovate nella propria storia e, al tempo stesso, sperimentando il Deus absconditus, come Bono canta in «Mofo», dell’album Pop (1997).
È proprio in questo tempo frastornante che il cantante irlandesi scrive un testo di grande intimità: Cercando di salvare, salvare la mia anima / Cercando nei luoghi dove non crescono i fiori / Cercando di riempire quel buco a forma di Dio / Madre, madre, succhiando rock and roll[32]. Sentire l’abisso – «quel buco a forma di Dio», e successivamente, in «If God Will Send His Angels» (1997): Dio ha staccato il telefono[33] – diviene un’esperienza antropologica legata inesorabilmente anche agli affetti umani. Infatti, davanti a questo baratro Bono si rivolge alla madre, invocandola più volte nella canzone.
Il tema della madre morta quando il cantante era ancora giovane viene ripreso e sviluppato in diverse canzoni, come vediamo in «I Will Follow», tratto dal primo album Boy (1980): Un ragazzo si sforza di essere uomo / Sua madre lo prende per mano[34]. Il ricordo della madre provoca un senso di assenza e presenza, di mancanza e di memoria, di dolore e di speranza.
Non a caso Bono scrive un brano stupendo nella sua drammaticità, intitolato «Mothers of disappared» (1987). Lo scrive dopo un viaggio fatto, assieme alla moglie Alison Hewson, a El Salvador, durante il quale ha conosciuto il dolore delle madri di molti desaparecidos di tutta l’America Latina, dall’Argentina al Cile e al Guatemala: Mezzanotte, i nostri figli e le nostre figlie / Sono stati strappati e portati via da noi[35]. Al dolore per la morte violenta dei figli si aggiunge il dramma inconsolabile di non sapere dove siano stati posti. Un dolore che è un’espressione propria della donna, come mostra anche il passo del Vangelo in cui Maria di Magdala, dopo la morte di Gesù, si reca alla sua tomba per cercarne il corpo (cfr Gv 20,13).
Il grido inconsolabile delle madri si alza all’unisono nella voce calda e lenta di Bono: Nel vento sentiamo le loro risate / Nella pioggia vediamo le loro lacrime / Ascoltiamo il loro battito del cuore / Ascoltiamo il loro battito del cuore[36]. L’11 febbraio 1998, a Santiago del Cile, Bono fece salire sul palco, durante un concerto, un gruppo di madri di desaparecidos, affinché potessero, attraverso il suo microfono, urlare e far conoscere al mondo il proprio dolore. Anche in questo caso Bono, partendo da un’esperienza personale, rendeva universale il suo messaggio: come ha conosciuto il dolore della perdita della propria madre, così fa conoscere al mondo il dramma di tutte quelle madri che hanno perso i propri figli per la crudeltà delle guerre e dei regimi dittatoriali.
Questa iniziativa di Bono con le madri dei desaparecidos corrisponderà, in qualche modo, a quello che egli esprimerà successivamente nella canzone «Magnificent» (2009), riferita alla propria madre: Ti restituisco la mia voce / Dal grembo il mio primo pianto era un rumore gioioso[37]. Restituire la voce significa non interrompere quella relazione umana, filiale, drammaticamente sconvolta, ma che, essendo viscerale, continua anche nello iato che si è generato.
La canzone prosegue dicendo che l’amore è quella speranza concreta, plasmata dalla vita, la scommessa per eccellenza dell’essere umano: Solo l’amore, solo l’amore può lasciare un simile segno / Ma solo l’amore, solo l’amore può guarire una simile ferita[38]. Non esiste una ferita talmente profonda da non poter essere sanata dall’amore, che non è un sentimento idealizzato, dal sapore romantico, ma deriva da quell’essere compromessi nella storia, personale e mondiale, come ha mostrato il gruppo durante la propria attività non solo concertistica e musicale.
Conclusioni
Gli U2, durante la loro carriera musicale, hanno saputo declinare l’amore come sentimento fondamentale che alimenta il mondo, cercando di tenere in stretta relazione la musica con le vicende storiche che intercettavano. Assieme a Bob Geldof, hanno partecipato a eventi come il Live Aid (1985), in cui, durante l’esibizione, Bono infranse le distanze di sicurezza per entrare in contatto diretto con il pubblico. Essi sono stati inoltre tra i principali artisti che hanno promosso il Live 8 (2005), una serie di concerti denominati «La lunga marcia verso la giustizia», per chiedere la cancellazione dei debiti delle nazioni più povere e promuovere accordi commerciali più equi tra gli Stati.
A livello personale, Bono è anche tra i promotori delle organizzazioni «Data» (Debt, Aids, Trade, Africa) e «One» (che opera in campo educativo nelle situazioni di disagio), e sostenitore della «Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes». Gli U2 hanno saputo anche attendere che Adam Clayton, il bassista, risolvesse i propri problemi di dipendenza da alcol; egli stesso ha detto: «Bono, The Edge and Larry mi hanno aiutato prima e dopo il mio ricovero, e di questo gli sarò sempre grato»[39].
È del mese di aprile la notizia che il gruppo rock ha donato 10 milioni di euro per aiutare la lotta contro il coronavirus in Irlanda. Gli U2 testimoniano così il loro essere compromessi con la vita e la realtà, sapendo bene che sono una rock band che crede in un amore che è intriso di giustizia e di attenzione verso il prossimo, pur nella consapevolezza che il limite e la contraddizione sono un aspetto che appartiene al genere umano e, al tempo stesso, sono luogo dell’azione misericordiosa di Dio.
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U2. “How long must we sing this song?”
U2, a musical group of Irish origins, has been able to reinterpret the rock genre through their innovative writing of lyrics based on existential and social themes. The search for justice, the denunciation of the oppression suffered by the poorest peoples, and the drama of the drug that claims victims among young people are the focus of their songs, imbued with a biblical language that promotes a love which become real compromising itself with the world, society and neighbor.
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[1]. «I was a sailor, I was lost at sea / I was under the waves / Before love rescued me».
[2]. «I used to make love under a red sunset / I was making promises I was soon to forget / She was pale as the lace of her wedding gown / But I left her standing / Before love came to town».
[3]. Bono on Bono. Conversazioni con Michka Assayas, Milano, Sperling & Kupfer, 2005, 81.
[4]. «I was there when they crucified my Lord / I held the scabbard / When the soldier drew his sword / I threw the dice when they pierced his side / But I’ve seen love conquer the great divide».
[5]. «When love comes to town / I gonna jump that train / When love comes to town / I gonna catch that flame / Maybe I was wrong to ever let you down / But I did what I did / Before love came to town».
[6]. «I can’t believe the news today».
[7]. «And the battle’s just begun / There’s many lost, but tell me who has won».
[8] . «The trench is dug within our hearts / And mothers, children, brothers, sisters / Torn apart».
[9] . «He set my feet upon a rock / And made my footsteps firm / Many will see / Many will see and fear / I will sing, sing a new song».
[10]. «To claim the victory Jesus won».
[11]. «War, war she is the refugee / Her mama say one day she’s gonna live in America / In the morning she is waiting / Waiting for the ship to sail, sail away».
[12]. «One man come in the name of love / One man come and go / One man come he to justify / One man to overthrow / In the name of love».
[13]. «One man betrayed with a kiss».
[14]. «Free at last, they took your life / They could not take your pride / In the name of love / One more in the name of love».
[15]. «Sleep, sleep tonight / And may your dreams be realized / If the thunder cloud passes rain / So let it rain, rain down on he / So let it be / So let it be».
[16]. «If you twist and turn away / If you tear yourself in two again / If I could, yes I would / Let it go / Surrender, dislocate».
[17]. «This desperation, dislocation / Separation, condemnation / Revelation, in temptation / Isolation, desolation».
[18]. «Cold these eyes, I can’t believe it / Cold, this heart is slow / Heart is stone».
[19]. «I see seven towers».
[20]. Lovie dovie è un’espressione per indicare la droga sintetica.
[21]. «You know you’re chewing bubblegum / You know that is but you still want some / cause you just can’t get enough of that lovie dovie stuff / Let go, let’s go… Discothèque».
[22]. «And I try to sing this song, / I, I try to stand up / But I can’t find my feet / I try, I try to speak up / But only in you I’m complete».
[23]. «I want to run, I want to hide / I want to tear down the walls that hold me inside / I wanna reach out and touch the flame / Where the streets have no name».
[24]. Cfr Bono, «Introduzione», in I libri della Bibbia. Salmi, Torino, Einaudi, 2000.
[25]. «Love rescue me / Come forth and speak to me / Raise me up and don’t let me fall».
[26]. «No man is my enemy / My own hands imprison me».
[27]. «Yea, though I walk / In the valley of shadow / Yea, I will fear no evil».
[28]. «I have cursed thy rod and staff / They no longer comfort me».
[29]. «I stand with the sons of Cain / Burned by the fire of love».
[30]. «Hope Faith, her vanity / The greatest gift is gold».
[31]. «Grace, she takes the blame / She covers the shame /Removes the stain».
[32]. «Lookin’ for to save my, save my soul / Lookin’ in the places where no flowers grow / Lookin’ for to fill that God-shaped hole / Mother, mother-suckin’ rock and roll».
[33]. «God’s got his phone off the hook».
[34]. «A boy tries hard to be a man / His mother takes him by the hand».
[35]. «Midnight, our sons and daughters / Were cut down and taken from us».
[36]. «In the wind we hear their laughter / In the rain we see their tears / Hear their heartbeat / We hear their heartbeat».
[37]. «I give you back my voice / From the womb my first cry, it was a joyful noise».
[38]. «Only love, only love can leave such a mark / But only love, only love can heal such a scar».
[39]. «Adam Clayton: “Senza gli U2, Townshend e Clapton sarei ancora un alcolizzato”», in la Repubblica, 27 giugno 2017.