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Nel 2019 si è celebrato l’anniversario dei 200 anni de L’ Infinito di Giacomo Leopardi, uno degli idilli più famosi della nostra letteratura, vero patrimonio comune di generazioni di italiani. La vita e le opere di questo poeta continuano a far parte della formazione culturale e letteraria dei nostri studenti, ma pochi sanno che alla figura del Leopardi letterato e filosofo può essere collegata quella dell’appassionato di «temi scientifici di enorme rilevanza, quali l’astronomia, la scienza degli astri e del cosmo, o la chimica, la scienza della materia e delle sue infinite trasformazioni» (p. 25).
A far luce su questi interessi – anch’essi collegati alle «enciclopediche» disponibilità (ben 16.000 volumi) della famosa biblioteca del padre Monaldo – sono i due autori di questo saggio: Giuseppe Mussardo, professore di Fisica teorica presso la Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa), e Gaspare Polizzi, storico della filosofia e della scienza del Centro nazionale studi leopardiani.
Quindicenne, Leopardi fu autore di una Storia dell’astronomia (1813), frutto della lettura di più di 300 libri, che iniziava «dalle prime osservazioni del cielo fatte dagli Egizi e Babilonesi e passando da Talete a Tolomeo, da Tolomeo a Tycho Brahe, da questi a Keplero, Copernico, Galileo e Newton», fino ad arrivare al 1811, «anno in cui era apparsa nel cielo di Recanati una cometa molto luminosa» (p. 27). La sola descrizione dei contenuti del libro ci rivela un giovane geniale, amante della natura, dell’osservazione e della sperimentazione. Scopriamo così che gli «studi leggiadri» e le «sudate carte» non furono esclusivamente umanistici; anzi, essi si caratterizzarono anche per una ricerca approfondita delle scienze naturali.
Non meno straordinari risultano poi gli studi di chimica e fisica compiuti dal giovane recanatese: nella seconda parte del saggio, Mussardo ricorda le Dissertazioni fisiche (1811), che testimoniano l’acquisizione di un sapere scientifico non superficiale, collocato nel quadro di un deciso distacco dalle concezioni metafisiche di una natura aristotelicamente «sostanziale» e di una convinta adesione al sistema fisico newtoniano. Anche nell’ambito della scienza della materia, il poeta dimostrò una straordinaria acutezza, seguendo senza esitazioni la «rivoluzione chimica» di Lavoisier, da molti non ancora pienamente accettata. È possibile pensare che il Leopardi poeta, attratto dal cielo, dalla luna e delle stelle o che ci rimanda ai «sovrumani silenzi» de L’ infinito, non porti con sé anche questo incredibile bagaglio di conoscenze scientifiche?
A fare una sintesi sull’identità così poliedrica del poeta e sulla complessità del suo messaggio è la terza parte del saggio, in cui si ricorda che «il tema dell’infinito matura in Leopardi con le sue letture giovanili, in particolare con le prime letture “scientifiche”» (p. 140), per poi trovare una migliore distinzione delle due linee di pensiero – filosofica-scientifica e morale–antropologica – nello Zibaldone, il diario intellettuale che il poeta recanatese iniziò a scrivere dal 1817. Quando in una pagina del 1825 si legge che «l’infinito è un parto della nostra immaginazione», si consuma definitivamente «la divaricazione tra impossibilità fisica della concezione dell’infinito naturale e opportunità poetica della immaginazione dell’indefinito naturale» (p. 161).
Questo saggio ci offre così l’opportunità di conoscere in termini poco esplorati la figura e il pensiero di Leopardi, in un significativo superamento di una visione a «compartimenti stagni» dei saperi e della ricerca.
GIUSEPPE MUSSARDO – GASPARE POLIZZI
L’infinita scienza di Leopardi
Trieste, Scienza Express, 2019, 192, € 29,00.