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Aldo Moro rappresenta una figura molto importante nella storia dell’Italia. In questi anni molto è stato scritto su di lui, in particolare sul suo sequestro avvenuto in via Fani il 16 marzo 1978, in cui fu trucidata la sua scorta; sui 55 giorni della sua prigionia nelle mani delle Brigate Rosse; sulla sua esecuzione nel covo di via Montalcini e sulla sua attività politica nella DC e nelle istituzioni. Tuttavia la ricostruzione di quanto accaduto è ancora lacunosa, avvolta nel buio delle motivazioni politiche, di cui sono stati strumento più o meno consapevole i terroristi, e condizionata dall’omertoso silenzio di tanti uomini dello Stato. Il lavoro delle Commissioni parlamentari e i processi celebrati hanno prodotto montagne di documenti, insufficienti però a scrivere una parola definitiva sulle responsabilità.
Uno degli aspetti di Moro meno indagati è la centralità della fede cristiana nella sua vita. Eppure basta avvicinarsi alla sua persona e ai suoi scritti per accorgersi come l’adesione a Cristo sia il filo conduttore che ha orientato il suo pensiero e innervato le sue relazioni personali, la sua attività di docente universitario, l’impegno politico, pragmatico e aperto al dialogo, rispettoso della laicità delle istituzioni, del pluralismo, della libertà personale e caratterizzato dal rifiuto di ogni integralismo. È per questo che il libro di Giancarlo Loffarelli, scrittore e regista, è un contributo prezioso che ci restituisce lo statista democristiano nella sua integralità, ci fa comprendere il substrato etico del suo agire, attraverso cui ha influenzato lo sviluppo sociale, politico e culturale dell’Italia.
L’angolo visuale da cui l’A. parte è particolare, ma tutt’altro che limitato e limitante. Le lettere dalla prigionia ci consentono di cogliere il percorso di formazione e maturazione spirituale, la complessità e peculiarità di Moro; di scoprire un uomo in continua ricerca e mai appagato, consapevole che la fede è relazionalità che unisce, è lasciarsi mettere in discussione dalla Parola, è coscienza della propria inadeguatezza, è rimettersi alla volontà di Dio, pur avvertendo l’estrema fatica di tale scelta.
Moro era convinto che ogni azione, personale e collettiva, dovesse essere illuminata dalla fede. Nella sua visione la persona è un bene supremo, che possiede valori assoluti e li esprime nel pensiero e nell’azione, incarnandoli con intelligenza e dinamicità nel divenire della storia. La specificità dell’uomo è l’io che si sente proiettato verso la pienezza dell’essere, anela alla realizzazione di sé mediante una spiritualità che lo innalza alla verità suprema, pur operando nell’immanenza e compiendosi nelle vicende del suo divenire, come intelligenza operante, verità che si fa storia.
La distinzione tra i piani spirituale e temporale non costituisce per Moro una separazione tra mondi autonomi e incomunicabili, ma un distinguere per unire, un cercare di realizzare sia la vocazione intellettuale e temporale, facendo uso laicamente dei metodi propri della sua disciplina, sia la vocazione spirituale di credente. La dimensione politica fa parte del quotidiano peregrinare dell’uomo, e anche tale aspetto per Moro deve essere illuminato e vivificato dallo Spirito, dal colloquio intimo con Dio, che si dilata nella comunicazione e nella responsabilità verso gli altri, nella disponibilità a recepirne il valore e mai nella violenza, nella sopraffazione e nel consapevole rifiuto della morale.
Il libro di Loffarelli ci guida in modo originale e sapiente in questo viaggio nella spiritualità di Moro. Grazie al suo esemplare percorso di vita, nel quale la fede illumina ogni esperienza, vediamo in Moro l’uomo che nella ricerca della verità ha sempre messo in discussione sé stesso e per questa verità ha cercato e saputo realizzare scelte etiche coerenti, incarnando quei valori supremi che sfidano il tempo e fanno dell’uomo l’imago Dei.