Questo mondo non mi renderà cattivo è la seconda serie Tv animata di Zerocalcare, uscita di nuovo per la piattaforma streaming Netflix, che succede a Strappare lungo i bordi e che ha consacrato il fumettista a livello internazionale, mostrando quanto i suoi dilemmi e le sue questioni interessino sia i giovani sia gli adulti. Se la narrazione della prima serie affrontava il tema del disagio giovanile e del suicidio con estrema delicatezza e drammaticità, all’interno di una comicità romana che è diventata il marchio di fabbrica del disegnatore, questa nuova serie ha come cornice la chiusura di un Centro di accoglienza per rifugiati in un quartiere periferico, dove si vengono a scontrare un gruppo di nazifascisti e uno dei Centri sociali. All’interno di questo orizzonte si sviluppa la narrazione, in sei episodi, di Zerocalcare e dei suoi amici, già incontrati nella prima serie. Come il fumettista stesso afferma: «La prima [serie] doveva presentare i personaggi, fare in modo che il pubblico ci si affezionasse, la seconda introduce argomenti più tosti, meno condivisibili»[1].
La storia comincia con i tre amici – Zerocalcare, Secco e Sarah – che scendono dal cellulare della polizia ed entrano nel Commissariato; da questo istante il protagonista comincerà a raccontare le vicende accadute mediante un ampio flashback, che si concluderà solamente al termine della narrazione.
E così, facendo un passo indietro nel tempo, si vedono Zerocalcare e Secco camminare per le strade periferiche della capitale, sui cui muri sono affissi i manifesti con cui si incita a chiudere i Centri di accoglienza con gli slogan, sempre tanto visti e ascoltati, «No alla sostituzione etnica» e «No all’invasione». Il Centro di accoglienza, considerato metaforicamente come un «pacco» che sta girando per la città e che nessuno vuole ricevere, è costituito da «35 persone tra uomini donne e ragazzini che sono sbarcati dalla Libia solo un mese fa, solo che è difficile che te rendi conto che stanno a parlà d’esseri umani perché ni vedi mai». Sempre con la solita colorita e dissacrante ironia e utilizzando il turpiloquio romanesco, Zerocalcare individua la sottile ma importante differenza tra il sentito dire, ossia quello che viene raccontato spesso dai giornali, dalla propaganda politica, e la conoscenza diretta di tutti i profughi che hanno la vita segnata dalla violenza e dalla fuga.
Il contesto sociale della periferia diventa il teatro di una lotta ideologica per spostare o mantenere il Centro di accoglienza, e
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