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«I delight in what I fear» («Amo quello di cui ho paura»), la famosa citazione di Shirley Jackson (1916-65) sintetizza lo spirito di buona parte della sua opera: un paio di libri autobiografici, due romanzi e più di 200 racconti, prevalentemente di mistero e paura, oltre a moltissimi articoli. Sullo sfondo è sempre una madre terribile: anni di massacrante lavoro domestico, con una famiglia da mantenere e quattro figli da crescere; la periodica dipendenza da alcol e anfetamine; e la frustrazione perenne di non essere presa sul serio come scrittrice, pur vivendo al centro di un’irripetibile stagione letteraria.
Il racconto La lotteria (1948) è noto: in una cittadina immaginaria, epitome goticheggiante di una fantastica America rurale, si consuma, il 27 giugno di ogni anno, la brutale lapidazione di una persona estratta a sorte, la «lotteria» del titolo, appunto. Un rito senza origine né giustificazione, ma indispensabile, nella gelida eliminazione del capro espiatorio, per rinnovare l’allucinato patto comunitario.
Tra le righe c’è l’eco di pregiudizi e di un soffocante conformismo che certamente offuscarono i giorni della Jackson nell’ambiente provinciale e larvatamente ostile in cui viveva, dove neri ed ebrei non erano esattamente benvenuti, né lo erano Ralph Ellison e Bernard Malamud, amici e abituali frequentatori del cenacolo casalingo suo e del marito, il critico letterario Stanley Hyman.
Non si tratta né di un’idea narrativa né, tantomeno, di un genere – il «gotico» – inventati dalla scrittrice californiana: quell’eterna America mitizzata, con i suoi incubi violenti, contrappasso inevitabile del non meno abusato American dream, è infatti, e da un paio di secoli, tra i paesaggi mentali forse più frequentati dalla letteratura americana. Ma l’immaginazione febbrile e la scorciata, implacabilmente precisa scrittura della Jackson ne fanno una voce unica e perenne.
Miles Hyman, nipote della scrittrice, aveva solo tre anni al momento della morte della Jackson. Tradurre in disegni e colori un classico è sempre un’impresa ardua e rischiosa, e ci sono voluti trent’anni perché questo formidabile romanzo grafico vedesse la luce. Con ardita iniziativa autoriale, Hyman crea un antefatto assente nel racconto: il tetro dipanarsi dei preparativi, condotti dai maggiorenti del villaggio il giorno prima della lotteria. E lo fa in tavole mute, dai tratti marcati, fortemente realistici, e con colori saturi. Nelle pagine forse più toccanti, Hyman illustra poi le ore mattutine di Tessie Hutchinson, la vittima ancora inconsapevole, in un montaggio di quieti avvicendamenti domestici e cure femminili, fino all’ultima abluzione, immemore del destino di morte a cui si sta avviando.
Ed è proprio il montaggio la forza narrativa di questo romanzo grafico: senza cedere al macabro, che pure tracima come onda maligna pagina dopo pagina, Hyman impartisce una raggelante lentezza alla normalità della vita del villaggio che va preparandosi al culmine omicida, con un sapiente gioco di campi lunghi, primi piani e inquadrature angolari dal basso che collocano il lettore in posizione assai disagiata.
Impressiona anche l’uso rarefatto delle parole, tratte dall’originale, per altro non meno laconico e terso: brevi comandi, rimproveri a denti stretti, espressioni di freddo livore e, naturalmente, il terrificante elenco dei nomi estratti. Parole che non sono appendici didascaliche delle tavole, ma che si fondono perfettamente nell’illustrazione di questo microcosmo distopico, dove la ruvidezza laconica dei suoi abitanti è il segno di una convivenza claustrofobica e, alla fine, omicida.
Il racconto di Shirley Jackson e la versione grafica di Hyman si astengono da ogni lezione morale: nella quasi bucolica, e ormai vuota di gente, serenità delle ultime tavole, che mostrano il villaggio dopo la lapidazione – un’altra efficacissima invenzione di Hyman –, l’assenza di qualunque indizio, o svelamento, dell’enigma sfuma nel silenzio, e lo specchio opaco che riflette l’orrore appena compiuto viene restituito, muto ma con genuino brivido, all’inquieto lettore.
SHIRLEY JACKSON – MILES HYMAN
La lotteria
Milano, Adelphi, 2019, 142, € 19,00.