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Si può sopravvivere alla guerra senza sparare un colpo? Lo scopriamo nel libro autobiografico di Vincenzo D’Aquila, giovane italoamericano che nel 1915 scappa dalla sua casa di New York per arruolarsi volontario nell’esercito italiano, pronto «a compiere l’estremo sacrificio per Dio e per il paese» (p. 46).
Egli però sente esaurirsi presto l’iniziale ondata di patriottismo, al primo incontro con lo spirito disfattista serpeggiante nelle truppe, e poi con la cruda, assurda realtà della guerra, e viene preso da una crisi profonda: «Inaspettatamente, una forza si impossessò di me» (p. 89); «No, non avrei ucciso. Presi subito quella decisione. Da quel momento il corpo acquisì un indomabile potere. Il Potere Divino era in me» (p. 90). Quella di non sparare un colpo appare una «chimerica promessa» (p. 85), ma Vincenzo è certo che la sua «invisibile guardia del corpo» – come recita il titolo originale (Bodyguard unseen. A true autobiography) – lo proteggerà. Diventa così un obiettore di coscienza in trincea, in un periodo storico nel quale le idee pacifiste sembravano «deliranti e assurde» (p. 15), mentre sarebbero state condivise da molti negli anni dopo la guerra.
Nel titolo l’autore tiene a precisare che si tratta di «un’autobiografia vera», proprio per sostenere la veridicità del suo racconto apparentemente incredibile, fra ingegnose e complicate strategie, avventurose peripezie e «strane coincidenze» (p. 158), per le quali verrà ricoverato in ospedale, internato in manicomio, allontanato dal fronte e infine rimpatriato.
D’Aquila scrive il racconto della sua esperienza diversi anni più tardi e lo pubblica nel 1931. Il libro, fra critiche positive e qualche stroncatura, viene presto dimenticato. In Italia rimane inedito, dato il suo pacifismo antitetico all’ideologia fascista. Ora viene reso disponibile in lingua italiana con la prefazione di Emilio Franzina, tra i massimi studiosi dell’emigrazione italiana, e la curatela di Claudio Staiti, giornalista pubblicista e dottorando all’Università di Messina, che ha tradotto il testo originale, raccogliendo anche documenti atti a suffragare l’attendibilità delle avventure presentate.
D’Aquila intende narrare «come esperienze preziose» le sue «vicissitudini», «episodi di guerra e pazzia» (p. 33). Il suo racconto soffre a tratti di enfasi religiosa, momenti retorici e didascalici e non ha uno stile di particolare qualità. Costituisce tuttavia un documento singolare e avvincente di come un soldato pacifista in trincea sia riuscito a sopravvivere alla guerra.
VINCENZO D’AQUILA
Io, pacifista in trincea. Un italoamericano nella Grande guerra
Roma, Donzelli, 2019, XXX-258, € 28,00.