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Il libro affronta l’impatto che la modernità scientifica e tecnologica ha avuto sulla filosofia e le sue possibili ripercussioni sul vivere comune. Riprendendo alcuni contributi, in particolare dalla fenomenologia e dalla scuola di Francoforte, emerge come il fascino nei confronti del nuovo sapere in sede filosofica si sia trasferito dal piano del più generale orizzonte dell’essere (inizio del filosofare per Aristotele) al rigore e alla correttezza della verificabilità dei suoi asserti. Uno «spostamento» – per utilizzare un termine caro alla psicoanalisi – che ha comportato un impoverimento del suo sguardo: l’ambito dell’indagine si è sempre più limitato alla rilevazione del dato empirico, impedendosi di indagare i massimi problemi dell’essere e della vita. Celebre è la diagnosi di Husserl, riportata dall’autrice: «Mere scienze di fatto creano meri uomini di fatto».
E tuttavia le mere scienze di fatto affascinano: gli uomini avvertono nei loro confronti un’attrazione che smentisce l’ambito puramente empirico, procedurale, in cui vorrebbero rinchiudersi. La filosofia ricorda che l’uomo ha una relazione affettiva con il sapere (indicata dalla parola stessa filo-sofia, «amore per la sapienza»), un di più irriducibile ai fatti. Senza questa dimensione profonda l’uomo smarrisce, insieme alla filosofia, anche se stesso e il senso del proprio vivere.
Da qui nasce la necessità di riprendere le tematiche fondamentali dell’indagine filosofica, presenti, anche se in sordina, nel modus operandi della «ragione strumentale» (Horkheimer). Uno di essi, che costituisce il titolo e il filo conduttore del saggio di Petito, è il binomio «pensiero-conoscenza». In esso riemergono le problematiche disattese e insieme presupposte dalle «mere scienze di fatto»: il dialogo, la ricerca, la libertà, i valori, l’etica, l’amicizia. E la decisione, atto drammatico ma indispensabile, taglia il nodo gordiano del dubbio e immette il soggetto nel dinamismo proprio della vita: «Come osserva Kierkegaard, non c’è nulla che possa interrompere il ciclo infinito della riflessione se non una decisione. La ragione conoscitiva può infatti diventare un “eterno ritorno” di sé su di sé; ritorno su se stessi senza l’altro, in cui l’unità non è l’accordo del dialogo, ma l’identità dell’Io e del non-Io» (p. 48).
Il fatto che gli autori richiamati in questo percorso a ritroso siano dell’epoca contemporanea dice dei passi avanti compiuti dalla filosofia rispetto alla modernità, tendenti al recupero e alla messa in discussione degli assunti che ne avevano precluso l’indagine. E costituisce anche un recupero della riflessione classica. I greci definivano l’uomo «animale dotato di parola». E non a caso la filosofia greca ha trovato la sua espressione più piena e feconda non nel trattato, non nel sistema, ma nel «dialogo» – lo scambio di logos –, che porta il pensiero a un salto qualitativamente irriducibile alla riflessione degli individui presi separatamente (degne di nota sono le analisi della Arendt, oggetto del cap. III).
È stato detto che nella relazione dialogica 1+1=3 il terzo elemento è la relazione, che consente a ciascuno di conoscersi e di portare un contributo ignoto a se stesso fino all’incontro con l’altro. Paul Ricœur direbbe che il soggetto non può mai conoscersi come un «io», in prima persona, autoanalizzandosi, ma sempre in terza persona, come un «sé», nel corso di un itinerario – che egli chiama «la via lunga» – fatto appunto di narrazione e rilettura del proprio percorso esistenziale, reso possibile dal contributo di altri.
Il dialogo tra le parti, di sé come dell’altro, sebbene faticoso, rimane un aiuto indispensabile, un riflesso inesauribile dell’Origine che ci precede, una via feconda per lo stesso sapere filosofico. E questa è anche la conclusione di Petito: «Il pensiero rappresenta una fuoriuscita rispetto al mondo in cui siamo e forse anche rispetto a noi stessi […]. La vita filosofica non separa il soggetto e l’oggetto, ma rappresenta un modo di vivere e di realizzare la natura umana. Per questo, noi possiamo dire che l’umano è dal principio oltre la mera vita, poiché in esso si annida il riflesso del divino» (p. 65). Ritornare all’Origine non imprigiona, ma piuttosto consente di riconoscersi, in un abbraccio infinito.
VERONICA PETITO
Il dialogo infinito del pensiero. Una riflessione sul senso dell’umano
Assisi, Cittadella, 2020, 128, € 11,90.