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San Francesco Borgia (1510-72), terzo Preposito generale della Compagnia di Gesù e unico a essere canonizzato dopo sant’Ignazio di Loyola, non è molto conosciuto in Italia. Inoltre, i giudizi su di lui, sulla sua spiritualità e sul suo governo dell’Ordine non sono stati sempre positivi: si ricorda per lo più – considerandola una deviazione dall’originale spirito ignaziano – la sua insistenza sull’orazione e l’indicazione del tempo da dedicarvi. Anche l’iconografia non ha aiutato, lasciandoci generalmente l’immagine di un austero penitente che medita davanti al teschio. Oggi, poi, l’appartenenza alla nobiltà di più alto lignaggio non giova a rendere questo santo molto «popolare». Eppure la sua vicenda umana è davvero singolare e la sua spiritualità raggiunge profondità e altezze che possono ben essere considerate straordinarie.
L’A. è molto ben informata sugli studi borgiani contemporanei, cosicché nella prima parte del libro ci può presentare sinteticamente il contesto storico, ambientale, familiare, l’infanzia e la giovinezza, la carriera di Francesco fino alla morte della moglie nel 1546, alla successiva decisione di chiedere di essere ammesso nella Compagnia di Gesù e al periodo in cui (fino al 1551) rimase gesuita in segreto.
L’educazione raffinata, il servizio alla corte dell’imperatore Carlo V, il matrimonio a 19 anni con la dama prediletta dell’imperatrice Isabella (da cui avrà otto figli), l’ascesa nelle dignità fino a succedere al padre come duca di Gandía, lo collocano a pieno titolo fra i «grandi di Spagna», cioè nel livello più alto della nobiltà del tempo. La sua non è per nulla una nobiltà oziosa, ma di leale e profondo servizio al suo sovrano. Non mancano le esperienze di vita militare, ma sono soprattutto quelle di amministrazione e di governo a impegnarlo più a fondo. Formato religiosamente in rapporto alla spiritualità francescana, l’incontro con alcuni gesuiti – in particolare con Pietro Favre – lo avvicinerà alla Compagnia di Gesù.
L’A. ci aiuta a scoprire la personalità poliedrica di Borgia, dotato di tratti di estrema gentilezza e delicatezza, ma capace di atteggiamenti di governo assai decisi e di attività instancabile: quando, alla morte del secondo Generale della Compagnia di Gesù, Giacomo Laínez (1565), egli viene eletto prima Vicario e poi Generale a larghissima maggioranza, non è certo in omaggio alla sua nobiltà, ma alle sue capacità e virtù.
Rilevante è anche la sua produzione letteraria: più di 30 «trattati spirituali» di diversa ampiezza e un epistolario vastissimo. Ma il suo scritto più importante è il Diario spirituale, a cui è dedicata la seconda parte di questo volume. Esso raccoglie un’infinità di note spirituali, estremamente concise, ma intensissime. Copre gli anni dal 1564 al 1570, quindi la maggior parte del generalato di Borgia, e si ferma prima della faticosa missione diplomatica affidatagli da Pio V nel 1571, con la quale si concluderà la sua vita.
Il Diario è stato pubblicato in edizione critica e studiato dal p. Manuel Ruiz Jurado, ma, grazie a Borsari, ne abbiamo una prima presentazione sistematica e densa in lingua italiana, ricca di citazioni. L’A. ci guida a riconoscere due assi principali della spiritualità borgiana: cristologico e trinitario; e due devozioni caratteristiche: eucaristica e mariana. Ci fa apprezzare il rapporto continuo fra la preghiera del Santo e la successione del tempo liturgico, come pure il suo accento apostolico e pastorale.
In conclusione, si può concordare con l’A. che in Borgia si deve riconoscere una profonda e genuina impronta ignaziana, ma non priva di originalità. Un esempio di quest’ultima si ha nel suo atteggiamento spirituale della «confusione» (confusión), in cui convergono la conoscenza di sé e la consapevolezza della grandezza divina. La parola viene usata da Ignazio negli Esercizi spirituali (nn. 48; 193), ma in Borgia si ritrova come uno stile continuo, che accompagna la sua preghiera e tutta la sua vita, a partire dalla coscienza di essere peccatore guardando il Crocifisso e salendo fino alla commozione profonda e alla consolazione che sgorgano contemplando il mistero pasquale. «Da qui il suo stato di gratitudine permanente e la sua ansia fervente di seguire e imitare Cristo sempre di più, offrendo se stesso per vivere in Lui e morire per Lui» (p. 151). Sono queste probabilmente le pagine più belle del volume, che ci fanno comprendere definitivamente come vada «benintesa» la santità di Francesco Borgia.