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Il concilio di Shanghai, di cui nel 2024 si è celebrato il centenario, ha costituito un’importante svolta nei rapporti tra Cina e Chiesa cattolica, con l’affidamento al clero locale della guida della Chiesa in Cina. Tale svolta, tuttavia, non è stata sufficiente a dipanare le complessità del rapporto tra Cina e Santa Sede, che, seppur di antichissima data e risalente all’arrivo dei primi cristiani in Cina tra VI e VII secolo, è stato pesantemente condizionato dalle vicende storiche, politiche, economiche e culturali che hanno interessato il Paese. Una presenza, quella missionaria, che, oltre che a incidere sugli assetti geopolitici, potrebbe fungere per la comunità internazionale quale utile strumento di conoscenza e interazione con la Repubblica popolare cinese.
Un quadro puntuale su tali tematiche viene tracciato all’interno di questo volume, che raccoglie gli atti del ciclo di Seminari svolto presso il Dipartimento di Studi giuridici ed economici dell’Università degli Studi di Roma Sapienza, a cui hanno partecipato docenti e studiosi di prestigiose Università statali e pontificie.
Dei 10 saggi di cui è composto il volume, una parte offre un inquadramento di carattere generale, utile per comprenderne gli aspetti rilevanti, mentre l’altra parte costituisce il corpo del volume, concentrandosi sugli aspetti di dettaglio, che caratterizzano la storia di questo rapporto e, senza dubbio, sono utili per cogliere le sfumature e le differenti caratteristiche della vicenda.
Il pregio di questo volume è di aver sapientemente coniugato gli aspetti passati dei rapporti tra Cina e Santa Sede con la realtà presente. Tale peculiarità si evince in maniera più evidente nel saggio della curatrice Beatrice Serra, che focalizza l’attenzione sull’Accordo provvisorio del 2018 relativo alla nomina dei vescovi, indicando il percorso che ha condotto alla sua stipula e mettendo in evidenza il metodo e le motivazioni di fondo, nonché le opportunità riscontrate da entrambe le parti e le tortuosità. Viene tracciato un bilancio dei risultati ottenuti; vengono posti in evidenza anche i lati oscuri di tale rapporto e tratteggiate le prospettive future. Prospettive in cui la Cina, al pari dell’intera area dell’Estremo Oriente, costituisce un’importante terra di missione per la Chiesa cattolica, ma anche l’area nella quale si determinerà il futuro degli equilibri globali.
Un contesto peraltro caratterizzato dalla «trasformazione del paradigma della sovranità e dal rimescolamento delle sfere del sacro e del secolare» (p. 31), come viene illustrato nel saggio di Giuseppe D’Angelo, in cui il carattere della Santa Sede è definito «poliedrico e adattivo» (p. 31), in grado di rivendicare un nuovo ruolo sul proscenio internazionale. Un’abilità che, a ben vedere, ha da sempre contraddistinto l’agire della Chiesa cattolica negli scenari più impervi e in contesti storici del tutto particolari.
Caso emblematico che ci riporta al passato è quello analizzato da Alessandro Guerra sull’azione evangelizzatrice messa in campo dai missionari gesuiti Michele Ruggieri e Matteo Ricci in Cina, in un’epoca del tutto particolare, caratterizzata dalla Controriforma, con cui si chiedeva una maggiore uniformità, e dall’erosione del primato della Chiesa da parte degli Stati nazionali. Ebbene, nonostante le strettoie dettate dal contesto europeo, ma anche dall’impenetrabilità dell’Impero cinese, i missionari gesuiti furono capaci di individuare il solco attraverso cui penetrarvi e di trovare le giuste strategie con cui avvicinare l’Oriente, adeguando i modi di annunciare il Vangelo e smussando i profili identitari del cattolicesimo.
In un contesto come quello attuale, attraversato da una poderosa transizione geopolitica, l’accordo del 2018, oltre a costituire un banco di prova delle capacità diplomatiche della Santa Sede, potrebbe fungere da modello di riferimento per rafforzarne il ruolo sullo scenario internazionale.