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Libri
I gradi dell’umiltà e della superbia di Pasquale Maffeo

I gradi dell’umiltà e della superbia

Quaderno 4070 - pag. 198 - 199

21 Gennaio 2020


Bernardo di Chiaravalle (1091-1153) fu e rimane il più grande mistico cistercense: lo sapeva Dante, che lo scelse come guida per essere condotto a incontrare Dio. Egli fu un mistico che coniugava l’ora della sua profonda contemplazione e la proiettava a interagire polemicamente quando si calava nell’azione storica. Bernardo entrò nel monastero benedettino di Cîteaux, portandosi dietro il padre vedovo e quattro fratelli, persuasi aspiranti alla perfezione cristiana. È stato canonizzato nel 1174 ed è stato proclamato dottore della Chiesa.

Nel 1953, ricorrendo l’ottavo centenario della morte di Bernardo, Pio XII dedicò alla sua figura l’enciclica Doctor mellifluus, intesa a sottolinearne l’attualità e l’importanza nella vita della Chiesa in cammino. Ecco le parole del Papa: «Abbiamo rievocato alla nostra memoria la santa e venerabile vita di questo spirito eletto: come egli, sostenuto da una non comune prerogativa di grazia, […] irradiasse dappertutto nella Chiesa di Dio la luce della sua fede e della sua dottrina».

Il libro che esaminiamo presenta un triplice tema, secondo l’ordine proposto dall’autore. In primo luogo, ci sono I gradi dell’umiltà, enumerati da Bernardo su una scala in salita: «12) Manifestare sempre umiltà di cuore e di corpo, con gli occhi fissi a terra; 11) Dica il monaco poche e assennate parole, mai con voce alta; 10) Non sia facile né pronto al riso; 9) Tacere se non si è interrogati; 8) Rispettare ciò che richiede la regola comune del monastero; 7) Considerarsi e dichiararsi inferiore a tutti; 6) Riconoscersi e credersi inutile a tutti e indegno di tutto; 5) Confessare i peccati; 4) Per l’obbedienza, abbracciare pazientemente le difficoltà e le traversie; 3) Sottomettersi agli anziani in piena obbedienza; 2) Non amare la propria volontà; 1) Guardarsi dal peccato in ogni momento per timore di Dio. Questi gradi dell’umiltà sono disposti nell’ordine della salita. I primi due gradi devono essere ascesi fuori del ritiro monastico: da questo punto, chi sale al terzo grado deve sottomettersi a un superiore» (p. 78). Poi Bernardo definisce l’umiltà virtù che impone all’uomo di disprezzarsi per la piena conoscenza che ha di sé. Così, salendo di virtù in virtù, l’uomo raggiunge la cima dell’umiltà. Questa è la verità, ma deviano dal retto cammino coloro che abbandonano la verità.

In secondo luogo, viene considerata la superbia. Il suo primo grado è la curiosità: Eva fu curiosa e cadde nel peccato. Segue l’apostasia di Serafino, che si pone a cercare e conoscere ciò che è al di sopra di lui, e cade in basso. Lucifero, che sorgeva al mattino, non è più portatore di luce, ma corriere di tenebre e di morte, destinato a precipitare nell’abisso dell’eterna punizione. Il decimo grado della superbia è la «ribellione». L’undicesimo e il dodicesimo rivendicano la libertà di peccare e l’abitudine a commettere peccati.

La terza parte del libro tratta dell’amore di Dio. Fu il cardinale diacono e cancelliere della Chiesa romana Aimerico che chiese a Bernardo di scrivere sull’amore di Dio. Ripotiamo le affermazioni dello scrittore: «La ragione che ci spinge ad amare Dio è Dio stesso, e il modo è di amarlo senza misura». Un altro motivo che ci invita ad amare Dio è la certezza che egli ci ha amati per primo.

Il secondo capitolo presenta le «melegrane». Scrive l’autore: «Questi frutti sono quelli del melograno, che la sposa, introdotta nel giardino del suo amato, coglie dall’albero della vita, e che hanno preso il loro sapore dal pane celeste e il loro colore dal sangue di Cristo. Ella vede morta la morte, e l’autore della morte vinto trionfalmente dal vincitore. Vede dall’inferno sulla terra, e dalla terra in cielo, trascinata schiava la schiavitù, affinché, nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e nell’inferno».

Il terzo capitolo spiega in qual misura si deve amare Dio: «La misura con cui si deve amare Dio, è d’amarlo senza misura. Del resto, poiché l’amore che s’indirizza a Dio si indirizza all’immensurabile e all’infinito […], quale dovrebbe essere, io mi chiedo, il limite, o quale la misura del nostro amore? Non dimentichiamo poi che lo stesso amore da parte nostra non è un’offerta gratuita, ma una restituzione doverosa».

I nove capitoli del libro si snodano tutti sul filo rosso che conduce al Pantocratore.

BERNARDO DI CHIARAVALLE
I gradi dell’umiltà e della superbia – L’amore di Dio
a cura di GASPARE MURA
Roma, Città Nuova, 2019, 148, € 13,00.


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