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Elogio della città? di Danilo Campanella

Elogio della città?

Quaderno 4085 - pag. 436 - 437

7 Settembre 2020


Un interrogativo e una speranza compongono il titolo di questo libro di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale. In esso l’autore, come indica il sottotitolo, esplora l’ambiente urbano e il suo possibile passaggio da «luogo delle paure» a «comunità della gioia».

Perché «luogo delle paure»? Flick ricorda il crollo del ponte Morandi, a Genova, nell’agosto del 2018, che ha portato alla morte, alla perdita delle abitazioni, alla rottura delle relazioni degli abitanti rimasti offesi da quel tragico evento. Il 15 aprile 2019, a Parigi è bruciata parte della cattedrale di Notre-Dame. Undici giorni dopo, in Italia, a Foggia, un migrante è morto nella sua baracca abusiva, a causa di un incendio divampato nella stessa. Questi sono soltanto alcuni esempi… Ma la città è anche «luogo di speranza», perché in essa, sin dai primordi, l’umanità ha bivaccato, alla ricerca di pace e di sicurezza.

Nel primo capitolo l’autore analizza la città nella sua componente artistica e ingegneristica: l’architettura, vista come «un’arte di frontiera, contaminata da numerose e diverse discipline» (p. 11). Poi fa un’analisi della proprietà pubblica, che deve «superare gli schemi tradizionali del demanio e del patrimonio disponibile/indisponibile, a favore di una classificazione dei beni pubblici che muova dalle funzioni dello Stato e garantisca la migliore utilizzazione di quei beni per assolvere a tali funzioni» (p. 15). La città è una formazione sociale tra le più significative e, in quanto tale, deve essere considerata un bene comune. La proprietà privata, parimenti, dovrebbe essere valorizzata nelle sue componenti pubbliche e comuni, svolgendo, come vuole l’art. 42 della nostra Costituzione, la sua funzione sociale e di accessibilità a tutti. Si manifestano così i primi due aspetti della città che Flick vuole mettere in risalto: l’elemento pubblico e l’accessibilità.

Non solo: la città non è un totem eterno, un monolito che risponda sempre alle medesime funzioni, ma è piuttosto un lavoro sempre in corso. L’ambiente urbano è frutto dell’ingegno umano. Deve inserirsi all’interno e nel rispetto dell’habitat circostante e, come questo, mutare, a seconda delle esigenze umane e ambientali. La cultura umana è un fluire multiforme; così anche la città cambia nel tempo. La città, dunque, è «un insieme di tracce, di testimonianze, di iniziative accumulate nel tempo» (p. 25), e anche un percorso normativo, dal momento che essa si costruisce su quei mattoni invisibili che sono le leggi, necessarie a garantire il bene comune e la pacifica coabitazione dei cittadini all’interno del contesto urbano.

Vengono poi indicati i due modi per una riqualificazione della città: «Il primo è rappresentato dal superamento del tradizionale approccio esclusivamente urbanistico-edilizio conservativo per la trasformazione delle città, a favore di una prospettiva di più ampio respiro nel governo del territorio e nella programmazione e controllo del suo sviluppo economico e sociale […]. Il secondo interessa più direttamente il rapporto tra l’architettura e le regole giuridiche» (p. 27), mettendo al centro il progetto della persona umana.

Nei capitoli VI-IX, l’autore tratta dell’oggetto della paura e della speranza di un suo superamento, presentando episodi biblici (da Babele a Gerusalemme) e sviluppando una riflessione sulla giustizia.

Nel capitolo X, Flick si chiede quali debbano essere i confini della città, dello Stato, dell’Europa, e conclude: «Non confini, ma senza fini a favore dell’umanità e della dignità nella città, nello Stato, nell’Europa. Solo così si potrà superare la barricata della paura e della vergogna nei confronti dell’altro, del “diverso”» (p. 63).

GIOVANNI MARIA FLICK
Elogio della città? Dal luogo delle paure alla comunità della gioia
Milano, Paoline, 2019, 128, € 14,00.


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