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È la verità che fa liberi di Annalisa Latartara

È la verità che fa liberi

Quaderno 4068 - pag. 621 - 622

21 Dicembre 2019


Le fake news, o «bufale» nel gergo giornalistico italiano, non sono nate né con la carta stampata né con il web, ma appartengono all’origine dei tempi. Nel libro della Genesi, il serpente, «padre della menzogna», può essere considerato l’artefice della prima fake news. In epoche meno remote, i libri di storia raccontano dell’incontro Mussolini-Gandhi, riportato in maniera strumentale e distorta dai media, tanto da incidere negativamente sulla lotta per l’indipendenza dell’India.

Ma sono soprattutto i social a fare da cassa di risonanza e ad amplificare in modo esponenziale l’eco delle fake news e della violenza verbale. Essi sono i migliori alleati della «logica del serpente», che si insinua con facilità, divulgando notizie a volte totalmente false. Sono pseudo-notizie, che diventano virali, molto più di una smentita autorevole.

Sul fenomeno e sulle sue conseguenze pone l’accento il Messaggio di papa Francesco per la 52a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che è anche un appello ai giornalisti, un richiamo a un’etica della funzione e ad una «libertà responsabile».

Dall’intervento del Pontefice trae ispirazione questo testo a cura di Renato Butera e Paola Springhetti, che raccoglie contributi di docenti universitari, religiosi, esperti di comunicazione e giornalisti. Diversi sono gli aspetti approfonditi, con grande attenzione per l’etica, che deve caratterizzare il lavoro dei professionisti della comunicazione e dell’informazione in questo particolare momento di crisi epocale della carta stampata. Verità ed etica sono anche garanzia di libertà e di credibilità dei giornalisti e dei mezzi di informazione.

Ampio spazio viene dedicato all’attendibilità dei media, con statistiche e numeri che dovrebbero portare giornalisti ed editori a porsi delle domande. Infatti, come fa notare Andrea Melodia, sebbene Facebook sia considerata la seconda fonte di informazione dopo i Tg, «l’influenza sulle opinioni resta appannaggio soprattutto dei media tradizionali».

Pertanto, il ruolo dei giornalisti viene ancora riconosciuto, nonostante l’emorragia di copie dei giornali e le campagne denigratorie di chi propone la disintermediazione e l’illusione della democrazia diretta, riuscendo a raccogliere consensi. L’eliminazione dei corpi intermedi, nel campo della comunicazione, risponde a una precisa strategia raffinata e subdola: generare una comunicazione personalizzata, creare una situazione in cui l’utente viene inconsapevolmente ingabbiato in una «bolla», connesso con chi condivide idee e interessi analoghi.

È un sistema con logiche e obiettivi ben precisi, che crea una polarizzazione nel processo di formazione delle opinioni e, allo stesso tempo, attraverso gli algoritmi permette alle grandi aziende di acquisire miliardi di informazioni da utilizzare per orientare e manipolare opinioni, gusti, consumi e stili di vita. Quindi i big data non assicurano né verità né libertà, ma una globalizzazione basata sul profitto.

Nel testo non vengono trascurati gli aspetti positivi della comunicazione online, che ha cambiato radicalmente il modo di fare informazione, dando nuovi spazi e nuove opportunità di espressione e di partecipazione agli individui.

La proposta argomentata nella parte finale del testo – rivolta a giornalisti e ad aspiranti tali – è quella di promuovere un giornalismo di pace, dal quale sia­no bandite parole di odio e tentativi di manipolazione. Un giornalismo che, per richiamare le parole di papa Francesco, non dev’essere inteso come «buonista, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati», ma come «ostile alle falsità», «fatto da persone per le persone». Secondo il Pontefice, «il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone».

È la verità che fa liberi. Dalle fake news al giornalismo di pace per una informazione responsabile
a cura di RENATO BUTERA – PAOLA SPRINGHETTI
Roma, LAS, 2018, 324, € 23,00.


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