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Ad uso degli studenti, ma stimolante anche per i lettori più esperti, questo volume di Claudio Corradetti raccoglie alcuni saggi sul tema del linguaggio e dei diritti pubblicati in inglese nell’arco di un decennio e li rielabora nella forma di una monografia, affrontando così la sfida di una riflessione più organica e sistematica. Questa rielaborazione mantiene intatta la biografia intellettuale dell’autore che, nelle tre parti che compongono il libro, passa dalla filosofia del linguaggio (cfr Davidson, Putnam, Wittgenstein, Lakoff) alla filosofia politica (l’agire comunicativo di Habermas, il liberalismo di Rawls, l’oggettivismo di Nagel, solo per citarne alcuni) e discute la necessità di elaborare una costituzione dell’ordine giuridico internazionale che sia basata su un sistema di valori comuni.
L’autore sostiene «l’idea che i diritti umani esprimono un carattere epocale e rivoluzionario per la modernità. Essi costituiscono cioè elementi di autoriflessione dell’uomo moderno nell’intento di autodefinirsi quale soggetto degno di uguale rispetto» (p. 14). Lo scopo del volume consiste pertanto nel dimostrare che i diritti umani sono qualcosa di epocale e di rivoluzionario che è stato realizzato in un preciso momento storico, la modernità.
Il linguaggio, come strumento comunicativo e di ragionamento, permette di parlare di «libertà» e di «benessere» come «diritti umani». Sarà poi il rigore della giurisprudenza a organizzare tali diritti attraverso un ordinamento giuridico, anche in ambito internazionale. Per farlo, non ci si deve limitare a riconoscere e ad affermare i diritti umani, ma è necessario sottoporli a critica. Il fine è di arrivare a elaborare una visione del diritto capace di comprendere la varietà dell’esperienza: «universalismo pluralista» significa che i diritti non devono rimanere qualcosa di astratto, ma essere i più universali possibili, tenendo conto della pluralità dei bisogni e delle esperienze reali.
Nell’ultima parte del volume, l’autore riflette sulla necessità di individuare princìpi costituzionali a partire dai quali costruire un ordine giuridico internazionale. Quest’ultimo, infatti, ancora oggi si basa non su fondamenti comuni, limitandosi a farsi carico di vicende «particolari». L’assenza di una costituzione internazionale condivisa, fa notare Corradetti, rischia di trasformare la giurisprudenza in tecnicismo e di mettere in discussione la legittimazione delle istituzioni politiche. Un ostacolo all’elaborazione di diritti che siano realmente universali è costituito dalla pluralità delle fonti giuridiche, ma, nello stesso tempo, i tribunali internazionali nei quali si decide di casi particolari molto diversi tra loro sono una risorsa preziosa.
La trattazione si svolge su un piano teorico, in cui il riconoscimento dell’importanza di valori etici come base del diritto internazionale è lo strumento per superare il rischio di tecnicismo giuridico. Tuttavia, l’istanza etica non sfocia mai in una riflessione sulla dimensione umana. Affrontare la questione dei diritti umani all’interno della sola formulazione giuridica senza soffermarsi sull’«umano» del diritto rischia di rimanere una comprensione formale sia del diritto sia del soggetto. La rivoluzione del diritto, invece, è possibile anzitutto perché rivoluzionario è il modo di pensarsi del soggetto, e di pensarsi nel mondo.
CLAUDIO CORRADETTI
Diritti umani e teoria critica. Per un’idea di universalismo pluralista
Broni (Pv), Altravista, 2018, 400, € 33,00.