|
Seconda parte di una sorta di dittico, questo saggio prende le mosse da una constatazione che descrive con efficacia l’attuale condizione dell’individuo, il quale, travolto da una valanga di informazioni che non è poi in grado di collocare in un ordine imperniato su una scala di priorità, si vede costretto a fronteggiare un senso di ansia e di disorientamento. Si affievolisce intanto, a poco a poco, la sua capacità di riflettere, di esaminare e mettere in relazione i numerosi aspetti del reale.
Un simile disagio esistenziale induce Franco Ferrarotti a valutare le conseguenze determinate dal progresso tecnico sia nell’ambito sociale sia nella sfera psicologico-individuale.
Un’analisi, la sua, che implica la necessità di definire le condizioni in base alle quali l’avanzamento tecnologico si riveli non alienante e garantisca un equilibrio tra ragione ed emozione capace di favorire l’affermazione di un nuovo umanesimo. Tali condizioni sono presenti e trovano la propria sintesi nel concetto di «co-tradizione culturale», un’idea che, secondo l’autore, va intesa «non come eclettico sincretismo, bensì come incontro e sviluppo di fondamentali convergenze al di là di millenari privilegi e storicamente feroci intolleranze» (p. 7).
Si tratta quindi di individuare le affinità esistenti tra il sapere scientifico e quello filosofico-letterario. Un’operazione di capitale importanza, giacché ci troviamo nella cosiddetta «società irretita» – dominata da un’élite occulta, politicamente e moralmente irresponsabile –, nella quale i singoli risultano atomizzati, autoreferenziali, nonché in balia di un’accentuata emotività.
È questo il contesto in cui andrà proposta una concezione dell’umanesimo in quanto esperienza culturale, civile ed etica concepita globalmente, che sia capace di coinvolgere l’esistenza umana e di dare un significato alla sua presenza nel mondo, per giungere, gradualmente, a un nuovo antropocentrismo. Sarà allora possibile, per tutti noi, utilizzare le macchine senza esserne usati, né tanto meno asserviti, e riscoprire il valore della comune appartenenza al genere umano, passando così, conclude l’autore, «dall’hominitas all’humanitas» (p. 8); allora l’individuo – non più antropoide – riuscirà probabilmente a recuperare nella sua pienezza e complessità la propria vita interiore, la capacità di meditare su di sé e conversare con sé stesso, di rinunciare al superfluo e di concentrarsi sull’essenziale.
Questi, in conclusione, appaiono essere i tratti salienti della disamina di Ferrarotti: un’indagine alla quale va riconosciuto il grande merito di aver elaborato una pregevole pars construens che – si auspica – non manchi di suscitare la curiosità del lettore, né di stimolarne la riflessione.
FRANCO FERRAROTTI
Dalla società irretita al nuovo umanesimo
Roma, Armando, 2020, 144, € 12,00.