|
«Per quanto sia scontato dirlo, è vero che ciascun uomo è figlio del proprio tempo e forse solo dentro quel tempo può essere compreso (o non compreso)» (p. 5). Con queste parole Alberto Guasco, ricercatore presso il Cnr-Isem di Milano e docente di Storia della Chiesa presso la Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, apre il suo libro dedicato ad Antonio Maria Claret, un santo del XIX secolo, la cui figura è stata soggetta nel tempo a varie riletture.
Nato nel 1807 a Sallent in Catalogna, Claret in gioventù fu operaio tessile, divenne poi sacerdote e missionario, fondatore dei Figli del Cuore Immacolato di Maria, arcivescovo di Santiago di Cuba – nomina accettata dopo ripetuti rifiuti –, e visse per alcuni anni nell’isola, operando instancabilmente e con successo il risanamento morale dei fedeli. Scrittore ed editore, padre del Concilio Vaticano I, confessore alla corte di Spagna, morì nel 1870, all’età di 62 anni, nel nascondimento del monastero francese di Fointfroide, dove aveva trovato rifugio mentre una persecuzione imperversava contro di lui.
Il libro si articola in quattro sezioni, che scandiscono le tappe principali della vita di Claret: «La formazione» (1807-39); «Misionero» (1840-50); «Arcivescovo di Cuba» (1851-56); «Da Madrid al Vaticano» (1857-70).
Gli ampi stralci dell’autobiografia di Claret, disseminati tra le pagine del volume, contribuiscono ad avvicinarlo al lettore, permettendo a quest’ultimo quasi un contatto diretto con la sua personalità e sensibilità. D’altronde, ogni vita si scrive nella storia, si dispiega e si realizza a confronto con la mentalità dominante, con i progressi e i regressi del suo secolo. Ed è forse proprio grazie all’attenzione dell’autore per il contesto in cui Claret si formò e operò che la santità di un uomo tanto distante da noi nel tempo può diventare di stimolo per una fede profonda e creativa ancora oggi. Infatti, come allora, anche oggi non mancano conflitti di potere, corruzione ed epidemie, né una certa immoralità dilagante tra gli stessi battezzati, che Claret, ai suoi tempi, seppe sconfiggere con la forza della predicazione, dei sacramenti e della fede. Si direbbe, dunque, che il Claret delle pagine di Guasco possa far riflettere a lungo i cristiani di oggi.
Non possono che suscitare ammirazione la frequentazione assidua, da parte del santo, della parola di Dio, segno della costante ricerca di intimità con Cristo; la fedeltà alla Chiesa; lo zelo missionario; il senso di responsabilità così radicato; la carità evangelica; il coraggio di scelte sofferte per la gloria di Dio e la salvezza degli uomini, senza lasciarsi frenare dalla paura e dalle estreme fatiche della missione, né abbattere dalle condizioni deplorevoli dei fedeli, assieme alla sua capacità di servirsi in modo intelligente della buona stampa. Inoltre, il suo motto, tratto da san Paolo, charitas Christi urget nos, ancora oggi continua «a far pensare, a mettere inquietudine, a suscitare domande» (p. 18).
Nella postfazione, le affermazioni di Gonzalo Fernández Sanz, vicario generale dei missionari clarettiani, confermano l’attualità di Claret, quando lo definiscono «un missionario e un pastore che seppe molto di periferie geografiche ed esistenziali, e che – per dirla con una espressione popolare di papa Francesco – aveva addosso “l’odore delle pecore”».
ALBERTO GUASCO
Claret Antonio Maria
Verona, Emi, 2020, 144, € 12,00.