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Cieli in contraddizione di Roberto Timossi

Cieli in contraddizione

Quaderno 4059-4060 - pag. 341 - 342

2 Agosto 2019


Nel 1543, a Norimberga veniva pubblicata per la prima volta per esteso l’opera di Niccolò Copernico (1473-1543) De Rivolutionibus Orbium Coelestium, che, com’è noto, conteneva l’ipotesi di un cosmo eliocentrico. Tra il geocentrismo tolemaico e l’eliocentrismo copernicano tentò di inserirsi l’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) con quello che venne definito «terzo sistema del mondo», ovvero «sistema tychonico». La sua teoria cosmologica sosteneva che la terra era al centro dell’universo, con il sole, la luna e le stelle in moto rotatorio intorno ad essa, mentre gli altri cinque astri allora conosciuti (Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno) ruotavano intorno al sole, e quindi mantenevano soltanto indirettamente il nostro pianeta quale fulcro rotatorio.

In quello che Galileo Galilei chiama Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo intervennero, tra il XVI e il XVIII secolo, svariate figure di astronomi che erano anche teologi, e di teologi che erano anche astronomi, a iniziare dai padri gesuiti. Tra questi ultimi ci fu chi addirittura giunse a proporre un proprio autonomo sistema cosmologico sulla falsariga di quello tychonico, che evidentemente non ebbe fortuna, ma forse proprio per questo merita di essere storicamente ricordato. Stiamo parlando del gesuita emiliano Giovanni Battista Riccioli (1598-1671), il quale nei suoi trattati astronomici si dimostrava critico nei confronti del copernicanesimo e prospettava una sorta di rimodulazione del modello tychonico, tentando di salvare quanto più possibile del geocentrismo, dal momento che reputava assurda l’idea stessa del movimento della terra nello spazio.

Egli non era il primo a cimentarsi in una simile operazione, ma sicuramente risultava tra tutti il più originale e fedele all’obiettivo aristotelico di «salvare i fenomeni» che si osservavano nella volta celeste, battendo una via intermedia tra il sistema cosmologico egizio (conosciuto tramite le note enciclopediche di Marziano Capella) e quello di Tycho Brahe.

Di questo contributo alla cosmologia seicentesca e della figura del suo autore si è purtroppo in gran parte persa la memoria, ma essi ora ci vengono opportunamente riproposti da Flavia Marcacci, docente di Storia del pensiero scientifico alla Pontificia Università Lateranense.

Nel saggio vengono innanzitutto descritti i modelli cosmologici scaturiti dalla cosiddetta «rivoluzione copernicana»; quindi si entra nel merito dell’«emblematico caso» dell’astronomo gesuita, mettendo in luce come egli non soltanto abbia portato un contributo al dibattito sulla struttura dell’universo al suo tempo conosciuto, ma sia stato anche un fine teologo e un tenace sostenitore del ruolo fondamentale delle osservazioni empiriche e delle dimostrazioni fisiche in campo scientifico.

Per i filosofi e gli storici attenti al cambiamento di paradigma scientifico verificatosi con il passaggio dal sistema tolemaico a quello copernicano, e per tutti coloro che sono interessati ad approfondire, oltre il trito «caso Galilei», quanto avvenne tra il Cinquecento e il Seicento nel rapporto tra scienza e teologia, la figura di p. Giovanni Battista Riccioli risulterà davvero una proficua e piacevole (ri)scoperta.

FLAVIA MARCACCI
Cieli in contraddizione. Giovanni Battista Riccioli e il terzo sistema del mondo
Perugia, Aguaplano, 2018, 260, € 20,00.


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