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In una fredda serata di inizio primavera, nel 2014, un gruppo di circa 50 persone ha indossato magliette blu e si è radunato sul marciapiede antistante la sede centrale di una nota banca statunitense. Avevano fiaccole accese, e numerosi clienti della banca hanno raccontato storie di prestiti da strozzinaggio, di disorganizzazione e negligenza che li avevano sommersi di debiti ed esposti a ingiusti pignoramenti, specialmente tra i clienti delle comunità di colore.
Verjie, un infermiere, parla in un megafono. Ha vissuto a Cambria Heights, nel quartiere del Queens, a New York, per quasi vent’anni. Immigrato da un Paese caraibico, parla l’inglese come seconda lingua. Quando, nel 1997, lui e la moglie hanno acquistato una casa, hanno ottenuto un mutuo a un tasso di interesse molto alto, l’11% (il tasso normale va dal 6 al 9%). Nel 2000 sua moglie è morta. Verjie ha presentato la documentazione per trasferire il prestito a suo nome, ma la cosa non è mai andata in porto. Egli ha comunque rispettato le scadenze dei pagamenti per i successivi 12 anni, fin quando si è infortunato e ha dovuto smettere di lavorare. Siccome non era più in grado di pagare per intero le rate da versare sul restante saldo di 90.000 dollari, ha chiesto di modificare le condizioni del mutuo. Ma la banca ha replicato che non poteva trattare con lui, dato che il suo nome non compariva sull’intestazione del prestito. Nel corso dei due anni successivi, mentre lui cercava di risolvere la questione, le commissioni e gli interessi si erano accumulati, e il saldo del mutuo era cresciuto fino a 120.000 dollari. A quel punto la banca ha avviato la procedura di esproprio. Il creditore lo ha preso di mira e ha cercato di portargli via la sua casa.
Nella Bibbia viene raccontato un episodio analogo. In 2 Re 4,1-7 un creditore se la prende con una vedova. Suo marito è morto, e lei non può pagare il suo debito, sicché il creditore minaccia di prendersi i suoi figli come schiavi. Di fronte a questa situazione disperata, lei va dal profeta Eliseo, e grida e manifesta la propria rivendicazione davanti a lui: il marito temeva Dio e aveva servito Eliseo. Come risposta, il profeta la istruisce sul modo di risolvere la crisi; si verifica una miracolosa moltiplicazione dell’olio, e il problema viene risolto. Il racconto fa parte di una serie di eventi miracolosi narrati in 1 e 2 Re, che hanno come protagonisti Elia ed Eliseo.
In questa storia particolare il solo personaggio di cui si fa il nome è Eliseo: al centro della narrazione ci sono lui e i suoi poteri straordinari[1]. La storia rientra nel genere leggendario, finalizzato principalmente al «meraviglioso, miracoloso, esemplare», per invitare al rispetto verso gli uomini santi[2]. Secondo Walter Brueggemann, storie miracolose come quella di 2 Re 4,1-7 avevano come principale scopo narrativo quello di «migliorare la reputazione, il potere e l’autorità del profeta»[3]. Nel racconto la donna non ha un nome: questo indica una mancanza di status, e il termine «vedova» viene utilizzato in senso descrittivo per rappresentare un più vasto gruppo sociale.
Tuttavia, una lettura più attenta del testo mostra che forse l’eroe celebrato – l’uomo profetico, prestigioso e potente – ha svolto un ruolo secondario nella realizzazione del miracolo. La vedova senza dubbio ha sperimentato una straordinaria trasformazione, ma chi l’ha provocata? Anche Verjie ha ottenuto – dopo qualche tempo – un’equa risoluzione della sua protesta, ma a chi ne va attribuito il merito? A volte i veri eroi ricevono scarso credito, anche se il cambiamento non sarebbe potuto avvenire senza di loro.
L’Israele del IX secolo
Il racconto della vedova e dell’olio di 2 Re 4,1-7 è ambientato nell’Israele del IX secolo, dopo la divisione nei regni del Nord e del Sud avvenuta al tempo del re Roboamo. Quell’epoca è stata caratterizzata da un regime monarchico sempre più egemonico, che ha visto la dinastia omride al potere per diverse generazioni[4]. Dopo aver preso il potere con un colpo di Stato – probabilmente nel 884 a. C. –, Omri iniziò a stringere rapporti con i gruppi non israelitici, come quelli che popolavano la Fenicia, al fine di rafforzare il suo potere politico ed economico e per scongiurare la minaccia dell’espansione dell’Impero assiro[5].
Come accade spesso nelle società rurali, i contadini costituivano il più grande gruppo sociale nell’antico Israele, e il loro sfruttamento aumentò sotto la tirannia omride. In un regno diviso, i governanti avevano minori risorse, ma le loro spese restavano ingenti, e ciò conduceva a una tassazione e a un asservimento onerosi. Mentre le élites si accaparravano le terre per trarne profitti e godevano di lussi sfrenati, i contadini lottavano per sopravvivere e le famiglie erano costrette a indebitarsi. Il debito creava altre vie di sfruttamento. Poiché difficilmente i contadini potevano rimborsare i prestiti, i creditori accrescevano i tassi di interesse[6].
Il racconto di 2 Re suona piuttosto familiare alle orecchie di un lettore critico contemporaneo. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno vissuto un periodo di recessione economica e una crisi dei mutui che hanno messo sul lastrico molte persone. La storia di Verjie non è un caso isolato. Troppe persone sperimentano l’accanimento dei creditori. In alcuni casi, il titolare del mutuo muore e la vedova o il vedovo non è in grado di sostenere l’onere dei pagamenti. Più spesso le persone soccombono ai prestiti che hanno contratto perché si ammalano, non possono lavorare e combattono contro le spese straordinarie delle cure mediche. La morte del coniuge segna il culmine di una crisi economica, non la sua origine. Nella disperata ricerca di aiuto, le persone vanno dal loro fornitore di servizi di prestito per chiedere assistenza. Troppo spesso, però, la banca è molto lenta o riluttante nell’aiutarle a evitare l’insolvenza. Nel frattempo, le tasse e gli interessi si accumulano.
Nell’Israele del IX secolo, i profeti rappresentavano autorità alternative per la gente oppressa delle comunità rurali. Essi avevano rafforzato l’identità yahwistica di tali comunità, che resistevano sia alla sempre più forte egemonia monarchica sia alle crescenti alleanze internazionali con i non israeliti.
I racconti dei miracoli di Elia ed Eliseo sono caratterizzati da questa opposizione alla monarchia. Nella sua analisi sociale e culturale dell’Israele del IX secolo, con particolare riferimento alle dinamiche del potere tra i governanti e i contadini, Tamis Rentería sostiene che questi racconti probabilmente sono stati redatti dopo la rivoluzione di Ieu. Costui, un capitano dell’esercito che rovesciò la dinastia omride, probabilmente aveva sostenuto il movimento di Elia-Eliseo per legittimare il proprio potere. Aveva un interesse politico per queste vicende di gruppi oppressi, come i contadini e le vedove[7]. Tali gruppi avevano un analogo interesse a rivendicare il sostegno di un profeta, perché soltanto un rapporto con una persona potente come Eliseo poteva dare forza alla loro causa.
Grida di giustizia
Durante la dinastia omride le vedove giovani erano un fenomeno comune, e queste donne erano più esposte al rischio di patire la fame e varie forme di sfruttamento economico. Poiché gli uomini spesso dovevano svolgere compiti pericolosi, come le guerre o la costruzione di palazzi o di altre strutture complesse, rischiavano la morte; e se morivano, sulla vedova ricadeva il peso aggiuntivo dei debiti[8].
Quando il creditore se la prese con la donna di 2 Re 4,1-7, la situazione divenne insostenibile per lei: non c’era via di uscita. Come si fa a fronteggiare situazioni come queste? Si direbbe che le uniche risposte siano la paralisi e la rassegnazione. Ma non è stato così per questa donna.
La prima azione del racconto, quella che dà l’avvio a tutto ciò che segue, è il fatto che la donna ha «gridato» a Eliseo. Questa azione – nel suo tono disperato, grave e drammatico – è significativa. In molti quartieri borghesi negli Stati Uniti la gente tende a non «gridare», almeno in pubblico, soprattutto per quanto riguarda la rivendicazione di diritti fondamentali come l’alloggio, il cibo e la libertà personale. Le persone si sforzano di essere educate e gentili tra loro. Sentimenti come rabbia, frustrazione e disagio spesso vengono repressi. Sicché, quando la rabbia e la disperazione di una persona trovano voce – quando qualcuno «grida» –, la cosa può apparire inopportuna.
Nella Bibbia ebraica troviamo 55 occorrenze del verbo tsaaq[9]. Esso può significare «gridare», «chiamare», «convocare» o «fare appello». Per lo più, nella nuova Bibbia americana e in altre versioni moderne, questo verbo viene tradotto con «gridare», come in 2 Re 4,1. La prima occorrenza di tsaaq è forse la più insolita nella Bibbia ebraica: a gridare non è una persona, ma il sangue di Abele dalla terra (cfr Gen 4,10). Questo verbo viene usato, nella maggior parte dei casi, quando una persona o un gruppo sta vivendo gravi difficoltà, e quindi chiede aiuto per la disperazione. Quando l’Egitto venne colpito dalla fame, il popolo «gridò» al faraone, chiedendo pane (cfr Gen 41,55). Quando il faraone smise di fornire la paglia per fabbricare i mattoni, ma pretese lo stesso livello di produzione, i capipopolo israeliti «gridarono» al faraone: «Perché tratti così noi tuoi servi?» (Es 5,15). Di fronte alla terribile carestia, alla fame straziante e alla prospettiva di vedere i propri figli resi schiavi, una donna «gridò» al re di Israele che salvasse lei e un’altra madre che si trovava nella stessa situazione (cfr 2 Re 6,26).
In almeno due occorrenze di tsaaq, il Signore fa promesse di giustizia e di misericordia. Nell’alleanza sul monte Sinai, Dio dice a Mosè che, se il popolo farà un torto qualsiasi a una vedova o a un orfano e questi «invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido» (Es 22,22). Il Signore afferma che, se qualcuno sottrarrà ingiustamente a un uomo il suo unico mantello, quando questi «griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso» (Es 22,26).
Nel Deuteronomio leggiamo questa prescrizione: «Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con lei, […] li lapiderete a morte: la fanciulla perché, essendo in città, non ha gridato…» (Dt 22,23-24). In questo caso, la mancata resistenza verbale a un atto malvagio è considerata un male.
Viene il creditore
Questi episodi ci forniscono il contesto religioso e letterario per comprendere il grido della vedova in 2 Re 4,1-7. Nel primo versetto il lettore apprende che la donna è stata colpita da due eventi drammatici; lei grida a Eliseo: «Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini» (2 Re 4,1). Non soltanto la donna ha perso il marito, ma ora rischia di perdere anche i figli. In effetti, ciò sembrava inevitabile. Quando il creditore era venuto a bussare alla sua porta, sembrava che lei non avesse alcun altro mezzo per pagare il debito.
Poiché vengono messi in primo piano il potere di Eliseo e la rapida soluzione della crisi, il lettore potrebbe sottovalutare la minaccia del creditore, potrebbe facilmente lasciarsi alle spalle la parola «creditore», senza fermarsi molto a riflettere circa la sua natura e le sue implicazioni.
Quando si legge questa storia di 2 Re, che cosa si nota innanzitutto? Verrebbe da dire: gli atti eroici della donna. Costei si avvicina a Eliseo e gli fa una domanda coraggiosa. Esce di casa e va dai vicini a chiedere vasi vuoti. Versa l’olio e avviene il miracolo. Salva se stessa e i suoi figli. Non è forse questa la storia che le persone perbene desiderano ascoltare? Una donna in gravi difficoltà supera gli ostacoli e ottiene il successo. Se è in grado di farlo lei, possono riuscirci anche gli altri.
Questo racconto evita, tuttavia, alcune domande critiche circa il creditore e le sue azioni, e sul motivo per cui questa parte della storia non ha catturato subito la nostra attenzione. Per esempio: le azioni del creditore sono consentite dalla legge israelitica, ma la legge è giusta? La legge libera, oppure opprime? Nella cornice di questa particolare storia biblica, l’autore descrive le azioni di un creditore privo di qualsiasi senso morale. Dovremmo interrogarci sulle ragioni di tale carenza, e sull’esperienza di una madre che si trova di fronte a un creditore che rivendica i suoi figli. Riusciamo a percepire veramente che cosa è in gioco, per la donna, in questo episodio?
Papa Francesco ha più volte parlato della sfida della globalizzazione dell’indifferenza e del bisogno di piangere, piangere per davvero, quando si incontra la sofferenza di un’altra persona. L’ha detto quando ha visitato l’isola di Lampedusa, nei cui pressi migliaia di migranti sono morti in mare. Poi, nel suo viaggio apostolico in Bangladesh, ha commentato in particolare il dibattito pubblico su come salvare le banche. «Il problema è la salvezza delle banche. Ma chi salva la dignità di uomini e donne oggi? La gente che va in rovina non interessa più a nessuno. Il diavolo riesce ad agire così nel mondo di oggi. Se noi avessimo un po’ di senso del reale, questo dovrebbe scandalizzarci. Lo scandalo mediatico oggi riguarda le banche e non le persone. Davanti a tutto questo dobbiamo chiedere una grazia: quella di piangere. Il mondo ha perso il dono delle lacrime»[10].
Diversi fattori potrebbero spiegare perché a qualcuno risulta difficile entrare in empatia con la situazione della vedova di 2 Re 4. In primo luogo, il lettore potrebbe non essere sposato e non avere mai provato il dolore per la perdita del coniuge. La morte ha mai toccato in profondità il lettore a livello personale?
In secondo luogo, il lettore ha dei figli? Se non si comprende la responsabilità di prendersene cura, l’amore di un genitore per i suoi figli e l’istinto protettivo che l’accompagna, sarà difficile immaginare che cosa si provi di fronte alla prospettiva di vedersi sottrarre i propri figli.
Terzo: il lettore ha mai affrontato gravi debiti o le minacce di un creditore? A questo proposito, alcune persone sono particolarmente privilegiate: ad esempio, quelle che fanno parte di comunità religiose. Il lettore ha mai acceso un mutuo per acquistare una proprietà, una casa, o per avviare un’attività lavorativa? Per alcuni lettori, dunque, la parola «creditore» potrebbe non suscitare brutti ricordi né provocare ansia. Per loro è un termine neutro, non è carico di significato. Sicché si potrebbe non capire quanto sia terrificante essere assillati da un creditore, come avviene in questo racconto biblico.
Se chi legge il racconto trascura la posizione del creditore, allora è probabile che passi sopra alle odierne pratiche predatorie dei prestiti. Ci preoccupiamo forse della realtà dei pignoramenti nelle pratiche aziendali di tante grandi banche? Per molti americani, basta avere un conto in banca e una carta di credito appoggiati sulla filiale più vicina, e non desiderano sapere altro. Qualcuno forse non giungerà mai a sviluppare una visione critica sulle banche o sul creditore di questo racconto biblico, se non ascolta prima persone come Verjie. Perciò occorre fare i conti con queste storie, sentire che cosa significa affrontare la minaccia di un creditore, ascoltare una persona sfruttata che «grida», chiedendo giustizia.
«Che cosa hai?»
Quando la vedova si avvicina a Eliseo e si mette a gridare esponendo il suo caso, lui chiede: «Che cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa» (2 Re 4,2). Dopo che lei ha risposto di avere soltanto un orcio d’olio, Eliseo dice: «Va’ fuori a chiedere vasi da tutti i tuoi vicini: vasi vuoti, e non pochi! Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli. Versa olio in tutti quei vasi e i pieni mettili da parte» (2 Re 4,3-4).
La donna non ha soltanto un orcio d’olio. In primo luogo, ha abbastanza coraggio per affrontare il profeta e prendere l’iniziativa di opporsi all’ingiustizia. In secondo luogo, ha dei vicini, che sono disposti ad aiutarla fornendole i vasi vuoti[11]. Senza il suo coraggio e senza l’aiuto dei suoi vicini non avverrebbe alcun miracolo.
Analogamente, chi si contrappone da solo a una grande banca, o a un sistema ingiusto, ha ben poche possibilità di rimediare alla propria situazione. Può fare una telefonata o scrivere un reclamo, ma probabilmente la banca non ne terrà conto. «Non concluderà un bel niente», spiega Karen Gargamelli, che ha lavorato nell’ufficio prevenzione sfratti dell’organizzazione senza scopo di lucro Common Law, Inc. Quest’ultima ha contribuito a realizzare la manifestazione in cui ha parlato Verjie. «È impossibile. Se una persona sola impugna un cartello – ha detto –, non succede nulla. Le sue grida se le porta il vento»[12].
Davanti alla vedova in crisi, Eliseo non rimedia di tasca sua alle necessità della vedova; invece le chiede che cosa possiede: «Dimmi che cosa hai in casa». Vuole sapere che cosa lei può dare per contribuire a risolvere la situazione.
Che cosa possono offrire Verjie e gli altri «resistenti al pignoramento» (il gruppo è noto con questo nome)? La comunità offre sostegno emotivo. È fonte di consolazione e di conforto. Così si costituisce la solidarietà, che induce a resistere. I «resistenti» iniziano a sostenersi a vicenda e, in quanto gruppo, diventano molto più forti. Non sono più individui soli e disperati che gridano al vento, ma almeno 50 persone che fanno una manifestazione davanti alla sede centrale, chiedendo di essere ascoltate.
Dopo che la vedova ha ricevuto da Eliseo le istruzioni su ciò che doveva fare, il testo dice semplicemente: «Si allontanò da lui» (2 Re 4,5). Da quel momento in poi fa tutto la vedova. Si procura i vasi vuoti. Li porta a casa e chiude la porta. Versa l’olio. Si realizza il miracolo.
Nella storia dei «resistenti al pignoramento» è Verjie che compie il miracolo. È andato da Common Law e ha detto che bisognava fare qualcosa. Ha coraggiosamente raccontato la sua storia a 50 persone radunate davanti alla banca. L’ha raccontata poi ad altre persone, e queste si sono aperte e hanno accolto la sua storia e le storie di altri. Le storie si sono moltiplicate e amplificate, e così stanno cambiando le cose.
Conclusione
Il ruolo fondamentale della vedova nella realizzazione del miracolo è chiaro, ma il versetto finale del racconto contiene un’inclusione, per evidenziare la sostanza del miracolo[13].
Una volta che la vedova ha informato Eliseo che tutti i contenitori vuoti sono stati riempiti di olio, il profeta le dice: «Va’, vendi l’olio e paga il tuo debito; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà» (2 Re 4,7). Ricordiamo che cosa aveva detto la vedova a Eliseo nel versetto iniziale della storia: «Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini» (2 Re 4,1).
L’inclusione aiuta il lettore a riconoscere la totale trasformazione della situazione di questa vedova: dalla morte alla vita. Suo marito era morto, e poi il creditore era venuto a prendersi i suoi figli: un altro tipo di morte.
Tuttavia, alla fine della storia, la vedova ha una quantità di olio sufficiente a ripagare il debito, a mantenere i propri figli e a provvedere al loro sostentamento. È lei che è stata iniziatrice e attrice primaria di tale trasformazione. È stata attrice «principale», non esclusiva, perché da sola non avrebbe potuto farcela. Aveva bisogno delle istruzioni di Eliseo e degli orci vuoti dei suoi vicini. Si è trattato di uno sforzo congiunto. Nel contesto di oppressione economica nell’Israele del IX secolo, questa storia avrebbe dimostrato la forza di un gruppo che opera insieme e i frutti della collaborazione con un profeta; avrebbe sviluppato la possibilità e l’immaginazione della gente e incoraggiato altre donne bisognose[14]. Il coraggio e l’iniziativa di quella vedova potevano essere di esempio per altri.
Nella veglia con la fiaccolata, di cui abbiamo parlato all’inizio, la voce collettiva del gruppo ha trasformato subito la situazione. Un dipendente della banca ha visto ciò che accadeva, ha preso un volantino e lo ha inviato via fax a un dirigente. Il giorno seguente, il direttore della banca ha chiamato Common Law e ha chiesto i nomi e l’entità dei prestiti dei manifestanti. La forza della comunità ha attirato una certa attenzione mediatica: tre giorni dopo, la vicenda è stata riportata su un importante giornale, e un nuovo finanziatore si è fatto vivo per sostenere il lavoro di Common Law.
La veglia ha attirato anche l’attenzione delle Province dei gesuiti degli Stati Uniti che possiedono azioni delle principali banche. Queste Province fanno parte di un gruppo di tutela degli azionisti volto a sfruttarne la forza contrattuale per promuovere politiche e procedure aziendali eque e responsabili. Con la mediazione dei gesuiti, alcuni dei «resistenti al pignoramento» hanno partecipato alla successiva assemblea degli azionisti della banca, che ha avuto luogo poche settimane dopo la fiaccolata.
Per vari mesi i funzionari della banca hanno ribadito che, secondo la loro politica aziendale, una volta avviata la procedura di pignoramento, non era più possibile introdurre modifiche nelle condizioni del prestito. Tuttavia, nell’assemblea degli azionisti l’amministratore delegato ha offerto un’opportunità a sette dei «resistenti al pignoramento». Di conseguenza, la banca ha mutato la propria politica, e tre «resistenti al pignoramento» hanno ottenuto modifiche delle condizioni. Essi sono stati i primi clienti nel Paese a trarre vantaggio dalla nuova politica, che consente di apportare modifiche anche dopo la messa in mora. Tra loro c’era Verjie, il quale ha finalmente ottenuto che il mutuo fosse intestato a lui. Ha ricevuto dapprima una modifica temporanea delle condizioni per tre mesi, che poi è diventata permanente; la banca inoltre si è fatta carico di 3.500 dollari del prestito a titolo di riparazione per gli errori commessi nella gestione della sua pratica. I miracoli avvengono ancora oggi.
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CONFRONTING AN UNJUST SYSTEM. The widow of the second Book of Kings
The banks in the United States make billions of dollars in annual profit, while the mortgage crisis, the economic recession and the various scandals have only proved to be minorincidents along the way. Yet, as a consequence of these events, many people have found themselves suffocated by debt and subjected to unjust foreclosures, especially in the communities of color. In 2 Kings 4:1-7 a creditor goes to a widow and threatens to enslave his children. She cries out to Elisha, and a miraculous multiplication of oil takes place, which allows the debt to be repaid. The widow, who initiated this change and was its primary protagonist, had courage and a spirit of initiative, and for us she is an example to follow.
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[1]. Cfr R. E. Brown – J. A. Fitzmyer – R. E. Murphy (eds), The New Jerome Biblical Commentary, Englewood Cliffs (NJ), Prentice Hall, 1990, 176.
[2]. Cfr R. P. Knierim – G. M. Tucker, «Glossary of Genre Terms», in 2 Kings. Vol. X: The Forms of the Old Testament Literature, a cura di B. O. Long, Grand Rapids (MI), Eerdmans, 1991, 304. John David Pleins scrive che i profeti sono «uomini dal potere quasi-sciamanico». Per esempio, un profeta è chiamato un «uomo di Dio», reca messaggi divini, ha discepoli e opera miracoli: cfr J. D. Pleins, The Social Visions of the Hebrew Bible: A Theological Introduction, Louisville (KY), Westminster John Knox Press, 2001, 112.
[3]. W. Brueggemann, 2 Re, Atlanta, John Knox, 1982, 17.
[4]. Cfr T. H. Rentería, «The Elijah/Elisha Miracle Stories: A Socio-Cultural Investigation of Prophets and People in Ninth-Century Israel», in Elijah and Elisha in Socioliterary Perspective, a cura di R. B. Coote, Atlanta, Society of Biblical Literature, 1992, 80; 85.
[5]. Cfr ivi, 75; 85 s.
[6]. Cfr ivi, 93 s.
[7]. Cfr ivi, 75; 92-95.
[8]. Cfr ivi, 114 s.
[9]. Cfr biblehub.com/interlinear
[10]. Francesco, «Essere nei crocevia della storia. Conversazioni con i gesuiti del Myanmar e del Bangladesh», in Civ. Catt. 2017 IV 519-532.
[11]. Roland de Vaux suggerisce che i vicini potrebbero essersi sentiti in obbligo di aiutare la vedova a causa della legge religiosa o della tradizione etica che richiedeva di prendersi cura delle vedove in difficoltà. Cfr R. de Vaux, Ancient Israel: Its Life and Institutions, Grand Rapids (MI), Eerdmans, 1997, 40.
[12]. Intervista con l’autore, del 24 novembre 2014.
[13]. Una «inclusione» è un artificio letterario in cui una parola o una frase viene ripetuta all’inizio e alla fine di una narrazione per illustrarne il significato.
[14]. Cfr T. H. Rentería, «The Elijah/Elisha Miracle Stories…», cit. 97; 109.