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Molte persone singole e intere comunità vogliono proteggere l’ambiente da ogni tipo di sfruttamento senza limiti e dalla distruzione ingiustificata. Il loro impegno non è apprezzato da tutti. Spesso esse devono affrontare resistenze forti e violente.
Martiri per proteggere la nostra casa comune
In Africa, un esempio tragico è quello di Ken Saro-Wiwa (1941-95), scrittore nigeriano, produttore televisivo, attivista ambientale e membro del popolo ogoni nel delta del Niger. In quell’area, a partire dagli anni Cinquanta, l’estrazione del petrolio a opera della compagnia Shell causò gravissimi danni ambientali. Portavoce e presidente del Movimento per la sopravvivenza del popolo ogoni (Mosop), Saro-Wiwa guidò una campagna nonviolenta contro il degrado ambientale della terra e delle acque. Critico del governo nigeriano, fu processato da un tribunale militare e impiccato nel 1995. L’indignazione internazionale per la sua esecuzione provocò la sospensione della Nigeria dal Commonwealth delle Nazioni per oltre tre anni[1].
In Brasile, un altro esempio è quello di Dorothy Stang (1931-2005), suora e attivista ambientalista statunitense, appartenente alla Congregazione delle Suore di Notre Dame de Namur. Ad Anapu, nello Stato di Pará, dove viveva e lavorava, contribuì a fondare il progetto per lo sviluppo sostenibile denominato Esperança («Speranza»). A causa della sua dedizione nel servire i poveri e nel proteggere l’ambiente, dopo aver ricevuto numerose minacce di morte da parte di imprese che disboscavano e di proprietari terrieri, nel 2005 fu assassinata da sicari assoldati da coloro i cui interessi finanziari erano minacciati dal suo impegno ambientalista[2].
Nel 2011, nello stesso Stato brasiliano di Pará, José Cláudio Ribeiro da Silva e sua moglie, Maria do Espírito Santo da Silva, furono uccisi in un’imboscata nella città di Nova Ipixuna. Da Silva era uno dei leader della sua comunità e criticava con forza la deforestazione dell’Amazzonia, in progressivo aumento.
Nel 2015, nello Stato settentrionale brasiliano di Maranhão, l’ambientalista Raimundo Santos Rodrigues fu ucciso per la sua sollecitudine nella protezione della foresta amazzonica orientale da imprese che disboscavano, da latifondisti che si appropriavano dei terreni disboscati per promuovere coltivazioni agricole industriali e intensive, e da proprietari di miniere che estraevano risorse dal sottosuolo e inquinavano.
L’associazione Global Witness riferisce che tra il 2002 e il 2013 in Brasile sono stati uccisi almeno 448 ambientalisti[3]. In altre nazioni, la resistenza allo sfruttamento sfrenato del Pianeta è contrassegnata dal sangue versato dai martiri ambientali. Nelle Filippine, nel 2012, il leader indigeno Jimmy Liguyon fu ucciso davanti alla sua famiglia perché si era rifiutato di vendere la sua terra ai minatori. Nello stesso anno, in Cambogia, la quattordicenne Heng Chantha fu uccisa dalla polizia perché si opponeva all’espulsione dei cittadini e alla distruzione del villaggio per avviare una piantagione di alberi della gomma.
In Cambogia, Chut Wutty (1972-2012) fondò e diresse il Natural Resource Protection Group, un’organizzazione il cui scopo era la protezione delle risorse naturali della nazione. Egli criticava apertamente il disboscamento illegale operato da compagnie che avevano ottenuto concessioni di terreni in foreste protette grazie alla corruzione militare e governativa. Il 26 aprile 2012 fu ucciso a colpi di arma da fuoco mentre stava accompagnando due giornaliste del quotidiano The Cambodia Daily vicino a una foresta protetta, di cui aveva ripetutamente tentato di rendere noto il disboscamento illegale permesso da funzionari militari.
Nell’ottobre 2014, la Collaborative Partnership on Forests, un consorzio internazionale di 14 organizzazioni, segretariati e istituzioni coinvolte nella protezione delle foreste a livello internazionale[4], conferì un riconoscimento postumo a Chut Wutty per onorare la sua dedizione nel proteggere la foresta locale[5]. Questo premio, inaugurato nel 2012, è un riconoscimento dato a coloro che forniscono contributi eccezionali per preservare, ripristinare e gestire in modo sostenibile le foreste. Nel documentario I Am Chut Wutty, realizzato pochi mesi prima della sua morte e disponibile dal 2015, Chut spiega le ragioni del suo attivismo a sostegno della popolazione locale. Dopo il suo assassinio, la sua attività è continuata. L’intera comunità è divenuta «Chut Wutty». Chi pensava che fosse sufficiente eliminare una persona per far cessare l’opera si sbagliava: Chut continua a vivere in ciascun membro della sua comunità: «l’eliminazione di Chut ha moltiplicato Chut».
Nel 2015, la honduregna Berta Cáceres (1973-2016), in una nazione piagata da crescenti disparità socioeconomiche e violazioni dei diritti umani, vinse il prestigioso premio Goldman per i difensori dell’ambiente a motivo della sua sollecitudine nel proteggere un’importante fonte di acqua dolce, il fiume Gualcarque, minacciato dal progetto di costruzione della diga di Agua Zarca.
Berta radunò la popolazione indigena lenca ed esercitò pressioni per bloccare la costruzione della diga. Il progetto minacciava di far prosciugare il fiume, con gravi conseguenze per i terreni agricoli circostanti. Il fiume è una risorsa importante per la vita della popolazione – dall’agricoltura al nuoto, alla pesca – e per il suo valore culturale e spirituale.
A causa dell’iniziativa di Berta, il progetto fu trasferito sul lato opposto del fiume. La diga non sarebbe stata costruita su terreni agricoli, ma ciò non avrebbe evitato i danni all’agricoltura. Nell’ottobre 2015 la costruzione della diga iniziò nonostante le proteste di Berta e della popolazione indigena. Il 2 marzo 2016, due giorni prima del suo 45° compleanno, Berta fu uccisa a colpi di arma da fuoco. Dopo il suo assassinio, la popolazione indigena ne continuò l’opera, in suo nome. All’inizio del 2016, a seguito di altri episodi di violenza ai danni della popolazione, il finanziamento del progetto fu sospeso, e cessò definitivamente nel 2017.
Una recente, interessante e ricca collezione di saggi sul «discepolato verde» arricchisce la riflessione e il dibattito sull’attività pubblica ed ecclesiale per promuovere la sostenibilità[6]. Purtroppo, per tanti – dalla Nigeria al Brasile, dalle Filippine alla Cambogia e all’Honduras – essere discepoli non risparmia dal diventare martiri ambientalisti. Essi vivono un ruolo profetico che ci interpella e ci chiede di unirci a loro con azioni concrete e, a livello spirituale, con un’unione di cuori e di menti nella preghiera, per vivere una solidarietà profetica nella nostra casa comune, nel nostro Pianeta.
Solidarietà profetica
Nelle comunità di questi martiri, e in molte altre situazioni analoghe, l’intento di coloro che uccidono è di rimuovere ogni ostacolo ai progetti di sfruttamento incontrollato di terre, foreste, miniere e fiumi. Nella sua assurdità e disumanità, la logica delle imprese che mirano a sfruttare il territorio senza alcun rispetto dell’ambiente è semplice: uccidendo i leader critici, tutto tornerà a posto, poiché si tratta di individui isolati, di «teste calde», di agitatori, di rivoluzionari da strapazzo. Questa logica perversa viene smentita: le comunità a cui questi testimoni appartenevano portano avanti l’opera di coloro che sono stati uccisi, in nome loro e per il bene dell’ambiente.
Meditando su queste storie tragiche, con la nostra immaginazione possiamo visitare quei luoghi, vedere i volti di quei martiri, incontrare le comunità che continuano la loro attività, scoprire cosa hanno ottenuto e dove hanno fallito. Potremmo definire questa vicinanza partecipata una forma di «solidarietà immaginativa»[7].
La nostra solidarietà è immaginativa non perché è limitata a ciò che siamo in grado di immaginare – come nel caso di viaggi immaginari –, ma per indicare come tutti noi siamo coinvolti nel prenderci cura degli altri e della Terra. La solidarietà immaginativa indica la capacità umana di usare la razionalità, con tutte le sue componenti emotive, per favorire modi di agire che promuovano una maggiore solidarietà. Concretamente, si rendono necessari alcuni esempi globali.
Solidarietà nel discorso etico
In Sud Africa, il filosofo Thaddeus Metz articola la sua «teoria morale africana» sottolineando che la solidarietà è essenziale per decidere quali azioni siano giuste. In particolare, «un’azione è giusta solo quando è un modo per vivere armoniosamente o per apprezzare le relazioni comunitarie, in cui le persone si identificano tra loro e manifestano solidarietà l’una con l’altra; altrimenti, un’azione è sbagliata»[8].
Negli Stati Uniti e in Messico, scienziati impegnati nella promozione della salute pubblica ricorrono al «termine “solidarietà”, basato sulla teoria sociologica classica piuttosto che su ogni particolare ideologia politica, per riferirsi a situazioni di interdipendenza create dalla complessa divisione dei ruoli caratteristici delle società moderne»[9]. Essi fanno notare che «in un mondo segnato non solo da profonde ingiustizie, ma anche dall’accettazione di un insieme di diritti umani universali, la solidarietà globale diventa la forza unificante per costruire una società globale che potrebbe correggere tali ingiustizie e assicurare la realizzazione di tali diritti»[10].
Anche nella letteratura bioetica la virtù della solidarietà consente di affrontare questioni complesse. Per esempio, Barbara Prainsack e Alena Buyx sottolineano che la solidarietà appare in tre contesti: «per affrontare le questioni etiche nell’ambito della salute pubblica; per promuovere giustizia ed equità nei sistemi sanitari; per stimolare approcci normativi volti a fornire assistenza ai Paesi poveri»[11]. Inoltre, «come idea o valore la solidarietà è molto più importante negli scritti bioetici di quanto suggerirebbe l’uso esplicito del termine. Esiste una differenza significativa tra il numero e l’ambito delle discussioni in cui il termine “solidarietà” viene utilizzato esplicitamente e le discussioni in cui situazioni, norme e dilemmi associati alla solidarietà appaiono in letteratura»[12]. Quindi, per Prainsack e Buyx la solidarietà non è «un sentimento interiore o un valore astratto», ma indica «pratiche condivise che riflettono un impegno collettivo a sostenere costi (finanziari, sociali, emotivi o di altro tipo) per aiutare gli altri»[13].
Solidarietà nel discorso teologico
Nella sua ampiamente citata definizione di «solidarietà», san Giovanni Paolo II la riconosce come la virtù che esprime le nostre capacità di agenti morali e ci abilita ad agire promuovendo ciò che è bene. La solidarietà «non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti»[14].
Daniel Groody auspica una «globalizzazione della solidarietà»[15], e Cathriona Russell intende promuovere la solidarietà nel contesto del dialogo interculturale e interreligioso nel mondo globalizzato di oggi, sfidato dalla crisi climatica globale[16]. Per Lisa Sowle Cahill, la solidarietà riconosce le dimensioni morali della crescente interdipendenza tra tutti gli individui e le nazioni, richiede un impegno attivo per promuovere la giustizia per ciascuno ed esige cambiamenti nelle relazioni sociali e nelle istituzioni a favore del bene comune, dei poveri e di coloro che sono più vulnerabili[17].
Come mostrano queste brevi citazioni, in ambito cattolico l’appello alla solidarietà è di ampia portata e si estende a tutte le dimensioni della vita personale e sociale, incluso l’ambiente. A partire dagli anni Novanta, troviamo esempi volti a promuovere la solidarietà nella cura dell’ambiente. Nel 1990, nel suo Messaggio per la 23a Giornata mondiale della pace, Giovanni Paolo II affermò: «La crisi ecologica pone in evidenza l’urgente necessità morale di una nuova solidarietà, specialmente nei rapporti tra i paesi in via di sviluppo e i paesi altamente industrializzati»[18].
Nel 1992, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America dichiarò con forza: «I poveri della terra mettono alla prova in modo speciale la nostra solidarietà»[19]. Inoltre, per i vescovi statunitensi è necessaria «una nuova solidarietà», intesa come «dovere» e in grado di promuovere «cooperazione e una giusta struttura di condivisione nella comunità mondiale». Per loro, «la solidarietà richiede sacrifici del nostro stesso interesse per il bene degli altri e della terra che condividiamo. La solidarietà impone obblighi speciali alle democrazie industriali, compresi gli Stati Uniti […]. Solo con uno sviluppo equo e sostenibile le nazioni povere possono frenare il continuo degrado ambientale ed evitare gli effetti distruttivi del tipo di sviluppo eccessivo, che ha usato le risorse naturali in modo irresponsabile»[20].
Infine, secondo i vescovi statunitensi, la «solidarietà ambientale» richiede che, «come cittadini, ognuno di noi deve partecipare a questo dibattito su come la nostra nazione protegga meglio il nostro patrimonio ecologico, limiti l’inquinamento, distribuisca i costi ambientali e progetti il futuro. Dobbiamo usare le nostre voci e i nostri voti per formare una nazione più impegnata per il bene comune universale e un’etica di solidarietà ambientale. Tutti noi abbiamo bisogno sia di una visione spirituale sia di una visione pratica di responsabilità (stewardship) e di un atteggiamento di co-creazione che guidi le nostre scelte come consumatori, cittadini e lavoratori. Abbiamo bisogno, con una frase ormai familiare, di “pensare globalmente e agire localmente”, trovando come, nella nostra situazione, possiamo esprimere un’etica più ampia, ricca di genuina solidarietà»[21].
L’immaginazione ci è di aiuto nell’identificare, integrare e promuovere concretamente la solidarietà. Nel 2010, nel Messaggio per la 43a Giornata mondiale della pace papa Benedetto XVI sottolineò come il genere umano dovrebbe «tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più povere della terra e alle future generazioni»[22]. Con preoccupazione, egli formulò queste domande: «Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti “profughi ambientali”? […] Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? […] Va, tuttavia, considerato che la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato»[23].
Nei vari Continenti, troviamo esempi di Conferenze di vescovi cattolici che esprimono le loro preoccupazioni per il peggioramento della crisi ambientale. Nella Lettera pastorale per la Quaresima del 2012, la Conferenza episcopale boliviana ha proposto un approccio teologico, ecclesiale e sociale che incorpora la saggezza delle tradizioni indigene e sottolinea l’importanza di promuovere una maggiore solidarietà e l’interesse comune per il Pianeta. I vescovi si basavano sui contributi della dottrina sociale cattolica su questioni sociali e bioetiche (la dignità umana, la giustizia e la sussidiarietà)[24].
In Asia, la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche ha riflettuto su come, in quel vasto Continente, la Chiesa possa proteggere il Pianeta e promuovere uno spirito di gestione responsabile delle risorse ambientali. Per i vescovi asiatici, la solidarietà «con gli oppressi si tradurrà in un cambiamento dello stile di vita dei ricchi»[25]. Inoltre, «in solidarietà con tutti i popoli, si potrà affrontare questa crisi [ecologica]. Un modello appropriato di responsabilità (stewardship) deve guidare la chiamata a prendersi cura dell’ambiente in modo umano»[26].
Infine nel 2015, nell’enciclica Laudato si’ [27], papa Francesco ha invitato l’umanità (n. 62) a promuovere la «solidarietà globale» (n. 240), per assicurare le condizioni di sopravvivenza e prosperità al nostro Pianeta (nn. 13-14). Il Papa è fiducioso, e allo stesso tempo ben consapevole delle sfide ambientali urgenti e complesse (nn. 13 e 61). Inoltre, egli crede che l’umanità sia capace di «gesti di generosità, solidarietà e cura» (n. 58), e sostiene la solidarietà intergenerazionale quale «questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno» (n. 159). Al tempo stesso, la «solidarietà intragenerazionale» (n. 162), ossia la solidarietà «nei rapporti tra Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializzati», come ha mostrato Benedetto XVI[28], ci permetterà di prenderci cura della Terra.
La solidarietà con le generazioni presenti, e in particolare con i più poveri che stanno già soffrendo le conseguenze dei cambiamenti climatici, con il Pianeta e con le generazioni future non è una virtù teorica, che emerge solo nella letteratura etica e in documenti ecclesiali: tanti martiri ambientali l’hanno vissuta. Molte persone di buona volontà continuano a viverla quotidianamente. Si tratta di una solidarietà profetica che ispira, incoraggia, trasforma e converte. Come afferma il biblista Walter Brueggemann, «l’immaginazione profetica» rende possibili «cambiamenti nella prospettiva sociale e nella politica sociale»[29]. Anche la riflessione teologica in ambito bioetico può contribuire alla cura profetica della Terra, insieme a pratiche solidali concrete.
Un ruolo profetico in ambito bioetico
La bioetica teologica in ambito cattolico può aiutarci a essere solidali con le generazioni attuali e future perché, come afferma Lisa Sowle Cahill, tende a responsabilizzare cittadini e credenti, si unisce agli sforzi che mirano a promuovere una maggiore presa di coscienza della crisi ambientale e si adopera perché questa venga affrontata[30].
A livello internazionale, accordi, convenzioni e documenti sono modi in cui possono essere articolate la solidarietà e giuste trasformazioni sociali, rendendo possibili i cambiamenti auspicati. Per esempio, nel 1988 dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite è stato creato il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, per studiare il cambiamento climatico e il suo impatto sul globo alla luce di informazioni scientifiche aggiornate e con l’obiettivo di proporre strategie da attuare. Negli ultimi anni, il Gruppo ha regolarmente presentato rapporti di valutazione scientifica sui cambiamenti climatici a livello mondiale. Nell’ottobre 2018, ha dato l’allarme riguardo alle conseguenze di un aumento di temperatura globale di 1,5°C[31].
Nel 2007, il Gruppo e Albert Arnold «Al» Gore Jr. ricevettero il premio Nobel per la pace «per i loro sforzi volti a costruire e diffondere una maggiore conoscenza sui mutamenti climatici provocati dall’uomo e a gettare le basi per le misure necessarie per contrastare tale cambiamento»[32]. Inoltre, nel 2015 l’Accordo di Parigi, con rappresentanti di 195 Paesi, ha costituito un traguardo limitato, ma importante, per mitigare i gas a effetto serra a partire dal 2020[33].
I documenti e gli accordi ufficiali internazionali esemplificano modalità di articolazione del discorso scientifico e di promozione della cura del Pianeta volte a una maggiore solidarietà. Essi valutano, analizzano e stabiliscono priorità. Ma sono profetici? Stimolano l’impegno? Per promuovere la sostenibilità ambientale il discorso bioetico deve ispirare una solidarietà profetica che guidi il nostro modo di agire a livello individuale e collettivo.
Secondo il gesuita Jacquineau Azetsop, per essere profetica, «la bioetica teologica dovrebbe promuovere un dibattito aperto, sostenuto e sfumato, sui valori e sugli obiettivi sostanziali che sono incarnati nelle pratiche sociali esistenti. La bioetica teologica deve essere attenta a, e integrata con i vari livelli della società civile e dell’azione politica»[34]. Lisa Sowle Cahill sottolinea l’importanza delle «modalità narrative e profetiche del discorso» in ambito bioetico per promuovere un’agenda che favorisca la partecipazione e sostenga giustizia e cambiamento[35].
Kathryn Lilla Cox mette in risalto il ruolo profetico della Teologia della liberazione e l’opzione preferenziale per i poveri nel dare forma a una «solidarietà verde»[36]. Cristina Richie apprezza il contributo profetico dell’insegnamento sociale cattolico e propone princìpi, fondati sul bene comune, per articolare una «bioetica verde»[37].
In questi diversi modi, senza falsi ottimismi, ma affidandosi a risorse etiche che alimentano la speranza, la bioetica teologica contribuisce a prendersi cura del Pianeta, unendosi a tante altre iniziative, partecipando e collaborando con esse nella società civile.
Pratiche solidali profetiche
Molti sono gli esempi di pratiche concrete, con impatti significativi a livello locale e globale. Il Green Belt Movement è forse la più famosa di queste. Fondato nel 1977 dalla keniana Wangari Maathai (1940-2011), ricevette assieme a lei il premio Nobel per la pace nel 2004. Per promuovere le donne, i loro diritti e proteggere l’ambiente il Movement ha piantato oltre 51 milioni di alberi in Kenya. Esso «lavora a livello di base, nazionale e internazionale per promuovere la conservazione ambientale; mira a favorire la resilienza climatica e a responsabilizzare le comunità, in particolare le donne e le ragazze; promuove spazi democratici e mezzi di sussistenza sostenibili»[38]. Pertanto, i senza voce nel Sud del mondo ci insegnano come trovare la nostra voce e operare per un futuro sostenibile. Le azioni di queste donne keniote, con i milioni di alberi piantati, conferiscono autorità alle loro voci.
In modo analogo, in El Salvador esiste una «foresta di riconciliazione nazionale» dove sono stati piantati 75.000 alberi, uno per ogni persona uccisa nella guerra civile[39]. Con profondo rispetto, riconosciamo quanto sia innovativo, efficace e trasformativo l’impegno di tanti poveri per promuovere uno sviluppo sostenibile.
In molti college e università nel mondo, studenti, amministratori e docenti si stanno impegnando per rinnovare il curriculum degli studi e per promuovere pratiche sostenibili nei loro campus: dal riciclaggio al compostaggio, a una riduzione dei consumi[40]. L’attivismo e la passione degli studenti e la dedizione responsabile di docenti e amministratori contribuiranno a identificare approcci e pratiche educative sostenibili. Nello stesso tempo, in città grandi e piccole nel nord e nel sud del mondo, diversi cittadini lanciano iniziative per proteggere l’ambiente. Molte altre iniziative a livello nazionale e internazionale sono possibili e necessarie.
Studiando e analizzando la lunga storia del cristianesimo, notiamo con stupore come il sangue dei martiri, tragicamente, abbia contribuito a processi di conversione e di trasformazione. Mentre con fermezza desideriamo che non venga versato più sangue, e che nessuna vita sia spezzata in modo violento, ci auguriamo che il sangue dei martiri dell’ambiente non sia stato versato invano e che insieme all’intera umanità sappiamo rispondere, con urgenza, al grido sofferto della nostra Terra, che ci chiede una concreta solidarietà profetica.
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PROPHETIC SOLIDARITY FOR OUR COMMON HOME
In Africa, Latin America and Asia, those who seek to protect the environment can pay with their lives. In this article, the author examines some of the tragic examples of environmental martyrs and reflects on the prophetic solidarity of communities that continue their commitment. For the good of our planet, it is necessary to promote an ethical discourse both in the secular and ecclesial spheres (at the magisterial level and at the theological level). To live solidarity in a concrete way, prophetic practices are necessary, and this article presents some episodes that urge us to take care of creation.
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[1]. Cfr R. Nixon, Slow Violence and the Environmentalism of the Poor, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2011, 103-127.
[2]. Cfr K. L. Cox, «Green Solidarity: Liberation Theology, the Ecological Crisis, and the Poor», in T. L. Winright (ed.), Green Discipleship: Catholic Theological Ethics and the Environment, Winona (MN), Anselm Academic, 2011, 266-284.
[3]. Cfr www.globalwitness.org/en/campaigns/environmental-activists/deadly-environment/; M. E. Miller, «Why are Brazil’s environmentalists being murdered?», in www.washingtonpost.com/news/morning-mix/wp/2015/08/27/why-are-brazils-environmentalists-being-murdered
[4]. Cfr www.cpfweb.org/en
[5]. Il premio è il Wangari Maathai Forest Champion Award, in onore della kenyana Wangari Maathai (1940-2011), fondatrice del Green Belt Movement e vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2004 a motivo del suo impegno per la riforestazione del Kenya.
[6]. Cfr T. L. Winright (ed.), Green Discipleship…, cit.
[7]. Il gesuita David Hollenbach la definisce «solidarietà intellettuale», cioè «il perseguire insieme una visione condivisa della vita buona». Cfr D. Hollenbach, The Common Good and Christian Ethics, Cambridge – New York, Cambridge University Press, 2002, 137.
[8]. T. Metz, «African and Western Moral Theories in a Bioethical Context», in Developing World Bioethics 10 (2010/1) 51.
[9]. J. Frenk – O. Gómez-Dantés – S. Moon, «From Sovereignty to Solidarity: A Renewed Concept of Global Health for an Era of Complex Interdependence», in Lancet, n. 9911 (2014) 97.
[10]. Ivi.
[11]. B. Prainsack – A. Buyx, «Solidarity in Contemporary Bioethics: Towards a New Approach», in Bioethics 26 (2012) 344 s.
[12]. Ivi, 345.
[13]. Ivi, 346.
[14]. Giovanni Paolo II, s., Lettera enciclica Sollicitudo rei socialis (1987), n. 38.
[15]. Cfr D. G. Groody, «Globalizing Solidarity: Christian Anthropology and the Challenge of Human Liberation», in Theological Studies 69 (2008) 250-268.
[16]. Cfr C. Russell, «Burden-sharing in a Changing Climate: Which Principles and Practices can Theologians Endorse?», in Studies in Christian Ethics 24 (2011/1) 67-76.
[17]. Cfr L. Sowle Cahill, «Catholics and Health Care: Justice, Faith and Hope», in Journal of Catholic Social Thought 7 (2010/1) 29-49.
[18]. Giovanni Paolo II, s., «Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato», (1° gennaio 1990), n. 10.
[19]. United States Catholic Conference, Renewing the Earth: An Invitation to Reflection and Action on Environment in Light of Catholic Social Teaching, Washington (DC), United States Catholic Conference, 1992, III.F.
[20]. Ivi, III.D.
[21]. Ivi, V.B.
[22]. Benedetto XVI, «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato» (1° gennaio 2010), n. 7.
[23]. Ivi, nn. 4-5.
[24]. Cfr Conferencia Episcopal Boliviana, El Universo, Don de Dios Para la Vida: Carta Pastoral Sobre Medio Ambiente y Desarrollo Humano en Bolivia, La Paz, Fundación Jubileo, 2012.
[25]. C. Devadass (ed.), Towards Responsible Stewardship of Creation: An Asian Christian Approach, Kuala Lumpur, Office of Theological Concerns of the Federation of Asian Bishops’ Conference, 2015, 30.
[26]. Ivi, 46.
[27]. Francesco, Lettera enciclica Laudato si’ (2015).
[28]. Cfr Benedetto XVI, «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato», cit., n. 8.
[29]. W. Brueggemann, The Prophetic Imagination, Minneapolis (MN), Fortress Press, 2001, XII (tr. it. Immaginazione proferica, La voce dei profeti nella Bibbia e nella Chiesa, Bologna, Emi, 2004).
[30]. Cfr L. Sowle Cahill, Theological Bioethics: Participation, Justice, and Change, Washington (DC), Georgetown University Press, 2005, 4 s.
[31]. Cfr Intergovernmental Panel on Climate Change, «Global Warming of 1.5°C: Summary for Policymakers» (2018), in www.ipcc.ch/sr15
[32]. Cfr www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2007
[33]. Cfr https://unfccc.int/process-and-meetings/the-paris-agreement/the-paris-agreement
[34]. J. Azetsop, Structural Violence, Population Health and Health Equity: Preferential Option for the Poor and Bioethics Health Equity in Sub-Saharan Africa, Saarbrücken, Müller, 2010, 292.
[35]. Cfr L. S. Cahill, Theological Bioethics…, cit., 223.
[36]. Cfr K. L. Cox, «Green Solidarity: Liberation Theology, the Ecological Crisis, and the Poor», in T. L. Winright (ed.), Green Discipleship: Catholic Theological Ethics and the Environment, cit., 266-284.
[37]. Cfr C. Richie, Principles of Green Bioethics: Sustainability in Health Care, East Lansing (MI), Michigan State University Press, 2019.
[38]. www.greenbeltmovement.org
[39]. Cfr P. Jeffrey, «Planting Peace in El Salvador: The Reconciliation Forest», in Christian Century 113 (1996) 606.
[40]. Riguardo ai college e università gestite dai gesuiti negli Stati Uniti, si veda il numero «“Laudato si’”: Responsibility, Conservation, Sustainability» della rivista Conversations on Jesuit Higher Education 50 (Autunno 2016), in www.conversationsmagazine.org