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Rari sono oggi i narratori che meritano di essere conosciuti e seguiti con attenzione per capacità inventiva e prensilità di scrittura. Questo è il caso dell’autore di questo romanzo, Raffaele Bussi. Il palinsesto della sua opera è articolato in quattro sezioni, così intitolate: «Edipo giunge a Olimpia»; «Edipo alla ricerca di Forba»; «Edipo arriva a Colono»; «Antigone fa ritorno a Tebe». Partendo dalla rilettura dei testi di Sofocle e di Eschilo, l’autore ricostruisce l’avventura umana del mitico re di Tebe, riportandolo, attraverso una riflessione intrigante e triste, alla nostra contemporaneità. Si può dire che Edipo diventa icona della condizione umana lungo l’arco di vicende storiche passate e presenti.
Vi è nel romanzo un forte valore etico che si sintetizza in una domanda antica e a noi contemporanea, questa: «L’uomo è libero di scegliere o è condizionato nel cammino della sua vita?». E proprio in questa domanda che si rivela l’originalità della narrazione. Bisogna intanto riconoscere che l’autore felicemente si muove da drammaturgo, perché la sua opera si dipana e cresce lungo il filo di discorsi dialogati.
Lo scenario si apre con la città di Olimpia, ricca di templi e di edifici che ospitano gli atleti partecipanti ai Giochi olimpici. Da Tebe arrivano Edipo e la figlia Antigone, che viaggiano per sfuggire a Creonte, nuovo padrone di Tebe. Per la rabbia, Edipo si acceca con le proprie mani. Da cieco, sogna Apollo, vede il passato e prevede il futuro. Poi racconta a Zeus i suoi trascorsi, dichiarando che per esperienza sa che l’uomo è un animale. Tanto è vero che lui, nato da Giocasta, figlia di Menesteo, sposa la madre e la possiede come moglie. Il discorso segue con un’invocazione che sollecita Dioniso a suscitare le passioni negli uomini, poiché la barbarie prevale sulla bellezza.
Procedendo nella lettura, incontriamo Edipo in prossimità del monte Citerone, aiutato a salire lassù da un uomo che guida un mezzo di trasporto. Antigone lo ringrazia, e lui risponde che è poca cosa sollevare chi ha bisogno di aiuto. Rimasti soli, Antigone domanda al padre perché ha voluto arrivare lassù. «Vedrai subito il perché», risponde il padre. Un leggero colpo di bastone sul battente fa uscire il vecchio Forba, pastore di re Laio. Il pastore si rallegra e, ringraziando Zeus, accoglie Edipo e la figlia nella sua povera dimora, asserendo che la storia del destino dei miseri mortali la scrive chi è in alto e vi rimane immodificabile. Intanto il vecchio pastore prepara una cena improvvisata, durante la quale Edipo gli chiede di ragguagliarlo circa la propria nascita. La risposta è che egli vide nella camera da letto Giocasta che si stringeva al petto il neonato di pochi giorni. Il marito lo strappò e ordinò a un servo fidato di abbandonarlo in una boscaglia di lassù. Il neonato si chiama Edipo.
Noi sappiamo come si snodano i capitoli, come scorrono le pagine, e ormai conosciamo i protagonisti e gli antagonisti delle vicende narrate. Conviene andare alla conclusione. Vi incontriamo Creonte, colpevole di fatti di sangue nella propria famiglia, che chiede di essere condotto altrove, perché indegno di essere padre e consorte. Il capo dei saggi tebani dichiara in un discorso che la prima condizione della felicità è la saggezza, mettendo sull’avviso la platea degli ascoltatori che chi, come Creonte, commette empietà contro gli dèi, ma anche contro gli esseri umani, sarà ripagato con la stessa moneta. Questo accade quando la mente cancella le norme del buon governo stabilite dall’Olimpo. «Non sono Edipo, per scrutare il futuro e capire se ad attendere il povero mortale sarà il ritorno alle origini o il Chàos», conclude il capo dei saggi tebani, che, insalutato ospite, lascia il campo per rientrare nella reggia dalla porta principale.
RAFFAELE BUSSI
Cháos. Sui passi di Edipo
Venezia, Marcianum, 2021, 106, € 13,00.