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Il filosofo Paul Ricœur (1913-2005) non ha mai smesso di pensare la psicoanalisi e di svolgere una sistematica riflessione critica sulle innovazioni freudiane, anche oltre le sue grandi opere degli anni Sessanta: Della interpretazione. Saggio su Freud, e Il conflitto delle interpretazioni. Gli archivi del «Fondo Ricœur», sorto da un’espressa donazione dell’autore, hanno consentito di offrire una prima collezione – Scritti e conferenze. 1. Attorno alla psicoanalisi – di testi divenuti introvabili o finora inaccessibili in francese. Ora viene presentata al lettore italiano non soltanto la traduzione di tali opere, ma anche quella di otto scritti che vanno dal 1954 al 2003 e che testimoniano gli approfondimenti teorici su punti chiave della lezione del filosofo francese, che ha letto l’eredità freudiana secondo i paradigmi di simbolo, testo e traduzione e ne ha commentato concetti fondamentali, come quelli di tecnica interpretativa, di rapporto tra io e sé, di archeologia psichica e costruzione identitaria.
Ricœur riconosce il limite strutturale della propria prospettiva. Egli non è uno psicoanalista, e quindi non ha sperimentato personalmente il travaglio del transfert; in tal modo non dispone di quei dati originali che la stessa teoria freudiana smarrisce, identificandosi riduttivamente con le scienze e le tecniche naturalistiche (cfr p. 381). Ciononostante ha indicato a più riprese un modello epistemologico, che tenesse assieme senso e forza, comprensione di significato e spiegazione causale, finesse interpretativa e lotta contro le resistenze, abilità di traduzione dei testi – il testo del sogno o del sintomo – e gestione del campo energetico che s’instaura nel corso delle sedute. E ne ha fatto tesoro per i suoi studi più recenti, come Sé come un altro (1990), in cui la narrazione biografica non avviene in un ingenuo autorispecchiamento, ma interpretando gli opachi segni lasciati dietro di noi, vivendo i rischi di una relazione affettiva, abdicando alla pretesa di dominare intellettualmente il senso del vivere.
Meno approfondita è la questione – centrale per Ricœur – dello statuto etico della psicoanalisi. Qual è il fine del lavoro interpretativo: la verità o il benessere dell’analizzando? Quali influssi morali gravitano maggiormente sul campo analitico: le visioni del mondo, la persona del terapeuta, la teoria metapsicologica adottata, l’ideale di funzionamento sociale, le tecniche applicate in seduta? È insufficiente richiamare la neutralità e non-direttività dell’analista. Ogni seduta propone infatti un esercizio di discernimento a proposito dei dilemmi valoriali che sono alla base del disagio mentale. È impossibile prescinderne o tirarsene fuori o rispecchiarli asetticamente: l’inevitabile presa di posizione esige di venire verbalizzata, discussa ed esaminata per la sua specifica connotazione filosofica.
Vanno segnalati infine gli scritti sulla religione. Freud criticò aspetti apertamente nevrotici di riti e credenze e mostrò la genesi pulsionale dell’invocazione, ma Ricœur evidenzia – proprio partendo dai testi freudiani – la forza creativa del simbolo di fede, l’analogia con la rivelazione artistica, la liberazione teologica dall’idolatria. Del resto, la psicoanalisi non può fondare un’etica dei comandamenti, ma sondarne le fonti pulsionali, e vive essa stessa di una mitologia (la teoria delle pulsioni), crede in storie dell’origine (cfr p. 198). La religione autentica trascende le competenze cliniche, perché la promessa di salvezza non è un progetto ripetitivo o concluso, ma apertura di trame mai viste, abbozzo di storie inedite, fiducia in un’istanza riparativa (la speranza di riconciliazione, il perdono della colpa).
PAUL RICŒUR
Attorno alla psicoanalisi
Milano, Jaca Book, 2020, 452, € 28,00.