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Nel corso degli ultimi anni l’antisemitismo – una forma di ostilità che nel 2016 è stata definita dall’International Holocaust Remembrance Alliance «una certa percezione degli ebrei che può venire espressa dall’odio nei loro confronti» (p. 9) – sembra aver esteso la propria diffusione. Un fenomeno che ha profondamente turbato l’opinione pubblica di tanti Paesi democratici e ha indotto i diversi governi a mettere sotto osservazione l’utilizzo che ne viene fatto negli ambienti più disparati.
Ma attraverso quali percorsi il pregiudizio antiebraico è arrivato a cristallizzarsi, assumendo le sembianze di un’ideologia politica? Questo studio, opera dello storico Gadi Luzzatto Voghera, si propone di sintetizzare i diversi itinerari che hanno condotto al rafforzamento dell’antisemitismo e giunge a gettare uno sguardo sull’età contemporanea, nella quale – soprattutto sui social media – alcuni linguaggi e temi provenienti dal passato vengono rielaborati e messi al servizio di virulente campagne di odio razzista.
Occorre dunque mettere anzitutto in rilievo come l’avversione antiebraica non abbia dato unicamente origine al concepimento e alla realizzazione della Shoah, né si sia limitata ad acuire la polemica sul conflitto israelo-palestinese: si tratta invece di un’ideologia ancora molto radicata, che riesce a rinnovarsi e a trasformarsi costantemente, essendo in grado di assumere le forme più varie e aggressive.
Secondo l’autore, inoltre, l’antisemitismo ha una storia contraddistinta da uno sviluppo complesso, a cui hanno contribuito elementi di carattere religioso, antropologico e socioeconomico. Ci troviamo, cioè, di fronte a un livore alimentato dalla tradizionale accusa di deicidio, dalla paura del diverso, nonché dal fatto che gli ebrei sono stati relegati per secoli a esercitare il mestiere di piccoli prestatori su interesse: un’attività che li rendeva particolarmente invisi alle persone comuni.
Dalla prima metà dell’Ottocento, però, la cosiddetta «emancipazione» aveva consentito allo strato medio-alto delle comunità ebraiche presenti nell’Europa occidentale di sottrarsi a quella condizione di segregazione che aveva ereditato dall’età dei ghetti. Molti ebrei continuarono invece a vivere di piccoli commerci, riuscendo spesso a sbarcare il lunario con grande difficoltà. Mentre, dunque, da un lato questi ultimi restarono poveri e senza alcuna prospettiva di ascesa sociale, dall’altro l’israelita benestante ebbe la spiccata tendenza a integrarsi e a perdere la propria «visibilità».
La moderna ideologia antisemita si concentrò quindi sui pochi ebrei che si stavano assimilando, alimentando un’ostilità che avrebbe accomunato il mondo cristiano, l’ambito borghese-liberale e quello socialista. L’antisemitismo, in quanto nuova ideologia, andò di conseguenza a sovrapporsi a un gran numero di pregiudizi antiebraici che si erano accumulati nel corso delle epoche precedenti: mediante un proprio linguaggio, avrebbe elaborato in seguito una rappresentazione piuttosto fantasiosa dell’ebreo, insistendo però sull’idea del «complotto giudaico» volto alla conquista del mondo. La saldatura fra una simile ideologia e le teorie razziste elaborate nel XIX secolo costituì l’elemento decisivo che fu alla base sia della persecuzione sia dell’annientamento di milioni di israeliti europei perpetrato dai nazisti e dai loro alleati.
La disamina di Luzzatto Voghera non manca di prendere in esame le nuove forme di antisemitismo. Nel concludere la propria analisi, egli si chiede se sia possibile estirpare questo fenomeno. Ma poiché ci troviamo di fronte a un linguaggio politico indissolubilmente intrecciato alle dinamiche del mondo moderno e contemporaneo, il tentativo di debellarlo sembra essere impresa vana. Si può provare, però, a monitorarlo costantemente, così da tenerlo sotto controllo. È quanto stanno cercando di fare molti studiosi e centri di ricerca che, attivi in particolare in Europa e negli Stati Uniti, ne esaminano le tante forme e mutazioni.
GADI LUZZATTO VOGHERA
Antisemitismo
Milano, Editrice Bibliografica, 2018, 136, € 9,90.