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A 80 anni dalla promulgazione delle «leggi razziali», questo libro, che raccoglie 13 testi variamente ispirati da documenti ed eventi legati alla privazione dei diritti posta in essere dal regime fascista, ha reso possibile un fruttuoso incontro tra narratori e storici. Pensando a un futuro ormai prossimo nel quale a trasmettere gli eventi vissuti non potranno più essere i testimoni diretti, ed esplorando la linea lungo la quale storia, racconto e ricordo appaiono in grado di interagire, questi brevi scritti sembrano raccogliere una duplice sfida: riuscire, per un verso, a raccontare la storia attraverso le storie; e stimolare, per l’altro, alcune riflessioni sulla possibilità di elaborare, nei prossimi anni e decenni, memorie che risultino poi attendibili.
Nella sua Introduzione al volume il curatore mette anzitutto in rilievo come nel futuro la trasmissione della storia e della memoria delle persecuzioni avverrà mediante un impiego sempre maggiore delle forme narrative. Egli riflette sul ruolo dei cosiddetti «testimoni secondari»: non sopravvissuti, ma «figure ulteriori, scampate alle persecuzioni ma sempre più distanti da esse, man mano che trascorre il tempo; che tuttavia si sono fatte narratori: narratori altrettanto efficaci, attendibili e preziosi che i testimoni» (p. 9).
Riguardo poi alla scelta degli scrittori e degli storici ai quali affidare i singoli contributi, va rilevato come si sia optato per una nuova generazione di autori nati dopo la Seconda guerra mondiale. Testimoni, dunque, «terzi» rispetto agli eventi dai quali hanno preso spunto. Da Eraldo Affinati a Chiara Valerio, da Helena Janeczek a Bruno Maida, da Alessandro Zaccuri a Federica Manzon, si tratta di narratori e saggisti che – attraverso i propri testi – hanno dato vita a una nuova fase della memoria della Shoah: quella, successiva al 1989, che è stata denominata da Enzo Traverso «religione civile» dell’Occidente e che, in effetti, si è andata affermando soprattutto in Europa e negli Stati Uniti dagli anni Novanta in poi.
Possiamo evidenziare un aspetto che – con una sola eccezione – accomuna tutti i testi riuniti in questo libro: sono narrazioni che esprimono il punto di vista delle vittime, delle quali raccontano le vicende, utilizzando numerosi registri stilistici, un lessico vario e spesso plurilingue, una scrittura incisiva.
È un’antologia che tiene presente la Shoah italiana, dato che due racconti si svolgono a Trieste e altrettanti a Roma: nel capoluogo giuliano, dove Mussolini, nel settembre del 1938, annunciò l’imminente approvazione delle leggi razziali, e la Risiera di San Sabba fu trasformata dall’occupante nazista in un microcosmo concentrazionario del tutto simile ai grandi campi di sterminio situati in Germania e in Polonia; nella capitale d’Italia, città nella quale, a partire dal 16 ottobre del 1943, ebbe luogo la deportazione di oltre 2.000 ebrei.
In conclusione, i 13 testi che compongono questo libro costituiscono un insieme eterogeneo nel cui ambito i diversi autori hanno scelto di muoversi tra finzione, storia o – più spesso – di ricorrere a differenti combinazioni dell’una e dell’altra, per consentire un cammino più agevole a quanti si avvicinano agli avvenimenti del 1938 attraverso la letteratura.
1938. Storia, racconto, memoria
a cura di SIMON LEVIS SULLAM
Firenze, Giuntina, 2018, 160, € 15,00.