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ABSTRACT — La stagione 2016-17 del Teatro dell’Opera di Roma si è aperta con il Tristan und Isolde, di Wagner, diretto dal maestro Daniele Gatti, specialista in questo genere di musica, che dirige per la prima volta in questo teatro.
L’opera, come tutti sanno, è un capolavoro assoluto. Il Tristan-Akkord, accordo dissonante, è il nucleo dal quale si diramano i motivi conduttori che, riuniti a grappolo nel preludio, si susseguiranno lungo i tre atti dell’opera. Richiede un grande impegno da parte dell’orchestra e di chi la dirige, nel cogliere le infinite sfumature che si susseguono nella partitura e rendono impalpabile l’atmosfera magica che avvolge i due amanti, travolti da un destino che è più forte di loro. La compagnia di canto si è rivelata all’altezza della situazione.
«La peculiarità di quest’opera — dice il maestro Gatti — è che tutto è già compiuto. Non c’è una vicenda che si sviluppa» e, aggiunge, che il suo carattere fondamentale «è racchiuso nella parola tedesca Sehnsucht, che non ha un esatto corrispondente in italiano, ma si può rendere con i termini “anelito”, “attesa”, o meglio “brama di attesa”».
La regia, affidata al francese Pierre Audi, è improntata a un gusto sobrio ed essenziale nella scelta di elementi simbolici, che si concretizzano, nel finale dell’opera, in un potente effetto di luce, chiamato a evocare la completa smaterializzazione dei personaggi.