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Perché si continuano a fare guerre?
La recente invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha risvegliato nell’Occidente antiche paure e l’ha costretto a confrontarsi con una problematica che riteneva essersi lasciata definitivamente alle spalle. La guerra mostra uno dei tanti aspetti paradossali dell’essere umano, l’unico tra le specie viventi a intraprendere questa attività del tutto irrazionale.
La guerra è infatti essenzialmente devastatrice: chi vi partecipa mette a rischio il suo bene più grande, la vita, provoca povertà, distrugge nazioni, porta malattie, ferite e traumi che durano per molti anni anche dopo la sua fine. Eppure essa è attestata fin dagli albori della vita umana, e non esiste periodo in cui si registri la sua totale assenza. È sintomatico che la stessa storia, sia sacra sia profana, venga fatta iniziare con un fratricidio.
Che non sia facile liberarsi della guerra è mostrato dalla sua costante presenza anche nella pacifica vita quotidiana: nomi di vie e piazze, stazioni ferroviarie e metropolitane, monumenti, saggi, film, opere d’arte, fumetti, videogiochi sono dedicati a battaglie, eroi, condottieri. L’assetto attuale della maggior parte degli Stati è legato alle guerre, così come la loro storia. E ha dietro di sé una complessa organizzazione che finisce per interessare ogni ambito della vita: «Tra tutte le attività dell’uomo, la guerra è forse quella meglio pianificata, e ha, di rimando, stimolato una maggiore organizzazione della società […]. Accrescendo il potere dei governi, la guerra è stata fautrice anche di progressi e cambiamenti […]. Siamo diventati più bravi a uccidere e allo stesso tempo meno tolleranti nei confronti della violenza verso il prossimo».
La guerra è insieme temuta e affascinante. Quando ha la pazienza di studiarla, vincendo la tentazione di voltare altrove lo sguardo, l’uomo è costretto a guardare dentro di sé, al mistero che lo costituisce e che smentisce la sua dimensione essenzialmente razionale…