|
Per molti amanti dell’arte in Europa, Kara Walker non è una sconosciuta. La sua notorietà è dovuta soprattutto alle sue grandi e voluminose silhouette. L’artista ha sviluppato in modo grandioso questa tecnica negli anni Novanta, dando origine a immagini a tondo e a installazioni interne grandi e panoramiche. In esse ha tematizzato le fasi oscure della storia nordamericana, soprattutto la schiavitù e l’oppressione della popolazione nera degli Stati meridionali degli Usa.
Con un’immediatezza toccante, grazie alle silhouette, le raffigurazioni a grandezza reale venivano applicate direttamente alla parete, sembrando a prima vista dei racconti idilliaci. Ma a un’osservazione più attenta, gli sguardi si concentravano sulla carta nera, e ciò destava grande turbamento.
Già nel 2002 queste silhouette sono state mostrate per la prima volta a Berlino, nella sala delle esposizioni del Deutsche Guggenheim Unter den Linden. In questa occasione, notava l’artista: «Non si vede mai il tutto, ma solo un lato, quindi al limite la mezza verità […]. La silhouette dice moltissimo con un’informazione molto ridotta».
La Walker figura da anni nella schiera degli artisti più prolifici del panorama statunitense. In maniera provocatoria e costante ha rappresentato le forme dell’oppressione e della violenza che hanno colpito le persone afroamericane. In un linguaggio figurativo senza riserve e con un’apertura radicale affronta le strutture razzistiche di potere, gli stereotipi e i ruoli sessuali, inserendoli nel quadro dialettico strutturale, fino al presente.
L’artista è nata nel 1969 a Stockton, in California, dove è cresciuta. A 13 anni si è trasferita con i suoi genitori ad Atlanta, dove fino al 1991 ha studiato arte e storia dell’arte all’ Atlanta College of Art, ottenendo la laurea dopo tre anni. In seguito ha frequentato la rinomata Rhode Island School of Design, conseguendovi nel 1994 il Master of Fine Arts. Da allora vive e lavora a New York…
Per leggere gli articoli integrali, acquista il quaderno 4124.