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ABSTRACT – Nella lettera augurale che papa Francesco ha indirizzato al Pontificio Istituto Orientale in vista dei suoi primi Cento Anni di vita si legge: «Se “le immense ricchezze che le Chiese d’Oriente conservano nei forzieri delle loro tradizioni” (Giovanni Paolo II, Orientale lumen, 4) hanno sapore di antico, una volta estratte dai loro forzieri non mancheranno di ravvivare in noi la percezione sacrale della liturgia, di spalancare nuovi orizzonti di ricerca alla teologia e di suggerirci una lettura misericordiosa della normativa ecclesiale».
Per superare dunque vecchie incomprensioni può essere utile rivedere in chiave propositiva una questione che, se condizionata dal fiato corto di un solo polmone – come storicamente da una parte e dall’altra è avvenuto –, si è rivelata fattore di divisione tra latini e bizantini; se invece è ossigenata dal respiro ampio e disteso di entrambi i polmoni – quello d’Oriente e quello d’Occidente –, si presenta come un vero ponte ecumenico tra cattolici e ortodossi. Ci riferiamo alla secolare disputa in merito all’epiclesi eucaristica.
L’epiclesi è il paragrafo orazionale che nella preghiera eucaristica chiede a Dio Padre la trasformazione del pane e del vino nel «corpo sacramentale» e, di rimando, la trasformazione dei comunicanti nel «corpo ecclesiale».
Tutti sanno che la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse restano unite quando professano la loro fede nella realtà della presenza eucaristica, ma sono purtroppo divise quando disquisiscono sul momento in cui la presenza si produce. Mentre la tesi cattolica rivendica in maniera assoluta ed esclusiva l’efficacia consacratoria alle parole istituzionali pronunciate da Gesù nell’Ultima cena, la tesi ortodossa sembra vincolarla in maniera altrettanto assoluta ed esclusiva alle parole dell’epiclesi.
Per provare a dare una soluzione a questa storica controversia vengono formulate due proposte. Con la prima, si invita a comprendere l’interazione tra le parole della consacrazione e l’epiclesi consacratoria come reciproca «perfezione sacramentale», alla luce della formula ambrosiana superest ut perfectio fiat. Con la seconda, si invita a considerare l’istante della consacrazione come «tempo sacramentale», alla luce di una considerazione analoga a quella che il Concilio di Trento fa a proposito della nozione di luogo.
È chiaro che la Chiesa del III millennio non può rassegnarsi ad avallare questa controversia così poco edificante a proposito del sacramento che «edifica» la Chiesa. Abbandonando perciò le diatribe legate alla considerazione di ciò che per gran parte del II millennio ha diviso le Chiese, dobbiamo preoccuparci di tornare alla comprensione che al tempo dei Padri le univa.
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EUCHARISTIC PRAYER AND THEOLOGY. For a solution to the controversy about the epiclesis
Two proposals are formulated here to provide a solution to the age-old controversy about the presence of the words of consecration and the consecratory epiclesis in the Eucharistic prayer. The first invites us to understand the interaction between the words of consecration and the consecratory epiclesis as mutual “sacramental perfection,” in light of the Ambrosian formula superest ut perfectio fiat. The second invites us to consider the moment of consecration as “sacramental time,” in light of a consideration similar to that made by the Council of Trent concerning the notion of place.