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ABSTRACT – Il 27 aprile 2018 è avvenuto uno storico incontro tra Moon Jae-in, presidente della Repubblica di Corea, e Kim Jong-un, leader della Repubblica popolare democratica di Corea. A questo ha fatto seguito, il 12 giugno, l’incontro tra Kim e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
All’entusiasmo sia nella comunità coreana sia tra i commentatori internazionali si sono aggiunte anche posizioni più scettiche.
Sperando in un continuo progresso nel processo di pacificazione dentro e fuori i confini della Penisola coreana, anche alla luce dello scetticismo, è utile ripercorre cronologicamente, passo per passo, dettaglio per dettaglio, i fatti legati al terzo vertice inter-coreano e quelli avvenuti nei tre mesi tra quest’ultimo e lo storico incontro tra Kim e Trump: un alternarsi di eventi contrapposti, un’altalena impazzita di annunci e accuse reciproche, con successive immediate riconciliazioni e suture.
La ricostruzione della cronologia e della cronaca permette di offrire infatti un quadro interpretativo e critico più adeguato. Indispensabile, ad esempio, per comprendere come – aldilà del recente «disgelo» – i coreani riflettono sui 10 anni persi nel processo di pacificazione della Penisola coreana, quelli tra il 2007 e il 2018. Oppure per capire come mai Kim Jong-un, all’inizio del 2018, abbia improvvisamente posto fine alla sua arrischiata condotta diplomatica per dichiarare la completa denuclearizzazione all’unisono con la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Non è possibile comprenderlo se non si ricorda innanzitutto perché la Corea del Nord ha cercato di sviluppare armi nucleari, peraltro mettendo così in ginocchio la popolazione. È evidente che Kim ha voluto conquistarsi una posizione più forte: per evitare di fare la «fine» di Saddam e Gheddafi, e dare anche un futuro di sviluppo al suo Paese, ha trasformato potenzialità militari in risultati diplomatici. Risultati che, alla luce della «Dichiarazione di Singapore» può dire di aver conseguito anche Trump.
Sebbene qualcuno ritenga l’attuale situazione non molto diversa da quella dei tempi dei Six-Party Talks (2003), ci sono tuttavia alcuni elementi significativi che inducono a un certo ottimismo sui risultati del vertice. Innanzi tutto non è stato un incontro tra funzionari di governo, ma tra le massime autorità dei due Paesi. Altro elemento significativo è il fatto che la Corea del Sud ha collaborato strettamente con gli Stati Uniti e mediato lealmente tra Stati Uniti e Corea del Nord. Il presidente Moon si è sempre rivelato un abile mediatore e un coraggioso statista.
La società coreana nel suo insieme ha espresso dunque in questi mesi un desiderio di riconciliazione che implica anche la cura di ferite e piaghe ancora aperte. La diffidenza non è sparita, ma la speranza è cresciuta.
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THE STATE OF KOREA. From historical meetings and diplomatic exchanges
On April 27, 2018, a historic meeting took place between Moon Jae-in, the President of the Republic of Korea, and Kim Jong-un, Leader of the Democratic People’s Republic of Korea. This was followed by a meeting between Kim and US President, Donald Trump, June 12. The three months between these two meetings witnessed an alternation of opposing events, a mind-boggling exchange of announcements and mutual accusations, with subsequent immediate reconciliations and sutures. The article – written jointly by the director of La Civiltà Cattolica and the coordinator of the National Reconciliation Apostolate Committee of the Korean Jesuits – gives a detailed account of these events. Then it gives an interpretative and critical framework of events while pointing out that the mistrust has not disappeared, but that the hope of a future of reconciliation on the Korean Peninsula has increased.