
|
ABSTRACT – Giovedì 21 giugno papa Francesco si è recato a Ginevra per il suo ventitreesimo viaggio internazionale, dedicato a celebrare il settantesimo anniversario di fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec).
Ginevra è anche la città che ospita un gran numero di istituzioni internazionali di riferimento per la governance globale e i temi della pace, dei diritti umani e delle migrazioni. Questi due elementi – ecumenismo e governance globale – sono da tenere insieme per capire il significato della visita di Francesco nella città di Calvino.
È stato, come ha detto il Pontefice augurando buon volo ai giornalisti (per la prima volta tra i giornalisti era presente una corrispondente dalla Cina), «un viaggio verso l’unità». La visita di Francesco ha rappresentato un riconoscimento del lavoro del Cec che, non pretendendo di raggiungere il consenso su tutte le questioni, resta una piattaforma ecumenica in cui le Chiese si rispettano reciprocamente e lavorano insieme.
Qual è stato il punto di partenza e di ispirazione del viaggio del Papa? La visione di un mondo diviso, infranto, e la percezione della forza di integrazione e di unità propria del Vangelo. Nell’attuale società plurale non è vero che l’armonia sia possibile solo se si prescinde dalla fede e se ci si incontra sul senso dell’umano che esclude il trascendente. Anzi, il Vangelo è propulsivo per la concordia e l’impegno per un mondo migliore.
Francesco sa che il vero pericolo di oggi, quello che premia persino in termini elettorali e muove le masse, è la paura. Più si instilla la paura nel cuore della gente, più si conquistano spazi di potere. E più crescono la divisione e l’odio. Coloro che hanno creduto al dialogo ecumenico, invece, «non si sono lasciati imbrigliare dagli intricati nodi delle controversie, ma hanno trovato l’audacia di guardare oltre e di credere nell’unità, superando gli steccati dei sospetti e della paura».
L’ecumenismo ha come base non il dibattito, ma la missione in un mondo diviso. Se non è per la missione, l’ecumenismo si riduce a dialogo educato o a riflessione teorica. Per Francesco, la domanda più giusta da porsi in un contesto ecumenico è: «Che cosa possiamo fare insieme?». Il cammino verso l’unità non è una «strategia», ma è un «perdersi dietro a Gesù», calandosi «nella storia col passo di Dio» ed è «una grande impresa in perdita».
Il viaggio a Ginevra ha avuto uno scopo definito: fare appello all’impegno comune dei cristiani per l’annuncio del Vangelo e del suo potere di salvezza in un mondo di sfide, tormento, sofferenza, frattura, tragedia, esclusione. Lo ha fatto nel principale centro di diplomazia multilaterale del mondo: è andato al «centro», per parlare della sfida delle periferie e dei margini.
*******
ECUMENISM AND GLOBAL GOVERNANCE. Pope Francis’ journey to Geneva
On Thursday, June 21, Pope Francis went to Geneva on his twenty-third international trip, dedicated to celebrating the seventieth anniversary of the foundation of the World Council of Churches. The Swiss city also hosts a large number of representative international institutions for global governance and the themes of peace, human rights and migration. After retracing the moments of the journey, this article illustrates its meaning: to appeal to the common commitment of Christians to proclaim the Gospel and its power of salvation in a divided and wounded world. In this way, Francis has confirmed that in today’s pluralistic society, it isn’t true that harmony is possible just if we ignore faith and if we focus on what it means to be human while excluding the transcendent. Indeed, the Gospel is propulsive for harmony and committed to a better world.