Come può il cinema – con il suo linguaggio specifico – aiutare l’uomo a cogliere nel mondo reale elementi invisibili, tracce di spiritualità? Questa ricerca artistico-spirituale ha accompagnato Eugène Green in tutta la sua attività. Regista originario d’oltreoceano, ma dalla «vocazione europea», egli è residente in Francia da oltre cinquant’anni. Autore teatrale, scrittore e cineasta, è un artista versatile, mosso dal desiderio di mostrare la realtà spirituale nascosta nel cuore del mondo materiale.
Nato a New York nel 1947, Green si stabilisce a Parigi nel 1969. Nel 1977 fonda il Théâtre de la Sapience, con il desiderio di riscoprire e far rinascere il teatro e la musica del periodo barocco. Esordisce alla regia con Toutes les nuits, Premio Delluc per la migliore opera prima nel 2001. Tra i suoi numerosi lavori, ricordiamo Le monde vivant (2003), Le pont des Arts (2004), Correspondances (2007) – con cui si è aggiudicato, insieme a Harun Farocki e Pedro Costa, il Premio speciale della giuria a Locarno –, La religieuse portuguese (2008), La Sapienza (2014) e Le Fils de Joseph (2016). Nel 2011 il Torino Film Festival gli ha dedicato una retrospettiva.
È a Green che, nella cornice del 77o Festival di Cannes, è stato assegnato il Premio Robert Bresson Speciale, per ricordare i 25 anni dalla morte del regista di Au Hasard Balthazar e dall’istituzione del riconoscimento a lui intitolato. Questa la motivazione che ha accompagnato la consegna del Premio: «Per l’incessante e coerente ricerca di una forma cinematografica autentica, rispettosa della verità dell’uomo e delle cose. Un’ideale tensione al Bello, figlia di un’idea metafisica della settima arte: il cinema per lui è parola fatta immagine». Promotrice del Premio è la Fondazione Ente dello Spettacolo, insieme al Dicastero per la cultura e l’educazione e al Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Come ha ricordato mons. Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo, «il Premio Bresson nasce proprio in seguito alla morte del grande cineasta francese. Un riconoscimento a quel regista che sa scavare l’umano per trovare la possibilità della speranza, della comunione, della bellezza. Non è un premio religioso, cristiano, ma è un premio cattolico, nel senso etimologico del termine, che sa abbracciare il mondo, l’universale, non un’identità precisa, escludente. E per l’occasione abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo chiesto di identificare il premiato alla signora Mylène Bresson, la vedova del regista, custode della sua eredità, della
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