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Già nel Seicento Matteo Ricci era considerato in Cina il più grande scienziato vivente e, dopo Confucio, uno dei più eminenti filosofi. La ragione di tale fama, e di un simile successo in un’impresa che ha dell’incredibile e che fino allora era ritenuta impossibile, è dovuta alle sue qualità eccezionali: la cultura, un’intelligenza non comune, la capacità di apprendimento e, insieme, il coraggio di mettersi in discussione, la memoria prodigiosa, le doti di affabilità e di diplomazia, la passione per la matematica e le scienze. Ma per spiegare il successo del personaggio, tutto ciò non basta: bisogna aggiungere la sua formazione letteraria, filosofica e teologica, scientifica e musicale ricevuta da giovane.
Oggi Matteo Ricci è un personaggio autorevolissimo nel mondo cinese, conosciuto e ammirato universalmente. Ciò che tuttavia risalta nella sua storia è il continuo riferimento, sia esplicito sia implicito, alla sua formazione al Collegio Romano, dove ha studiato dal 1572 al 1577, avendo come maestri Christoph Clavius, detto «l’Euclide del XVI secolo», Claudio Acquaviva, che sarà il quarto Preposito generale della Compagnia di Gesù, successore di Ignazio di Loyola, e Roberto Bellarmino, uno degli spiriti più geniali del tempo[1].
«Il Mappamondo»
La prima opera in cinese di Matteo Ricci risale al 1584 ed è l’edizione de Il Mappamondo con la Cina al centro delle terre emerse, secondo la tradizione dell’Impero. Il gesuita si era rattristato quando, presentando a dei visitatori cinesi il Portolano –, la carta nautica del tempo per i punti di approdo nei porti –, aveva colto il loro disappunto nel vedere l’Impero cinese in un cantone, piccolo e ai margini di una mappa che aveva invece come centro l’Europa. Poiché tuttavia essi ne desideravano una copia con la nomenclatura in cinese, Ricci ebbe l’idea di disegnare un Mappamondo con la Cina al centro della carta, in modo da metterne in evidenza l’Impero, unitamente alla rappresentazione dell’Europa in dimensioni simili a quelle della Cina, per far apparire l’Occidente con uguale dignità. Egli aveva studiato la geografia al Collegio Romano[2]. Dalla sua mappa della Terra i cinesi apprendono per la prima volta quali siano, rispetto alla superficie del mondo, la posizione e l’estensione dell’Impero di Mezzo.
Matteo Ricci, sotto la sapiente guida di p. Clavius, aveva imparato a disegnare le carte, a usare l’astrolabio e a costruire gli orologi solari e meccanici. La sua fama in questo campo è stata tale che egli ancora oggi in Cina è il protettore degli orologiai. Di fatto, proprio il saper costruire orologi ha costituito per lui il passaporto per entrare in Cina e poter giungere a Pechino. Lo stesso imperatore Wan-li rimase affascinato dall’orologio costruito per i giardini della corte, che suonava automaticamente le ore ed era chiamato «la campana che suona da sola». Questa fu la ragione vera per cui Ricci poté rimanere a Pechino, nonostante il parere contrario dei mandarini e dei consiglieri dell’imperatore[3].
Dobbiamo qui ricordare che, nel ministero della Compagnia di Gesù, sia l’impegno scientifico sia quello umanistico non sono fine a se stessi, ma mirano a comprendere la società del tempo; sono strumenti culturali che portano a conoscere l’altro, a entrare in relazione con il prossimo: la percezione della diversità reciproca rappresenta la condizione per avviare ogni tipo di conversazione[4].
La missione dei gesuiti in Cina ne rappresentò il caso esemplare. Protagonista, si può dire, fu indirettamente di nuovo p. Clavius, nella persona del suo discepolo, Matteo Ricci, ottimo matematico, che ne continuò l’insegnamento e ne tradusse le opere in cinese. Matematica e astronomia rappresentavano infatti il luogo privilegiato d’incontro, perché i cinesi, sebbene consapevoli della loro colta tradizione, si mostrarono sempre più interessati alla scienza europea. Ricci la fornì in colloqui e lezioni, lavorando insieme ai loro astronomi, pubblicando libri e carte geografiche e costruendo strumenti.
Il calendario gregoriano e il trattato «Dell’ amicizia»
Nel 1589, Ricci tradusse il Calendario gregoriano in cinese, un’altra opera di p. Clavius, che era alla base del nuovo calendario corretto da Gregorio XIII nel 1582 e che ormai era in uso quasi dovunque in Occidente. Il calendario permetteva di predire le eclissi di sole e di luna con una maggiore precisione rispetto a quella degli astronomi cinesi. Proprio l’astronomia e le scienze matematiche, specializzazioni che Matteo Ricci aveva appreso nell’Accademia di matematica del Collegio Romano, gli fecero ottenere risultati insperati nel rapporto con la cultura cinese.
Qualche anno dopo, nel 1595, Ricci scrisse il suo primo trattato in cinese, Dell’ amicizia, l’opera che segnò una svolta nei rapporti con questo Paese[5]. Egli aveva compreso la necessità di accreditarsi presso i dotti: poiché l’amicizia era considerata in Cina uno dei vincoli sociali più profondi e il fondamento di tutti gli altri, il trattato segnava una via di accesso nell’intimo di tale cultura. Ricci vi presentò quanto avevano scritto sull’amicizia i «santi occidentali»; ma tali santi non erano altro che gli autori classici che egli aveva studiato al Collegio Romano, e cioè Cicerone, Seneca, Aristotele…
L’anno seguente riscrisse il trattato sulla Mnemotecnica dei paesi occidentali, che aveva composto da giovane[6]. Anche qui si rifletteva una delle caratteristiche del Collegio Romano. Nei programmi delle classi di Umanità era previsto ogni giorno, sia la mattina sia il pomeriggio, un esercizio di memoria e di recitazione[7]. Probabilmente si trattava della memorizzazione dei testi di autori che si studiavano a scuola, e che occorreva o ricopiare a mano o imparare a memoria. Sebbene la stampa si fosse già abbondantemente affermata e il Collegio Romano possedesse una piccola tipografia, era necessario fornire agli studenti un insieme di scritti o di «dispense» fondamentali per lo studio. Poiché non si avevano ancora testi personali o comunque libri a uso individuale, l’apprendimento mnemonico sostituiva e completava tale necessità. Di qui le tecniche per memorizzare un testo. Ricci, che pure era dotato di una memoria prodigiosa, disse che l’apprendimento mnemonico era fondato sull’associazione di immagini visive.
È noto l’episodio di Ricci che lesse una sola volta una pagina in cinese e poi la ripeté immediatamente a memoria. Ma di fronte allo sconcerto generale, il missionario ripeté ancora una volta la pagina, questa volta al contrario, cioè cominciando dall’ultima parola e proseguendo fino alla prima[8].
Seguirono poi, nel 1607, il Trattato elementare di geometria, i Diagrammi e spiegazioni riguardanti la Sfera e l’ Astrolabio, il Trattato di aritmetica, cioè la traduzione in cinese degli Elementi di Euclide. Molte altre sono le opere in cinese di Ricci, di cui almeno tre vengono considerate capolavori della letteratura cinese: le Venticinque sentenze, i Dieci paradossi e le Otto canzoni.
Tutti questi testi hanno una caratteristica comune: il loro particolare collegamento con il Collegio Romano, dove Ricci aveva passato gli anni della formazione umanistica. Ma che cosa aveva imparato in quegli anni?
Il Collegio Romano e la «Ratio Studiorum»
Non è difficile rispondere al quesito, perché nel Collegio si stava mettendo a punto la Ratio Studiorum, cioè il piano di studi per coloro che lo frequentavano. Se la pubblicazione della Ratio è del 1598/99, la struttura del piano di studi si può dire già perfezionata intorno agli anni Settanta-Ottanta del secolo, cioè quando Ricci frequentava il Collegio[9]. Questo era stato fondato nel 1551 e, secondo Montaigne, che lo aveva visitato nel suo soggiorno a Roma, era «il miglior seminario della cristianità». L’autore dei Saggi aveva avuto modo di constatarlo di persona nel 1580[10].
Il successo del Collegio Romano fu enorme, tanto che nel 1574, negli anni in cui Ricci lo frequentò, aveva circa 1.300 studenti, di cui 130 gesuiti[11]. La base dello studio umanistico erano le opere di Cicerone (tra l’altro, autore del De amicitia), Livio, Ovidio, Plinio, Virgilio, e poi Esopo, Omero, Pindaro, cioè gli autori greci e latini. Si noti la presenza dei greci, verso i quali si mostrava una certa prevenzione iniziale: i gesuiti, infatti, ritenevano che il latino fosse la lingua universale e la cultura classica più qualificata sia per i numerosi esempi di virtù che offriva, sia per la formazione all’eloquenza, e quindi necessaria alla predicazione. Ma avevano colto anche la peculiarità dei classici e dei filosofi greci: le loro opere erano fondamentali per insegnare a pensare, a riflettere, e per formare la mente dei giovani. Del resto, la grecità era ritenuta la madre delle scienze, della filosofia, della matematica, della medicina e della religione; e soprattutto il greco era fondamentale per lo studio della Bibbia[12]. Ecco la migliore preparazione per l’educazione dei giovani nella scuola e per la loro formazione alla maturità civile e religiosa: il culmine dell’insegnamento era rappresentato appunto dalla filosofia e dalla teologia.
Nel regolamento didattico del Paludano si legge: «Rispetta gli anziani: Cicerone vuole questo. Sii cordiale, evita di mentire: Cicerone te lo impone. Ricordati degli Spartani ed eviterai l’ubriachezza. Ricordati di Cleante, che lavorava di notte per poter filosofare di giorno, e lavorerai volentieri. Se la fortuna non ti arride, pensa ad Alcibiade; e se diventi ricco, pratica la moderazione, come consigliano Plauto e Ovidio. Evita le cattive compagnie, come raccomanda Enea Silvio. Parla poco: è un precetto di Senocrate e di Solone»[13].
La ricerca nel Collegio Romano
Dopo aver frequentato le classi di lettere, lo studente passava agli studi filosofici, che in quegli anni subirono una variazione: la libertà accordata alla filosofia la delineò nel tempo come una disciplina autonoma dalla teologia, con una formazione specializzata nella logica e nella fisica, e nelle scienze esatte. Quando giunse a Roma nel 1564, p. Clavius si preoccupò di integrare i programmi di filosofia con corsi di matematica pura e applicata. Li completò con lo studio dell’astronomia e con l’insegnamento della tecnica degli orologi solari[14].
Il fervore scientifico e la ricerca animarono il Collegio Romano a tal punto che furono verificate sperimentalmente alcune tesi della fisica aristotelica. Soprattutto la maggiore precisione delle misurazioni astronomiche portò a una più esatta previsione delle eclissi. Questo fermento per ciò che riguardava la teoria della gravitazione e il superamento dell’impetus dell’antica fisica fu paragonabile al progresso scientifico raggiunto all’epoca presso l’Università di Oxford[15].
Va pure ricordato che furono i trattati di p. Clavius che Galileo ebbe poi in mano e usò per l’insegnamento di matematica e astronomia a Padova[16]. Galileo era stato a Roma nel 1587, aveva incontrato p. Clavius ed era rimasto affascinato dal livello accademico raggiunto dai gesuiti[17]. Poi aveva mantenuto la corrispondenza con loro per diversi anni, e dai padri del Collegio venne la prima conferma delle scoperte astronomiche del 1610, che segnarono la nascita della scienza moderna.
All’interno del Collegio Romano, p. Clavius fondò un’Accademia di matematica, riservata a studenti scelti, destinati all’insegnamento scientifico. Proprio questa scuola di specializzazione ebbe un ruolo fondamentale nella riforma del calendario, voluta e attuata da Gregorio XIII nel 1582[18].
L’Accademia ebbe tra i discepoli Matteo Ricci e Johann Adam Schall von Bell, che poi divenne il riformatore del calendario cinese. La stima e la reputazione scientifica di cui Ricci godé in Cina fu dovuta a p. Clavius, da cui egli apprese non soltanto la matematica e la geometria euclidea, ma anche l’astronomia, la moderna cartografia, la costruzione dell’astrolabio e le teorie astronomiche[19].
La musica nel Collegio Romano
Un’ultima osservazione riguarda la musica. Di solito si dice che i gesuiti non hanno un orecchio musicale e adatto al canto. Matteo Ricci fa eccezione: per imparare il cinese, che è una lingua tonale, è necessario avere un orecchio intonato. Proprio negli anni della sua formazione, insegnarono, in qualità di maestri di canto, due grandi compositori di musica polifonica e maestri di Cappella: Giovanni Pierluigi da Palestrina al Collegio Romano, e Tomás Luis de Vitoria al Collegio Germanico[20].
Inoltre, il rettore del Collegio, dal 1573 al 1578, fu p. Michele Lauretano, che scrisse per gli studenti gesuiti i Regolamenti liturgici, poi adottati nei Paesi di missione. Ricci fu il primo gesuita che riuscì a imparare il cinese, e questo fu per lui la migliore presentazione per diventare amico di tale popolo.
Ma occorre ricordare anche le Otto canzoni – composte per il clavicordo –, che, come si è detto, sono tra i capolavori della letteratura cinese[21]. Tra i doni che Ricci portò al primo incontro con l’imperatore Wan-Li ci fu appunto un piccolo «regale», cioè un organino con otto tasti, molto apprezzato per il suo suono melodioso[22].
Nel 2010 è stato celebrato il quarto centenario della morte di Matteo Ricci. In occasione di quell’anniversario, nella Chiesa dei Piceni a Roma, San Salvatore in Lauro, si è esibito il Coro di Pechino in un concerto in cui sono stati eseguiti – forse per la prima volta in Italia – alcuni canti di Matteo Ricci, composti nel 1605 per l’imperatore Wan-li. È stato un evento storico ascoltare quei canti di cui si era sentito parlare più volte. Ma più emozionante ancora è stato il discorso finale del direttore del coro, che si è dichiarato onorato di poter rendere omaggio a Ricci nella sua patria, esprimendo in tal modo riconoscenza verso un gesuita che ha dato molto alla Cina. Di costui si dice ancora oggi che è «l’unico straniero che ha aiutato i cinesi a capire se stessi»[23].
L’eccellenza del Collegio Romano
Il Collegio Romano era perfettamente in linea con lo spirito rinascimentale. La nuova istituzione prendeva in considerazione tutto ciò che eccelleva sotto il profilo culturale, di provenienza sia cristiana, sia pagana, sia persino protestante. Nel piano di studi erano apprezzati gli esercizi di composizione di Erasmo, del quale Paolo IV aveva fatto mettere all’indice tutti gli scritti (soprattutto quelli religiosi); si usavano le opere retoriche di Melantone (un discepolo di Martin Lutero a Wittenberg) e gli scritti sull’antichità romana di Paolo Manuzio (il figlio di Aldo). Questo non significa che si adottasse tutto del Rinascimento, ma che si privilegiava quanto era più adatto alla formazione dei giovani.
Nel Collegio Romano, dunque, vi era una libertà di insegnamento che non aveva nulla da invidiare alle moderne università: un clima di apertura, di accoglienza e di rispetto dell’altro e degli altri. Un clima di cui Ricci fece tesoro per affrontare il mondo culturale e spirituale cinese, entrando così nella «città proibita» e annunciando il Vangelo perfino ai «mandarini», l’élite culturale cinese.
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[1]. Cfr P. Dreyfus, Matteo Ricci. Uno scienziato alla corte di Pechino, Cinisello Balsamo (Mi), San Paolo, 2006, 29.
[2]. Cfr M. Redaelli, Il Mappamondo con la Cina al centro. Fonti antiche e mediazione culturale nell’ opera di Matteo Ricci S. J., Pisa, ETS, 2007, 23-28.
[3]. Cfr M. Ricci, Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina, Macerata, Quodlibet, 2000, 350; 368; 461; P. Dreyfus, Matteo Ricci…, cit., 112-115.
[4]. Cfr Ignazio di Loyola, s., «Costituzioni della Compagnia di Gesù», nn. 351-361, in Id., Gli scritti, Roma, AdP, 2007, 733-736, e nota 232 del curatore. Cfr anche F. Mignini, «Dalla geometria alla teologia. Per una rilettura dell’opera missionaria di Matteo Ricci», in Matteo Ricci. Tra Vangelo e cultura, Padova, Messaggero, 2010, 201-216.
[5]. Cfr M. Ricci, Della entrata della Compagnia di Giesù…, cit., 253; Id., Dell’ amicizia, Macerata, Quodlibet, 2005.
[6]. Cfr M. Ricci, Della entrata della Compagnia di Giesù…, cit., 257.
[7]. Cfr M. Redaelli, Il Mappamondo…, cit., 58-62 (Appendice A, «Programma delle classi di umanità al Collegio Romano [1573-1577]»).
[8]. Cfr P. Dreyfus, Matteo Ricci…, cit., 76.
[9] . La Ratio Studiorum borgiana è del 1569. I suoi princìpi sono stati ripresi nella Ratio del 1599.
[10]. Cfr P. Dreyfus, Matteo Ricci…, cit., 29.
[11]. Cfr M. Redaelli, Il Mappamondo…, cit., 20.
[12]. La Ratio Studiorum del 1586 nota che «molti e grandi sono gli usi della lingua greca. […] Gli autori principali di tutte le scienze hanno scritto in greco. Ciò vale per la medicina, la filosofia, la matematica, la Bibbia. […] La lettura e l’imitazione dei Greci, poeti, oratori, storici, rende feconda la poesia, l’eloquenza e la storia latine». Cfr A. Possevino, Bibliotheca selecta de ratione studiorum…, Coloniae Agrippinae, 1608, I, 254r; M. Redaelli, Il Mappamondo…, cit., 33.
[13]. J. Paludanus, Canones aliquot vitae scholasticae informandae, in J. B. Herman, La pédagogie des Jésuites au XVIe siècle. Ses sources, ses caractéristiques, Paris, Picard, 1914, 132.
[14]. Tra i testi in uso, vanno segnalati l’ Astrologia, le Tavole di Alfonso e, per gli orologi solari, il trattato Prospettiva e gnomonica.
[15]. Cfr M. Redaelli, Il Mappamondo…, cit., 24.
[16]. Cfr A. Fantoli, Il caso Galileo. Dalla condanna alla «riabilitazione». Una questione chiusa?, Milano, BUR, 2003, 21.
[17]. È provato che il trattato De coelo segue la cosmologia aristotelica, ma rivela la dipendenza dai manuali di studio del Collegio Romano, in particolare dal commento di p. Clavius al De sphera mundi di Girolamo Sacrobosco: cfr A. Fantoli, Il caso Galileo…, cit., 25.
[18]. Cfr A. Fantoli, Galileo. Per il Copernicanesimo e per la Chiesa, Città del Vaticano, Specola Vaticana – Libr. Ed. Vaticana, 20103, 50.
[19]. «Il Padre [Ricci] che sapeva mediocremente queste cose di Matematica, per essere stato alcuni anni discepolo del P. Christoforo Clavio quando stava in Roma, si pose a fare […] una mappa universale maggiore […] con annotazioni e dichiarazioni più al proposito della Cina» (M. Ricci, Della entrata della Compagnia di Giesù…, cit., 143 s).
[20]. Cfr R. G. Villoslada, Storia del Collegio Romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù (1773), Roma, Pont. Univ. Gregoriana, 1954, 82. Pierluigi da Palestrina nel 1671 era maestro della Cappella Giulia in S. Pietro, incarico che mantenne fino alla morte. Era anche insegnante al Seminario Romano, tenuto dai gesuiti. Il de Vitoria invece era maestro di Cappella al Collegio Germanico dal 1573.
[21]. Cfr M. Ricci, Della entrata della Compagnia di Giesù…, cit., 354.
[22]. Cfr P. Dreyfus, Matteo Ricci…, cit., 112 s.
[23]. G. Forni, Missioni cattoliche e Agricoltura in Cina all’ epoca del Novus Atlas Sinensis (NAS) del Padre Martino Martini S.J., Trento, Civis, 2016, 41.
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CHINA, MATTEO RICCI AND THE RENAISSANCE SPIRIT
The Collegio Romano was founded by Saint Ignatius of Loyola in 1551 for the formation of both regular and diocesan clergy. It soon became one of the best schools in Rome. Prominent among its students is Matteo Ricci, who studied there from 1572 to 1577 and found himself living in one of the happiest moments of the institution. He was the first missionary who managed to penetrate the «forbidden city», in Beijing, and even gained the congeniality of chinese Emperor Wan-li. This was due to his exceptional qualities: the culture, an uncommon intelligence, the gifts of diplomacy; but we must not forget his literary, philosophical and theological, scientific and musical training which he had received at the Collegio Romano.