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ABSTRACT – La guerra in Siria occupa da tempo molto spazio sui media di ogni tipo. Anche la nostra rivista se ne è interessata più volte, cercando di far comprendere qualche cosa dell’intricata trama di una guerra di cui non si intravede la fine e nella quale amici e nemici di volta in volta si scompongono e si ricompongono in un caleidoscopio di alleanze e di conflitti spesso incomprensibili. In ogni intervento si accenna alle vittime, e soprattutto alle vittime innocenti di tale guerra spietata e interminabile. In questo articolo vorremmo parlare soltanto di esse.
Gli articoli più asettici parlano di «effetti collaterali» o, peggio ancora, di «vittime collaterali», per indicare i risultati imprevisti, accidentali, nocivi di un evento bellico. Il fatto che si parli di «effetti collaterali» anziché di «danni collaterali» sembra attenuare l’impressione che occorra la condanna di chi ha provocato l’evento bellico e si richieda una riparazione, come quando si provoca un danno. Il termine «effetto collaterale» di una guerra sembra attribuire a essa l’immagine di una medicina necessaria per guarire da una malattia. Ma la guerra non è il farmaco giusto, perché uccide il paziente, invece di curarlo.
Dopo 7 anni di guerra spietata, dunque, una guerra combattuta in un Paese una volta florido e solido, dopo circa 500.000 uccisi (in buona parte civili) e milioni di profughi e sfollati che hanno abbandonato le loro case e i propri averi – nessuno abbandona volentieri il proprio Paese se vi esistono condizioni di vita umanamente adeguate – la popolazione siriana è allo stremo. Il 69% della popolazione vive oggi in condizioni di estrema povertà, mentre prima della crisi la percentuale era del 34%. La disoccupazione ha superato il 53%, e tra i giovani il 75%.
Questo livello di povertà induce le persone, pur di sopravvivere, a comportamenti estremi, che presto conducono le famiglie in un baratro profondo. Si intaccano i risparmi di una vita, poi si vendono i mobili, i gioielli, i terreni, il bestiame, le case e le attività produttive, spesso a prezzi stracciati. Successivamente si passa ai debiti e ciò conduce a un mondo di sabbie mobili, in cui diventa facile commettere azioni illegali (criminalità, arruolamento in gruppi armati, anche di minori, abbandono scolastico, accattonaggio) o si diventa vittime di sfruttamento nel lavoro o sessuale (matrimoni precoci, prostituzione, abusi ecc.). I più colpiti sono chiaramente i più vulnerabili: bambini, donne e famiglie monoparentali e così via. La vita quotidiana può diventare una serie infinita di umiliazioni e di sofferenze, molte delle quali lasceranno il segno nell’esistenza delle generazioni future.
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THE WAR IN SYRIA: AN INHUMANE BALANCE
Beyond the daily news that tries to «explain» the war in Syria and its contradictory and tragic aspects, this article focuses its attention on the civilian victims of seven years of merciless war, fought in a once flourishing and stable country. The Syrian population is exhausted, with approximately 500,000 killed (mostly civilians) and millions of refugees and displaced people who have left their homes and belongings. This article highlights the most dramatic aspects of the war, highlighting the categories that are most at risk, especially women and children, in a situation that seems to have escaped all control, and without a definitive solution still in sight.