
Ricorre quest’anno il 50° anniversario della morte del filosofo Jacques Maritain. Esponente di rilievo della filosofia francese contemporanea e del neotomismo, il suo percorso esistenziale e intellettuale è estremamente ricco sotto molteplici aspetti, come testimoniano la sua vastità di interessi, attività e incarichi sui versanti più diversi (accademico, politico, ecclesiale) e, soprattutto, la sua sterminata opera.
Alcuni cenni biografici
Jacques Maritain nasce a Parigi il 18 novembre 1882, si laurea dapprima in filosofia e poi in scienze naturali; durante il periodo universitario conosce Raïssa Oumançoff (1883-1960), una ebrea di origini russe, con la quale condividerà la sua vicenda di vita. Nonostante il loro grande amore, sancito dal matrimonio nel 1904, rimane in entrambi un’inquietudine che nulla sembra placare, fino ad accarezzare l’idea del suicidio.
Con le parole di Raïssa: «La nostra perfetta intesa, la nostra felicità personale, tutta la dolcezza del mondo, tutta l’arte degli uomini non potevano farci ammettere senza ragione – in qualunque senso si prenda questa espressione – la miseria, l’infelicità, la cattiveria degli uomini. O la giustificazione del mondo era possibile, ed essa non poteva farsi senza una conoscenza veritiera, o la vita non valeva la pena di un istante di attenzione […], la soluzione sarebbe stata il suicidio; il suicidio prima che gli anni avessero accumulato la loro polvere, prima che le nostre giovani forze si fossero consumate».
L’impostazione accademica della Sorbona lascia del tutto insoddisfatti i due giovani studenti, a motivo del materialismo scientista e dell’assenza di una prospettiva capace di giustificare la speranza. Questa visione della vita aggrava il loro profondo, disperato pessimismo.
Alcuni incontri fondamentali, con Charles Péguy, Henri Bergson e soprattutto Léon Bloy, portano a una svolta decisiva, segnando profondamente il loro percorso spirituale, fino alla decisione di convertirsi…