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Cultura e società

Italia sfiduciata, ma laboriosa

Francesco Occhetta

14 Gennaio 2017

Quaderno 3998

ABSTRACT — La descrizione e l’interpretazione della situazione sociale del Paese del 50° Rapporto Censis confermano che la società italiana si accontenta di vivere alla giornata, attingendo alle risorse del risparmio e della sobrietà, invece di alzare lo sguardo verso il futuro. Due le istantanee per archiviare l’anno sociale 2016: il calo demografico e, appunto, il risparmio non investito.

La tesi riporta alla mente le parole del filosofo danese Søren Kierkegaard, quando scriveva che la crisi di una civiltà può essere paragonata a una nave in cui chi comanda è il cuoco di bordo, e le parole che questi trasmette dal megafono del comandante non riguardano più la rotta, ma il menù del giorno. È l’immagine di un Paese che continua ad avere radici solide, e tuttavia i suoi rami non stanno producendo semi di futuro. Si preferisce ascoltare il cuoco per sopravvivere al quotidiano, invece di sforzarsi insieme per ritrovare la rotta che la figura del capitano rappresenta. E questa dinamica sociale genera un’insicurezza diffusa. La società italiana appare così divisa tra chi si ribella ed entra in crisi per la distruzione delle certezze (morali, economiche, culturali) del passato e chi invece riesce a trasformare il cambiamento in una opportunità.

In generale, cresce timidamente l’occupazione, ma non la creazione di ricchezza, e cala la produttività. Gli italiani continuano a donare, ma sono sempre più ripiegati nel privato — quasi il 10% vive da solo per scelta o per necessità —, sono piuttosto litigiosi e divisi, lontani dalla politica, ma ingegnosi.

Giuseppe De Rita, con questo Rapporto, esce di scena in punta di piedi, dopo aver interpretato il Paese per mezzo secolo; consegna alla storia un mosaico composto da 50 tasselli, letti con l’intelligenza dell’uomo di cultura e la speranza del credente.

Una fra le tante eredità che Giuseppe De Rita lascia al Paese è scommettere sulla formazione e dare spazio nella società anche a quei fiori che sbocciano in mezzo all’asfalto. Per lui, che ha avuto 8 figli e 14 nipoti, è chiaro un principio: «Non possiamo dire ai nostri figli o nipoti quello che devono fare, però è importante che siano consapevoli e dunque responsabili delle loro scelte».

Uscire dalla crisi delle istituzioni in cui il Paese si è sempre riconosciuto — come la scuola, il fisco, le poste, gli uffici pubblici, i partiti, i sindacati, le banche ecc. —, dalla distanza tra élite e popolo, significa per De Rita riscoprire una nuova vocazione sociale, basata sulla capacità di intermediazione. Quale identità vuol avere la società italiana? Verso dove vuol andare? Quali sono i valori che devono guidarla? Ad multos annos.

Non è disponibile la versione digitale di questo articolo, è possibile leggerlo solo nella versione cartacea o e-book


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Italia sfiduciata, ma laboriosa

Francesco Occhetta

Docente di Dottrina sociale della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana.


14 Gennaio 2017

Quaderno 3998

  • pag. 147 - 154
  • Anno 2017
  • Volume I

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Futuro Giuseppe De Rita

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