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Chiesa e spiritualità

Il cristianesimo nell’Asia centrale

La missione dei gesuiti in Kirghizistan

Vladimir Pachkov

1 Dicembre 2018

Quaderno 4043

Valley Susamyr, Chuy Region, Kyrgyzstan. Children of cattle breeders. Foto: iStock/Vladimir_Pirogov312

ABSTRACT – Sebbene il cristianesimo vi sia nato e fino alle conquiste arabe del VII secolo vi abbia avuto il suo fulcro, generalmente l’Asia viene considerata un continente caratterizzato religiosamente dall’islam, dal buddismo e dall’induismo. Solo pochi sanno che, anche dopo che i musulmani ne ebbero conquistato i luoghi di origine, il cristiane­simo si diffuse in tutto il territorio compreso tra la Mesopotamia e il Pacifico attraverso l’intero continente eurasiatico. Nonostante ci sia­no testimonianze dell’esistenza della Chiesa greco-ortodossa in Asia centrale già nei primi secoli dopo Cristo, il merito principale della diffusione del cristianesimo appartiene alla Chiesa a lungo nota come «nestoriana», i cui adepti si definiscono «Chiesa apostolica d’Oriente» (o «Chiesa siriaca»).

E quale era la «Chiesa missionaria di maggior successo del Medioevo»? Roma? Costantinopoli? No: Baghdad, dove risiedeva proprio il patriarca della Chiesa apostolica d’Oriente. Essa ha vissuto il suo periodo di splendore sotto il dominio mongolo, ma poi, quando i governanti si sono convertiti all’islam, è tramontata. Il cristianesimo è tornato nell’Asia centrale sotto il dominio russo. Nell’era sovietica, l’Asia centrale è diventata il rifugio di coloro che erano perseguitati dal regime.

Grazie al sacrificio e alla dedizione dei missionari, sono nate fiorenti comunità cristiane kirghise e uzbeche. In Kirghizistan in particolare sono in corso due processi paralleli: 1) la cristia­nizzazione della parte settentrionale del Paese e di Bishkek (dove cresce l’influenza delle organizzazioni protestanti); 2) l’islamizza­zione della regione meridionale. L’islamizzazione del sud coinvolge soprattutto gli uzbechi, che nella stragrande maggioranza sono religiosi, ma si afferma anche tra il popolo kirghiso.

La sfida che i cristiani devono affrontare oggi è rappresentata non tanto dal fatto che i governi, nella loro lotta contro la radi­calizzazione religiosa, tengano sotto controllo anche la religione cristiana e limitino le pratiche religiose, ma dal rischio che, soprat­tutto in uno Stato relativamente democratico come il Kirghizistan, l’islamizzazione incalzante porti gli islamisti al potere. Perciò è im­portante la semplice presenza dei cristiani accanto ai musulmani, soprattutto accanto ai giovani, che si rivelano molto aperti.

In Kirghizistan ci sono più opportunità che in altri Paesi per en­trare in dialogo con i musulmani: anche con gli studenti turchi; con gli uiguri provenienti dal Turkestan orientale in Cina; con i kirghisi e con gli stessi uzbechi, molto più che in Russia, dove arrivano come lavoratori stranieri e vivono appartati nelle loro piccole comunità. Sono occasioni che non dovrebbero andare perdute.

***

CHRISTIANITY IN CENTRAL ASIA. The Jesuit mission in Kyrgyzstan

What was the “Most Successful Missionary Church during the Middle Ages?” Rome? Constantinople? No: Baghdad, where the patriarch of the Eastern Apostolic Church resided, generally known as the “Nestorian Church.” It lived its period of splendor under Mongol domination, but then, when the rulers converted to Islam, it faded. Christianity returned to Central Asia under Russian domination. In the Soviet era, Central Asia became a refuge for those who were persecuted by the regime. Thanks to the sacrifice and dedication of missionaries, Kyrgyz and Uzbek Christian communities have flourished.

Non è disponibile la versione digitale di questo articolo, è possibile leggerlo solo nella versione cartacea o e-book


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Il cristianesimo nell’Asia centrale

Vladimir Pachkov

Corrispondente dalla Federazione russa per La Civiltà Cattolica. Insegna all’Istituto teologico «San Tommaso» di Mosca.


1 Dicembre 2018

Quaderno 4043

  • pag. 486 - 493
  • Anno 2018
  • Volume IV

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Dialogo interreligioso Gesuiti Missione Vita della chiesa

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