
Giovanni Paolo II e la pace
Tutti i Papi del Novecento hanno prestato particolare attenzione nel loro magistero al tema della pace, anche perché il secolo appena concluso aveva conosciuto, oltre a diversi conflitti regionali, due disastrose guerre mondiali, per lo più combattute tra nazioni cristiane. Con Giovanni Paolo II, recentemente canonizzato, il tema della pace diventa centrale, tanto da occupare stabilmente l’agenda delle attività pontificie e da impegnare la Santa Sede, a diversi livelli, nel sostegno delle iniziative internazionali a favore della pace e della sicurezza tra le nazioni. Negli ultimi decenni è stata costante preoccupazione della Santa Sede valorizzare la funzione delle Nazioni Unite nel preservare e difendere la pace. Spesso, però, le iniziative di tale organismo sono rimaste per lo più inascoltate e le risoluzioni assunte dal suo organo esecutivo, cioè il Consiglio di Sicurezza, inattuate, o interpretate in modo strumentale, a motivo dei conflitti politici delle superpotenze o degli interessi economici di parte[1]. Non sempre, dunque, la tutela della sicurezza internazionale e della pace ha avuto il sopravvento sui diversi interessi particolari e sulle mire imperialistiche di alcuni Stati.
Dopo la fine del mondo bipolare, frutto della guerra fredda e della contrapposizione ideologica tra mondo «comunista» e mondo «capitalista», e in particolare con l’implosione del colosso sovietico, a partire dal 1989 la Santa Sede, per scongiurare la creazione di un unico polo di riferimento della direzione politica internazionale — in questo caso, gli Stati Uniti d’America —, appoggiò in modo deciso il cosiddetto «multipolarismo». Questo avrebbe dovuto avere nell’Onu il suo centro di irradiazione, in quanto istituzione preposta a rappresentare «il bene comune internazionale» e ad armonizzare i diversi interessi delle nazioni. Il Papa auspicò — per far fronte a pericolose situazioni di crisi, come il lungo conflitto intra-etnico dei Balcani e le due guerre del Golfo — un maggiore potenziamento dell’Onu e una sua maggiore operatività. Egli credeva fermamente nel lavoro della diplomazia multipolare, capace di coinvolgere i singoli Stati nazionali nella difesa del bene comune, cioè della pace, e di approdare a un Governo mondiale in qualche modo condiviso.
Per Giovanni Paolo II, l’impegno in favore della pace nella società contemporanea avrebbe dovuto coinvolgere non soltanto la comunità internazionale e i singoli Stati, ma anche altri soggetti sociali, in particolare le religioni. La pace, disse il Papa, è un «cantiere» aperto a tutti; non riguarda soltanto gli specialisti e gli strateghi della politica, ma tutti
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