a cura di V. FANTUZZI
The Soul of a Man (USA 2002). Regista: WIM WENDERS. Interpreti principali: K. B. Brown, C. Th. King.
Nella metropolitana di New York può accadere di incontrare un vecchio nero che passa da un vagone all’altro per chiedere l’elemosina appoggiandosi a un bastone e mugolando una canzone con voce rauca e profonda. È una musica che mette i brividi. Il vecchio canta e allo stesso tempo picchia con il bastone sul pavimento come facevano i suoi antenati con gli strumenti di lavoro. «È un canto degli schiavi», bisbiglia qualche passeggero nel metter mano al borsellino. Pier Paolo Pasolini ha avuto l’intuizione di inserire alcuni di questi canti nella colonna sonora del film Il Vangelo secondo Matteo. Nulla rende con maggiore efficacia l’idea del dolore sopportato con pazienza e dell’attesa fiduciosa di un miracolo di questi lamenti che Pasolini indicava, senza ulteriori precisazioni, come «canti dei mendicanti neri».
Il 2003 è stato dichiarato anno del blues. Tra le diverse iniziative promosse in America per celebrarlo, c’è una serie di sette lungometraggi prodotti da Martin Scorsese, che sotto la denominazione comune The Blues raggruppa opere di registi appassionati della musica popolare afroamericana. Al film di Wenders, The Soul of a Man (L’anima di un uomo), che apre la serie, seguiranno tra breve Piano Blues di Clint Eastwood, Red White & Blues di Mike Figgis (dedicato al british blues) e From Mali To Mississippi dello stesso Scorsese. Come aveva già fatto nel precedente film, Buena Vista Social Club (1999) che parla della musica popolare cubana, Wenders si avvale di tecniche diverse (attinge liberamente a filmati d’epoca, ricostruisce le situazioni quando è necessario «fabbricare» il tassello mancante di un documento, scopre preziosi inediti…) per coinvolgere lo spettatore in un volo della fantasia, che alla precisione del reperto associa il gusto della metafora.
Andando alla ricerca di figure, non tra le più note, che hanno segnato la storia di questo genere di musica, il regista tedesco si sofferma sui casi di tre personaggi, il primo dei quali è Blind Willie Johnson (interpretato dal chitarrista Chris Tohmas King), can-tante totalmente cieco (fu accecato quando era bambino dalla matrigna che intendeva vendicarsi in questo modo del marito che la maltrattava), virtuoso della chitarra, il cui repertorio si basava su canti religiosi. Morì negli anni Quaranta dopo una vita di stenti. Il secondo personaggio è Skip James, il quale, convinto dagli amici a partecipare a un concorso, ha registrato nel 1931 brani che lì per lì non ebbero fortuna, ma in seguito sono diventati famosi. Preso dallo scoraggiamento, Skip si è dato alla vita errabonda. In seguito a una conversione improvvisa, è diventato pastore battista. Per trentatré anni nessuno ha più sentito parlare di lui fino a quando, nel 1964, fu «riscoperto» dalle folle giovanili del festival di Newport, che lo trasformarono in un idolo.
J. B. Lenoir è il terzo personaggio del film. Con lui il blues lascia le rive del Mississippi per spostarsi a Chicago dove, a contatto con i problemi della società urbana, assume i toni della protesta civile. Brani come Vietnam Blues e Tax Paying Blues sono accompagnati con immagini della guerra e delle infamie del Ku Klux Klan, alternate a brani di un ispirato discorso di Martin Luther King. L’attualità del blues è documentata nel film da interventi di cantanti che oggi vanno per la maggiore come Lou Reed, Nick Cave, Los Lobos, John Spencer e Cassandra Wilson, che rileggono i classici dei tre personaggi sopra indicati in un gioco di flash-back, sospeso tra passato e presente.
Fa da cornice al film il volo nello spazio della sonda Voyager che, partita dalla terra un quarto di secolo fa, sta per varcare i limiti del sistema solare e reca con sé la registrazione di messaggi sonori, tra i quali la canzone Dark Was the Night. Cold Was The Ground eseguita da Blind Willie Johnson, destinati agli abitanti di altri mondi possibili. La voce del cantante cieco, che chiedeva l’elemosina alla porta della chiesa, è così proiettata nella profondità sconfinata degli spazi cosmici, dove farà compagnia alla voce degli angeli, creature celesti alle quali Wenders affida, con le immagini del film, il riscatto dei «perdenti», figli di un’America povera e sconosciuta, dei quali ha raccontato le storie.