a cura di V. FANTUZZI
Il castello errante di Howl (Giappone, 2004). Regista: HAYAO MIYAZAKI. Cartoni animati.
In una cittadina europea, luogo di fantasia ispirato all’Alsazia della belle époque, ma che contiene in sé elementi che echeggiano l’edilizia barocca dei centri di Bruxelles, Praga o Strasburgo, vive una giovane cappellaia, Sophie, timida e introversa, attaccata al suo lavoro, economicamente poco redditizio, ma nel quale si sente pienamente realizzata. Sophie ha fatto tardi nel negozio per acconciare con fiori finti un cappello per signora. Lascia il negozio e si avvia da sola per le strade della città. Attraversa la piazza lastricata con cubetti di porfido. Sale sul tram a cavalli… Siamo dentro un cartone animato giapponese ed è bello riscoprire la vecchia Europa con gli occhi di chi, essendo nato in Estremo Oriente 64 anni fa, non può non vederla come un luogo esotico.
Sophie dunque sale sul tram. La vediamo sporgersi dal finestrino, con i capelli scompigliati dal vento, come se una macchina da presa ideale, issata sul tetto della vettura in movimento, la stesse inquadrando dall’alto in primo piano mentre il paesaggio urbano scorre veloce dietro di lei. Il Paese si prepara alla guerra. Le strade della città rigurgitano di soldati. Due di essi sbarrano il passo alla piccola cappellaia che non sa come sottrarsi alle loro attenzioni grossolane e fastidiose. Si fa avanti un giovanotto dall’aspetto bello e tenebroso, che toglie Sophie dall’imbarazzo in cui si trova offrendole il braccio. Grata al giovane per la protezione accordata, Sophie si allontana rapidamente con lui. Improvvisamente, macchie nere d’inchiostro, che si infilano nelle fessure e negli interstizi tra cosa e cosa, assumono l’aspetto informe di uomini di caucciù che inseguono i due con fare sinistro e minaccioso. Il giovane, che altri non è che il mago Howl, si leva in volo portando con sé la cappellaia…
Il film è tratto dal romanzo omonimo della scrittice inglese Diana Wynne Jones (Kappa edizioni). La strega delle Lande, innamorata di Howl, in preda alla gelosia sottopone Sophie a un sortilegio che la trasforma di punto in bianco, da diciottenne qual è, in una vecchietta sugli 85 anni. «Devo stare calma!», mormora Sophie tra sé e sé mentre constata ciò che le è accaduto. Osserva le proprie mani nelle quali la pelle si è fatta trasparente e lascia intravedere il reticolo delle vene. Non osa nemmeno gettare un’occhiata allo specchio, che le restituisce l’immagine di un volto pieno di rughe. «Devo stare calma», ripete mentre gira nella sua stanza come un trottola. Anche le sue spalle si sono incurvate. Ben presto dovrà fare i conti con artrosi e reumatismi. Eppure, la cappellaia intraprendente, costretta ad abbandonare la sua casa, la sua bottega, la sua città, non si scoraggia.
Camminando in una valle desolata, Sophie incontra il castello errante, costruzione incredibile che avanza tra sbuffi di fumo e cigolii di ferraglie appoggiata su quattro enormi zampe di gallina. Con l’aiuto dello spaventapasseri Rapa, con il quale ha stretto amicizia, Sophie riesce a farsi assumere nel castello come donna delle pulizie. Entra così a far parte della eterogenea famiglia di Howl, padrone del castello, svolgendo in diverse occasioni un ruolo equilibratore. Impara a convivere, instaurando rapporti di reciproco rispetto, con l’orfanello Markl, con Calcifer, folletto del fuoco, con la strega delle Lande, vittima a sua volta di un sortilegio che l’ha trasformata in una vecchia decrepita e svanita, con un cane spia. Oltre a rassettare l’ambiente, nel quale sporcizia e disordine regnano sovrani, Sophie scopre il segreto di Howl che, per impadronirsi dei poteri magici dei quali dispone, ha barattato il suo cuore di carne con un cuore di ghiaccio, e riesce a ridargli la felicità perduta.
Non è mai troppo tardi per rimboccarsi le maniche e trovare il modo di rendersi utili al prossimo. È questa la morale di un film che immaginiamo destinato principalmente a un pubblico di bambini… accompagnati dai loro nonni.
La pellicola non trascura altri temi, come il pacifismo e l’ambientalismo, che sono nelle corde del maestro del cinema di animazione giapponese, assurto a notorietà internazionale con il film La città incantata, ritenuto il suo capolavoro («Orso d’oro» al festival di Berlino e premio «Oscar» nel 2002), e insignito del «Leone d’oro» alla carriera nel recente festival di Venezia.