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Il 23 settembre scorso, dopo cinque giorni di coma, è morto a Las Vegas (USA) il pugile Levander Johnson per il knock out inflittogli dal messicano Jesus Chávez. Volendo dare un giudizio morale sul pugilato, l’editoriale distingue tra quello di palestra, che non è moralmente condannabile, e quello professionistico, mostrando che questo, per sua natura, comporta in alcuni casi la morte per lesioni cerebrali gravissime e, in molti casi, encefalopatie croniche progressive. Perciò il pugilato professionistico va contro il principio morale, naturale e divino, Non uccidere. Aggrava tale giudizio morale di condanna il fatto che dietro il pugilato professionistico ci sono enormi interessi economici che strumentalizzano il pugile.