a cura di V. FANTUZZI
Dolls (Giappone, 2002). Regista: TAKESHI KITANO. Interpreti principali: M. Kanno, H. Nishijima, T. Mihashi, C. Matsubara, K. Fukada, T. Takeshige.
La poesia, almeno quella che si esprime nelle immagini del cinema, viene dal Giappone. Ignorato dalla giuria della 59a Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, che ha preferito rivolgere la propria attenzione a pellicole occidentali di grana grossa, Dolls di Takeshi Kitano è un film che, senza perdere contatto con la realtà, fa volare lo spettatore sulle ali della fantasia. L’azione inizia sul palcoscenico del teatro nazionale di Tokyo dove è in corso la rappresentazione di un dramma di Monzaemon Chikamatsu (1653-1724), che ha per titolo Meiedo no hikyaku (I messi per l’Inferno). Grandi marionette sono azionate ciascuna da tre addetti ai movimenti mentre altri artisti cantano le parole del testo accompagnando il canto con strumenti a corda. È il teatro Bunraku, che assieme al Noh e al Kabuki è una delle tre forme del teatro classico giapponese.
«Onore, gloria e successo sono solo granelli di sabbia», canta uno dei personaggi del dramma. Il linguaggio è letterariamente elaborato. La musica ha inflessioni raffinate. I movimenti, impressi con grande maestria alle marionette, simulano alla perfezione i fremiti e i sussulti suggeriti dalle parole e dalla musica. La storia, che ha toni da tragedia shakespeariana, narra di amanti infelici, travolti da un destino senza scampo. Questo è solo il prologo del film di Kitano, che dura due ore e tornerà a concludersi, nelle ultime immagini, sulle tavole del palcoscenico. Il corpo della pellicola consiste nella ricerca di equivalenti moderni rispetto ai miti antichi degli amori assoluti, determinati da scelte irrevocabili, cantati dai poeti e dai drammaturghi della tradizione nipponica.
Kitano dice che, per trovare punti di contatto tra vita moderna e miti antichi, non ha dovuto andare lontano. Nel quartiere popolare di Tokyo dove abitava da ragazzo (Asakusa) gli è capitato di incontrare più volte un uomo e una donna, entrambi dementi, che camminavano per strada legati l’uno all’altra da una corda. Tutti li conoscevano, ma nessuno sapeva che cosa li avesse ridotti in quello stato. Lavorando di fantasia, il regista collega i «viandanti legati» con i personaggi del dramma tradizionale e inventa una storia attuale. Lui, che si chiama Matsumoto, spinto dalla famiglia avida di denaro, accetta di sposare la figlia di un uomo ricco. Lei, che si chiama Sawako, ragazza povera legata a lui da una precedente promessa di matrimonio, tenta il suicidio e impazzisce il giorno delle nozze. Matsumoto pianta in asso sposa, invitati e familiari per correre in soccorso di Sawako, dalla quale non si separerà mai più.
La giovane appartiene ormai definitivamente a un mondo che non è quello abitato dalle persone normali. Matsumoto la segue perdendo progressivamente contatto con la realtà nella quale fino a quel momento era vissuto. I due diventano così il simbolo vivente di una scelta radicale, portata fino alle estreme conseguenze. Il paesaggio cambia attorno a loro. Dai colori smaglianti della primavera con i fiori di ciliegio, che sono bellissimi ma durano poco, si passa all’estate. La natura arde d’amore. L’autunno, quando gli aceri si rivestono di foglie rosso sangue, invita ad approfondire i sentimenti. L’inverno li raggela con le sue distese bianche di neve. Il linguaggio cinematografico, specchiandosi nei colori del paesaggio, trova l’equivalente della poesia che anima, sulle tavole del teatro Bunraku, le parole del testo, la musica e i movimenti impressi alle marionette.
Alla vicenda dei due «viandanti legati» si intrecciano nel film altre due storie che ripropongono anch’esse in chiave attuale l’antico tema dell’amore impossibile e, allo stesso tempo, ineluttabile. Un giovane che, alla fine della guerra, non trova la pace con se stesso, lascia la fidanzata e si arruola tra gli yakuza. Diventa ricco e potente. Alla fine della vita si ricorda che la fidanzata gli aveva promesso che, ogni sabato, lo avrebbe atteso nel luogo del solito appuntamento. Ci va e la rivede, ormai anziana, prima di essere freddato con un colpo di pistola dal killer di una banda rivale. Una giovane pop star (Kioko Fukada nel ruolo di se stessa), sfregiata al volto in un incidente stradale, contempla l’orizzonte seduta sulla riva del mare. Non vuole incontrare nessuno. Un suo ammiratore, per poterla avvicinare almeno una volta, si ferisce agli occhi e perde la vista. Morirà, dopo averla incontrata, schiacciato da un’automobile che, a causa della cecità, non è riuscito a scansare.