a cura di V. FANTUZZI
Chi lo sa? (Francia, 2001). Regista: JACQUES RIVETTE. Interpreti principali: J. Balibar, S. Castellitto, M. Basler, J. Bonaffé, C. Rouvel.
Sul palcoscenico di un teatro parigino l’attrice Camille (Jeanne Balibar) interpreta il ruolo dell’Ignota in Come tu mi vuoi di Luigi Pirandello. La commedia è recitata in italiano da una compagnia di attori italiani guidata da Ugo (Sergio Castellitto), che è allo stesso tempo attore, regista e impresario. Ugo e Camille convivono pur non essendo sposati. Nell’albergo che li ospita occupano due stanze attigue e comunicanti. Al momento di andare in scena, Camille (il cui accento straniero non nuoce alla recita del testo italiano, poiché protagonista della commedia è una ballerina berlinese trapiantata nel Veneto dove vive una vita non sua) avverte un malessere che non è il solito trac degli attori, ma una paura generalizzata che ha radici profonde e produce effetti paralizzanti in teatro come nella vita.
È questa la chiave del film Va savoir di Jacques Rivette, tradotto con il titolo Chi lo sa? anche se la colonna sonora permane bilingue nella versione italiana come in quella originale: le battute in francese non sono state doppiate, ma sottotitolate. Quale rapporto intercorre tra il teatro e la vita? L’interrogativo, come è noto, non era estraneo allo stesso Pirandello, il quale, nella commedia riproposta dal film, rappresentata per la prima volta nel 1930, sembra rifare il verso a se stesso. Come tu mi vuoi si ispira infatti al caso giudiziario Bruneri-Canella, che tanto rumore sollevò sul finire degli anni Venti suggerendo a più di un osservatore l’idea che il teatro di Pirandello (il cui titolo più famoso rimane Cosi è, se vi pare, commedia rappresentata per la prima volta nel 1918) si fosse trasferito dalla tavole del palcoscenico all’aula di un tribunale.
Camille è tornata dopo tre anni di assenza a Parigi, che è la sua città, da dove era fuggita interrompendo bruscamente il rapporto con un uomo, Pierre, che l’amava e l’ama ancora alla follia. Pierre, che è docente di filosofia, sta scrivendo un libro su Heidegger. Convive con Sonia, insegnante di danza in una scuola per bambine. L’apparizione di Camille, che va a cercarlo dopo averlo lasciato tre anni prima senza un saluto, è per lui un vero e proprio colpo di scena. La vita, con la complicità del cinema, imita il teatro. Sonia, nel frattempo, è avvicinata da Arthur, un giovane un po’ losco che, mentre amoreggia con lei, riesce a sfilarle dal dito un prezioso anello. Ugo riempie il tempo libero andando in giro per biblioteche alla ricerca di un testo teatrale inedito di Carlo Goldoni (morto a Parigi nel 1793), che intende portare sulle scene.
In biblioteca Ugo incontra Dominique, detta Do, giovane studentessa che sta facendo una ricerca sull’uso della fibula romana dall’antichità fino ai film peplum hollywoodiani. Do si innamora di Ugo, il quale, comprendendo che si tratta dell’infatuazione di una ragazzina, oppone ferma resistenza alle sue avances. Camille, nel frattempo, avendo raggiunto Pierre a casa sua, è da lui rinchiusa in uno sgabuzzino dal quale riesce a fuggire attraverso un abbaino che dà sui tetti. Do è sorellastra di Arthur. Orfani entrambi di padri diversi, sono figli della stessa madre, interpretata dalla matura Catherine Rouvel, che nel 1959, quando era nel pieno rigoglio della sua giovinezza, era stata interprete di Le Déjeuner sur l’herbe di Jean Renoir.
Dopo un movimento centrifugo, durante il quale le coppie in partenza unite si scompongono per consentire ai diversi partner di confrontarsi con nuove esperienze, si giunge a un punto nel quale subentra il movimento contrario. Superati i diversi ostacoli, la vicenda collettiva si avvia verso una ricomposizione generale. Il teatro, che durante l’intero arco del film rimane il punto di riferimento obbligato per i vari personaggi (gli attori perché vi recitano, gli altri perché vi partecipano, in sere successive, come spettatori, rispecchiandosi ciascuno in una delle diverse sfaccettature che ai loro occhi assume il volto dell’Ignota, interpretata da Camille), diventa il luogo nel quale, alla fine, tutto si risolve. Da un palco di proscenio, come a noi piace immaginare, si affacciano sorridenti Goldoni, Pirandello e Renoir (al cui indimenticabile Le Carosse d’or, 1952, il film in diversi modi rinvia), i quali non fanno mancare i meritati applausi al regista e agli interpreti.